"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 16 agosto 2011

Evoluzione “naturale” di una impresa e costruzione della competizione


di
Francesco Zanotti

Il nostro competere non è indifferente: costruisce la competizione che poi ci uccide. L’importanza dei modelli e delle metodologie di strategia d’impresa (la strategia d’impresa si dovrebbe progettare usando questi modelli e questa metodologie) sta, innanzitutto, nel farci comprendere questa dinamica “contro intuitiva” della auto costruzione di quella competizione. Quella auto competizione che tutti considerano, erroneamente, come sinonimo di libero mercato. Un mercato, invece, non è competizione, ma è un mare quantistico , (cioè autonomamente attivo, energeticamente inesauribile) di potenzialità.
In questo momento ferragostano di pausa propongo una riflessione su questo stranissimo tirarsi la zappa sui piedi che abbiamo definito “Ciclo di vita del valore”. Vi sono molti modelli di “Cicli di vita”, ma questo è radicalmente “opposto” a tutti gli altri. Mentre tutti gli altri considerano il ciclo di vita frutto dell’evoluzione dell’ambiente, la nostra proposta considera la costruzione e la successiva degenerazione del mercato completamente autocostruita. E questo cambia radicalmente la gestione strategica, proponendo conclusioni “incredibili”. Il futuro di una impresa è completamente prevedibile, ma è completamente ribaltabile. Se una impresa si lascia andare al gioco della competizione, allora seguirà il percorso di declino previsto dal ciclo di vita del valore. La stessa impresa potrà sfuggire da questo destino quando vorrà, progettando la costruzione di nuovi mercati.

La fase auto poietica: la costruzione del successo
La prima fase del ciclo di vita del valore è un evento rivoluzionario: in essa l’imprenditore crea uno scambio economico che prima non esisteva.
Il processo di creazione è il seguente.
L’imprenditore percepisce la società nella quale si trova a vivere come un ambiente carico di provocazioni, come un insieme di potenzialità: potenzialità di in cerca di autore! esigenze non soddisfatte che reclamano soddisfazione. L’imprenditore, proprio perché la sua vocazione è intraprendere, deve agire e, fondandosi su di una tecnologia, costruisce una sua proposta per soddisfare le esigenze non soddisfatte. La sua proposta non viene accettata in toto ed allora inizia un dialogo tra potenzialità di divenire (esigenze) e proposta (risposta alle esigenze) che, di modifica in modifica, struttura lo scambio economico: si generano immagini definite del prodotto e del suo valore.
L’imprenditore in questa sua azione di creazione di mercato può non avere successo. Ma se ha successo accade inevitabilmente che crei “confini” che limitano sia i suoi sogni che le potenzialità della tecnologia che, in qualche misura, le esigenze dei clienti.
Il seguito della storia dell’impresa è un progressivo chiudersi di questi confini.

Pensieri rivoluzionari: ma allora gli sforzi per conoscere il mercato sono inutili …
Che pensare, ad esempio, delle “ricerche di mercato”? Be’ che sono una contraddizione in termini. L’ambiente non è un sistema semplice (per quanto complicato) da indagare e conoscere. Ma è un intreccio di potenzialità da far precipitare dove si vuole… Ecco gli imprenditori hanno intuito questa realtà. Tanto è vero che comprano ricerche di mercato solo quando hanno perso il loro slancio imprenditoriale. Allora bisogna chiudere tutte le agenzie di ricerche di mercato? No! Basta chiedere loro di organizzare servizi diversi, che non hanno l’obiettivo di conoscere, ma di coinvolgere il mercato nella progettazione dell’impresa …

La fase auto referenziale: la costruzione della competizione
Questa fase si sviluppo lungo quattro momenti specifici

I           Momento
La competizione di QUALITA’
Se l’azione di creazione di un nuovo mercato da parte dell’imprenditore ha successo, questo significa che si viene a strutturare uno scambio economico ben definito, positivo e visibile tra l’impresa e questo mercato. Allora accade inevitabilmente che in quel mercato cercano di introdursi gli imitatori. Si accende, altrettanto inevitabilmente, una battaglia tra chi ha generato il business e gli imitatori. Tale battaglia si sviluppa sul terreno della qualità.
Se nella prima fase viene creato un mercato, nella seconda fase tale mercato si popola di concorrenti.
Accadono anche altre cose. Soprattutto si interrompe il dialogo “poetico” con i clienti. Le imprese hanno accettato che il significato del prodotto sia intoccabile. Il cliente, co-progettatore del significato del prodotto, non é più necessario. Diventa solo il riferimento sempre più teorico per la qualità del sistema d’offerta. Paradossalmente diventa interessante il concorrente e non il cliente.

Pensieri rivoluzionari: ma allora pensare ai concorrenti fa dimenticare i clienti.
Concentrarsi sui concorrenti significa che si forma sistema con essi. Inevitabilmente si lasciano fuori dai confini i consumatori. Questo significa che il collegamento con i consumatori diventa di tipo “accoppiamento strutturale”. Con una conseguenza inevitabile. I consumatori diventano spettatori attoniti di un conflitto che sentono dichiarato in nome loro. Ma del quale capiscono sempre meno il significato. A mano a mano che la competizione si inasprisce, si genera un concetto di qualità che è auto costruito dai concorrenti travisando continuamente la voce dei consumatori. E’ facile fare esempi: tutti i prodotti tecnologicamente complessi si trasformano sotto lo stimolo del confronto competitivo. E sviluppano prestazioni che le imprese giudicano rilevanti, ma i consumatori molto meno. Tutti sanno ad esempio che delle mille funzioni dei video registratori ne vengono usate solo poche. Una incapacità dei consumatori di comprendere ed usare la tecnologia? O, forse più verosimilmente, disinteresse per una evoluzione di prestazioni che a loro non interessano?
Considerate l’esempio dei PC. Quanto tempo ci abbiamo messo per sostituire un interfaccia DOS con interfaccia più friendly? Ecco è accaduto solo quando è arrivato qualcuno che viveva fuori dalla tradizionale competizione tra produttori di computer.

II         Momento
La competizione di EFFICIENZA
Le imprese che escono vincitrici dalla battaglia di qualità hanno un differenziale di qualità con gli sconfitti, ma non tra di loro.
Per differenziarsi agli occhi del cliente non rimane che ridurre il prezzo più dei concorrenti. Per ridurre il prezzo più dei concorrenti occorre diventare più efficienti degli stessi concorrenti. Inizia allora quella battaglia fatta di reengineering continuo con obiettivi di automazione ed efficienza che costringe l’attenzione dell’impresa sempre più all’interno.
Nella fase imprenditoriale l’esterno era il cliente che era un alleato per costruire un mercato. L’interno era una organizzazione da formare che era anch’essa un alleato. Poi, nella fase di competizione di qualità l’esterno é diventato soprattutto concorrenti da combattere. Ora anche l’organizzazione si trasforma in un nemico da combattere.

Pensieri rivoluzionari: ma allora la ricerca dell’efficienza aumenta la chiusura del sistema
Avendo come obiettivo l’efficienza ci si costringe a dimenticarsi anche dei concorrenti. E concentrarsi sull’interno. Naturalmente il tipo di efficienza che si ottiene non è certamente funzionale né al confronto competitivo, né tanto meno, al miglior servizio ai clienti. Rappresenta l’equilibrio tra gli attori interni del sistema.

III        Momento
La competizione di RAPPRESENTAZIONE
Se la battaglia della qualità omogeneizza la qualità la successiva battaglia di efficienza omogeneizza l’efficienza.
Se la qualità e l’efficienza sono state “stabilizzate”, la ulteriore inevitabile competizione tra i vincitori della battaglia della qualità e dell’efficienza si gioca sulle capacità di fornire una differenziazione del prodotto generata dalla comunicazione.
Questa competizione è tipica dei settori nei quali i sistemi d’offerta e le modalità operative sono sostanzialmente indifferenziati tra i concorrenti.

Pensieri rivoluzionari: ma allora la comunicazione è inutile?
Non solo: è anche controproducente. Lo dimostra in modo eclatante il rapporto che le imprese costruiscono con i nuovi attori sociali: ambientalisti, consumatori. Tanto più cercano di raccontare e spiegare progetti e risultati, tanto più aumentano il livello di conflitto. Occorrerebbe organizzare una azione di ascolto e non di comunicazione. Cioè una nuova relazione che cominci con il riconoscere l’identità dell’altro. E il mettersi in ascolto è l’unico modo per riconoscere l’identità dell’altro.

IV        Momento
La difesa da un AMBIENTE ESTERNO diventato ostile
Naturalmente per la comunicazione accade quanto è accaduto per qualità ed efficienza. All’inizio i concorrenti vengono selezionati in base alle loro capacità di comunicazione, ma, alla fine, i vincitori sono caratterizzati dalla stessa capacità di comunicare.
Possiamo dire che, alla fine della fase di rappresentazione, i concorrenti si trovano ad avere la stessa forza relativamente alle armi competitive fondamentali (qualità del sistema d’offerta, efficienza organizzativa, capacità di comunicazione).

Cosa accade allora? Che si innesca, allora, una battaglia di prezzo che non é più sostenuta da recuperi di efficienza, ma avviene a scapito della redditività. Una battaglia di prezzo che nessuno riesce più a controllare.

In realtà ad accelerare la competizione di prezzo contribuisce anche un altro fenomeno.
La competizione, a mano a mano che aumenta di intensità, costringe sempre di più le imprese a concentrare l’attenzione le une sulle altre. In questo modo le imprese perdono tutte insieme il contatto con il mercato che, per di più, non rimane statico, ma evolve verso nuove esigenze. Accade allora che i prodotti di imprese che si confrontano duramente tra di loro perdano sempre più velocemente interesse per i consumatori che sono disposti a pagare sempre meno per prodotti che saranno anche diventati perfetti, ma, forse proprio per questo, hanno perso la loro carica di provocazione emotiva.

In questa situazione lo sforzo dell’impresa non è più attivo, ma reattivo.
Non opera più per creare un mercato, non ha più speranze concrete di superare i concorrenti rimasti. E’ costretta a barcamenarsi per sopravvivere in un settore nel quale la competizione di prezzo ha annullato ogni capacità di produrre valore.

La sintesi: il Blocco imprenditoriale
Tentando di proporre una sintesi della storia di evoluzione di una impresa nel suo mercato e, quindi, della sua capacità di produrre valore, propongo l’immagine del blocco imprenditoriale.

La vita di una impresa nasce da una innovazione imprenditoriale che poi, piano piano, si spegne perché viene meno la capacità (la voglia) dell’imprenditore di innovare e, quindi, cresce la competizione.
L’instaurarsi del blocco imprenditoriale è il frutto del progressivo rinchiudersi dell’impresa in confini sempre più angusti.
La conseguenza del blocco imprenditoriale è la perdita della capacità di produrre valore.

Una osservazione conclusiva: proponendo il modello precedentemente descritto mi sembra di aver compiuto una vera e propria rivoluzione copernicana. Se in un mercato si osserva un certo tipo di competizione, essa non é un elemento strutturale del mercato, ma é generato dai comportamenti delle imprese.

Se una impresa si sente coinvolta, ad esempio, in una competizione di qualità significa che essa ha scelto di aumentare la sua capacità di produrre valore giocando sulla qualità.
E questo gioco la porterà poi inesorabilmente a giocare sull’efficienza.
E così via involvendo fino a perdere completamente la sua capacità di produrre valore.

Il modello dl ciclo di vita del valore è semplice ed intuitivo.
Ma credo sia anche duro. Meglio: è duro il messaggio che propone. Un imprenditore è in grado di creare una impresa da solo. Ma se poi insiste ad immaginare da solo il futuro, allora si ritroverà a rimasticare un futuro che somiglia maledettamente al passato.
Cosa deve fare un imprenditore? Una cosa che non ha mai fatto: chiedere aiuto quando decide che è il momento di fare strategia. Cioè deve delegare il fare strategia ad un altro?
No davvero! Deve chiedere aiuto a qualcuno che lo aiuti a sbloccare la sua mente in modo da poter ritornare ad immaginare con passione e fantasia. E che lo aiuti a coinvolgere tutta la sua gente nell’immaginare con passione. Un consulente di strategia serve a questo!
Utilizzando un linguaggio più aulico: la strategia è un processo di creazione sociale di conoscenza. Il ciclo di vita del valore dice che questo processo di creazione sociale di conoscenza tende a spegnersi. Solo un esterno che porti non progetti o decisioni, ma una nuova conoscenza può permettere di sbloccarlo.

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