"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 4 marzo 2011

Porter e il capitalismo da reinventare


di
Luciano Martinoli
Sull'ultimo numero di Harvard Business Review Italia è riportato un commento all'articolo di Michael Porter che fa un'analisi, e propone soluzioni, sull'attuale crisi del capitalismo. Se sull'analisi si può concordare, le proposte partono da un punto di vista che è la vera causa della crisi. Riporto integralmente il testo che affronta la questione

Le aziende, afferma Porter, devono attivarsi per riconciliare business e società e la strada da percorrere è quella di “creare valore condiviso”. ...La soluzione del valore condiviso comporta che la creazione di valore economico avvenga in modalità tali da creare valore per l’azienda ma anche per la società, rispondendo a un tempo alle necessità dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale.

L'immagine che se ne ricava da questa affermazione è la seguente: da una parte vi è il mondo del business, aziende, mercati, finanza, ecc., da un altro, completamente staccato, il mondo reale, persone, società, natura con le sue risorse, ecc.
E' raro trovare nella storia dell'umanità una falsa convinzione che ha prodotto effetti più devastanti.
Come se il mondo del business fosse su un pianeta, e le stesse persone che ci lavorano poi abitino su un altro!
Chi comprerà i prodotti e i servizi che le aziende producono se non coloro che costituiscono la società che si vuole "sfruttare"? Come è pensabile che il mondo degli affari possa prosperare in un contesto impoverito?
Le posizioni di Porter, e tanti come lui, suonano come la maledizione del cane che lecca la lima di un libro di Erri De Luca (Montedidio) : "...il cane che lecca la lima sta leccando il suo sangue, però gli piace più del dolore e continua fino a dissanguarsi" 
Oggi il mondo del business si nutre del suo stesso sangue!

Tale situazione non è solo inaccettabile ma anche irreale e perpetuarla non farà altro che creare disastri anche peggiori di quelli ai quali abbiamo assistito.
L’azienda, quella nata dalla volontà di un imprenditore che voleva creare qualcosa che non c'era, è sempre stata “incarnata” in un contesto sociale reale (le persone non sono virtuali, dunque vivono in un posto preciso e solo in quello e lo scoppio mondiale dei localismi è il loro grido di protesta) e non ha mai sofferto dei problemi di cui nell'articolo si parla (e nemmeno di Responsabilità Sociale visto che è sempre stata "integrata" all'azione dell'impresa nella sua dimensione sociale). Un esempio di ciò, giusto per citarne qualcuno emblematico, viene proprio da alcune case automobilistiche i cui fondatori hanno voluto testimoniare la loro presenza in un luogo proprio dai nomi: FIAT significa Fabbrica Italiana Automobili TORINO, ALFA ROMEO Anonima LOMBARDA Fabbrica Automobili Ing. Romeo, BMW Bayerische Motoren Werke, in italiano Fabbrica BAVARESE di Motori, ...

Dunque il "peccato" del capitalismo è la sua deriva dal contesto reale e la soluzione non è un mantenimento di questo stato con un tentativo di riconciliazione con esso, ma la su reimmersione nel mondo vero, quello dove vi sono i luoghi con le loro culture, le persone con i loro bisogni e le loro capacità, la natura con i suoi delicati equilibri e le sue bellezze, cioè i luoghi dove chi sostiene queste sciocchezze, una volta usciti dall'ufficio (in fabbrica non si sognerebbero mai di sostenere assurdità del genere) ha piacere di immergercisi... insieme alla sua famiglia.
Perchè è umano anch'egli!

Luciano Martinoli

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