"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 23 marzo 2011

Governance … di che?

di
Francesco Zanotti


Davvero … le parole ci stanno distruggendo.
Una della parole che sta spegnendo il nostro sistema economico (accanto ed in stretta sinergia con la parola “competitività di cui ho già detto spesso peste e corna) è: Governance.
Se ne è parlato per le Generali. Se ne parla oggi su tutti i giornali per Fonsai. Si dice esplicitamente: ora che Fonsai, con l’ingresso di Unicredit ha una situazione finanziaria ben definita: il problema da risolvere è quella della Governance.

Cosa si intende con questa parola? Sostanzialmente il problema di chi fa l’autista. Più in dettaglio: come si può creare un gruppo omogeneo di autisti (non basta un solo uomo al comando) che garantisca una guida forte e sicura alle imprese.
Poiché la posizione dell’autista è la posizione più “pregiata”, si scatena, ovviamente, la corsa tra i mille autisti che si dichiarano disponibili.

E cosa c’è che non va in questa storia?
Quasi tutto. Infatti, oggi non è necessario alcun autista. Oggi sono necessari progettisti. Le imprese, anche di servizi, devono rivoluzionare la loro identità, non essere guidate a destreggiarsi in un mondo che apprezza sempre meno la loro identità attuale. Se sono nei guai non è perché sono state guidate male. Anche perché, se così fosse, la possibilità di trovare “autisti” nuovi e molto più capaci sarebbe del tutto casuale. Gli autisti costituiscono una classe chiusa: si scambiano i posti tra di loro. Chi ha successo da una parte, poi, da qualche altra parte, non ce l’ha. Continuando il giro tondo, prima o poi, a caso, arriverà a guidare un’azienda dove avrà successo e, così, continuerà ad essere legittimato a partecipare al giro tondo.

Servono davvero progettisti di nuove identità. Ma questi devono essere radicalmente diversi dagli autisti. In brevissima sintesi, i loro strumenti devono essere la conoscenza e le metodologie di strategia d’impresa, mentre queste stesse conoscenze e metodologie sono inutili (infatti non le posseggono)  a chi fa di mestiere l’autista. Devono guidare processi progettuali che coinvolgono gli stakeholders sia interni che esterni alle imprese e non vincere battaglie di potere.

Se i progettisti devo fare dunque un mestiere radicalmente diverso dagli autisti perché vogliamo chiamarlo nello stesso modo: Governance?

La ragione è semplice: gli autisti non vogliono smettere di fare gli autisti! Non hanno alcuna intenzione di fare i progettisti.Non potrebbero neanche volendo. Ve li immaginate i protagonisti delle cronache finanziarie (che somigliano troppo alle cronache rosa) che studiano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa ed attivano processi progettuali sociali?

La conclusione è che, purtroppo, occorre passare da una strada abusata ed antipatica: eliminare gli autisti del potere e sostituirli con progettisti preparati a quel ruolo. E’una strada abusata ed antipatica perché sarebbe meglio preparare gli autisti attuali al nuovo ruolo, necessario, di progettisti. Ma non è neanche possibile proporlo, affaccendati come sono nei giochi di potere, chiusi come sono tra le “relazioni che contano”.

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