"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 18 gennaio 2013

Consulenza: solo "Temporary Management"?

(ovvero: la conseguente solitudine del capo)
di
Luciano Martinoli

Sul numero di Dicembre 2012 di Harvard Business Review Italia vi è un rapporto speciale sulla consulenza manageriale. Leggendo le interviste alle aziende committenti viene spontanea una affermazione: ma stanno parlando di Temporary Management"!
Infatti le proposte, e le richieste (e qui è difficile capire se nasca prima l'uovo o la gallina!) sono in un'ottica di sostituzione del management: ciò che dovrebbe essere fatto all' interno viene comprato da fuori. Come se ad un certo punto della "Partita" aziendale entrasse un uomo nuovo. Questa impressione è definitivamente confermata poi dal modello di pricing richiesto e offerto: la "success fee", il compenso a risultato. Proprio come un manager che, se non proprio tutto lo stipendio, ha un riconoscimento extra "a risultato".
Come farebbe un Amministratore Delegato, o un Imprenditore, ad accettare una logica di questo tipo? Ad ammettere che lui è "sostituibile" nella sua funzione di pianificazione strategica e, conseguentemente, indirizzo operativo?
E infatti...
... non compra questa consulenza!

Qualche tempo fa in una intervista ad un capo azienda, che si lamentava dell'aggressività di certi consulenti a voler imporre i propri modelli e soluzioni, confessava subito dopo la sua "profonda solitudine".
In cosa consiste questo sentirsi soli?
I manager, sopratutto quelli a capo delle aziende, hanno una notevolissima capacità progettuale. Questa capacità è alimentata dal loro sistema di "risorse cognitive" (pensieri razionali, emotività, socialità, ecc.). Detto più semplicemente loro, come tutti gli esseri umani, sono ciò che sanno/immaginano.
Questo sistema di risorse, alla base delle capacità, non sono però stabili: o si sviluppano o tendono a sclerotizzarsi, spegnersi, trasformarsi in pericolose ideologie con conseguenti, e gravi, ripercussione sulle capacità progettuali.

Come evitarlo?
Con la consulenza, ma di certo non quella di cui si parla nell'articolo. Essa è inadeguata a questo scopo sia nel merito, qui non vi è bisogno di "competenze specialistiche", che nel metodo, non si può certo acquistare qualcuno che si presenta come un possibile, anche se temporaneo, "sostituto".
Ecco allora l'esigenza, in questo ambito, di una Consulenza profondamente diversa.  Una Consulenza che studia e ricerca di continuo "conoscenza" in tutti gli ambiti del sapere umano, non solo di quella specialistica di settore, e che ne propone una sintesi ai suoi clienti. Sintesi che non solo ingradisce il "giardino dei pensieri" del manager, o dell'imprenditore, proponendogli nuova materia prima, che lui ben saprà come utilizzare, ma che gli ispiri anche nuove modalità operative. Non nuove soluzioni a vecchi problemi ma prospettive nuove che fanno evaporare i vecchi problemi, non proposte di dettagli specialistici, ma modi totalmente nuovi di vedere le cose di sempre. Insomma gli fornisce la materia prima per realizzare quella innovazione radicale, sempre più richiesta, che nella sua "solitudine" ovvero nel suo "giardino", non a sufficienza.


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