"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 16 aprile 2013

Il problema del credito alle imprese: paura della conoscenza?


di
Francesco Zanotti


Al di là di visioni complottistiche (che certamente non hanno fondamento), al di là di moral suasions del tipo “acquistate debito pubblico” (che, invece, ne hanno un po’di più), al di là dei problemi di capitalizzazione e di regolazione (che contano e disturbano), rimane, però, la volontà di tutti i banchieri di far affluire tutto il credito che serve alle “imprese sane”.
Dove sta allora il problema? Le banche possono superare suggerimenti interessati e regolamenti e fare affluire liquidità alle “imprese sane”.
Ecco, il problema sta proprio in questa espressione: le “imprese sane”. Si scopre in cosa consiste il problema chiedendosi: le banche sono in grado di capire quali sono le imprese sane e quelle no? Ancora prima: ma cosa significa impresa sana?
Andiamo con ordine: cosa significa una impresa sana? Sostanzialmente una impresa che è sempre andata bene. Cioè: una impresa che è sempre riuscita a rispettare i sui impegni con le banche.
Ma il problema non è il passato. Occorrerebbe considerare “sane” le imprese che riusciranno a rispettare i loro impegni nel futuro. Questo vale, soprattutto, per una grande massa di imprese che stanno diventando “malate” (eufemismo) e che si cerca di guarire con operazioni di ristrutturazione del debito.
Ma le banche sanno valutare quale sarà la capacità di produrre cassa (perché è solo producendo cassa che si rispettano gli impegni con le banche) futura delle imprese?
La risposta, purtroppo è: no.
Ed è no perché le banche non utilizzano i modelli e gli strumenti di strategia d’impresa che servirebbero per capire quale è e come evolverà il posizionamento strategico (quello che determina la capacità di produrre cassa) delle imprese.
Se usassero questi modelli e strumenti potrebbero, non solo, individuare molto meglio le imprese “sane” (magari scoprendo che, producendo cassa hanno bisogno di capitali di sviluppo e non credito commerciale), ma anche aiutare le imprese malate non a cercare disperatamente di ridurre costi incomprimibili e tagliare investimenti, ma a disegnare progetti di sviluppo capaci di variare positivamente il loro posizionamento strategico.
Potrebbero costruire un portafoglio strategico delle imprese clienti per capire come varieranno le sofferenze complessive e potrebbero intervenire …
Allora una domanda si impone: visto che esistono le conoscenze (modelli e strumenti di strategia d’impresa) per costruire veramente una alleanza di sviluppo tra banche ed imprese perché non vengono usate dalle banche, soprattutto in una contingenza drammatica come quella in cui stiamo vivendo?


Nessun commento:

Posta un commento