"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 5 luglio 2013

Che tipo di "Business" vogliamo fare?

di
Luciano Martinoli

Sul Sole24ore è stato pubblicato un articolo sulle borse "più forti" dall'inizio dell'anno. Sono tutte piazze minori dove, come giustamente sottolinea l'autore dell'articolo, si sono concentrate le attenzioni degli speculatori. In ogni caso chi ha investito in quelle borse ha fatto del "business", come comunemente si usa dire, e ha portato a casa bei guadagni rispetto agli asfittici listini del vecchio continente e del Nord America.

La Banca Mondiale sin dal 2002 ha lanciato l'iniziativa "Doing Business" che misura alcuni parametri facilitatori del business: accesso al credito, permessi per costruire, tempi per risolvere una controversia, ecc.
Ho confrontato allora la classifica pubblicata dal Sole24ore, in realtà stilata da Bloomberg, e la posizione degli stessi paesi nella classifica DoingBusiness.
Ecco il risultato


Con l'eccezione di Dubai e Abu Dhabi, troppo piccoli per essere rappresentativi (tanto è vero che l'indice DoingBusiness li tratta come unico paese: Emirati Arabi Uniti), per tutti gli altri il quadro risultante è abbastanza chiaro: secondo Bloomberg la borsa cresce di più, ovvero si fanno più affari, dove... è più difficile fare affari secondo la Banca Mondiale!
Un paradosso non spiegabile con una separazione che non c'è in quei paesi, come spesso avviene da noi, tra la finanza, misurata da Bloomberg, e l'economia reale, misurata da Banca Mondiale. I guadagni in borsa infatti lì sono stati realizzati perchè le aziende quotate sono cresciute molto e hanno elargito sontuosi dividendi. E neppure è  imputabile ai sistemi di misura "oggettivi" che entrambi gli operatori si fregiano di aver utilizzato (anche se il dubbio che Banca Mondiale abbia misurato fattori marginali o quantomeno non determinanti per il business è forte).
La spiegazione è un'altra: questa è una delle tante assurdità della società industriale.

Il modello industriale è fantastico per realizzare quello standard di vita che tutti noi, nel mondo occidentale, ben conosciamo. Una volta realizzato però, dotandosi anche di "migliori" condizioni per proseguire a fare "business", esso si spegne, spostandosi là dove queste condizioni non ci sono ancora!
Sappiamo bene che il livello di qualità della vita che ci ha permesso di costruire è insostenibile per tutti gli abitanti della terra (quante vacche ci vorrebbero per consentire a tutti i cinesi e africani di avere lo stesso paia di scarpe di una donna occidentale?). Ma supponiamo per un momento che sia possibile. Una volta dato a tutti ciò che tutti noi abbiamo, una volta che tutti i paesi del mondo hanno il massimo punteggio pari merito nalla classifica DoingBusiness, cosa accadrà?
Le borse non cresceranno più, oppure dovremo distruggere tutto per ricominciare daccapo?

Abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo ma, prima ancora, abbiamo bisogno di strumenti e linguaggi nuovi per iniziare a parlarne onde evitare di ripetere sempre le stesse banalità: competitività, ripresa, ecc. 

A meno che qualcuno, nel frattempo, non voglia trasferirsi in Venezuela per fare "business"; uno dei 5 paesi con il più alto numero di omicidi al mondo, agli ultimi posti per ottenere credito e vedersi gli investimenti protetti, et cetera...


1 commento:

  1. Ho letto con crescente interesse l'articolo che ritengo molto stimolante.Fa tuttavia sentire un pò vecchi,stanchi chiusi in modello sociale ed economico costruito dopo una guerra che aveva distrutto tutto e che ha offerto un welfare diffuso mai conosciuto prima che ci ha intorpidito al punto di volerlo solo conservare e di non accorgersi quanto sia necessario rinnovarlo.Condivido appieno l'osservazione che abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo.
    Tale necessità scaturisce dal considerare i Paesi,le cui Borse hanno procurato guadagni molto consistenti ad investitori temerari che . non sono stati condizionati dalle situazioni sociali del Paese La finanza come motore di sviluppo e di ricchezza non troverebbe molti consensi nel nostro paese.
    Più o meno veramente osservati che siano abbiamo dei principi che si fondano sul rispetto della dignità dell'uomo e che abbiamo impiegato secoli per definirli.Sono anche ,quelli menzionati,Paesi dotati di grandi ricchezze del loro sottosuolo. Noi nel sottosuolo abbiamo solo profonde rughe che ci possono frantumare tutto all'improvviso. Siamo un Paese che trasforma le materie prime degli altri.ma siamo anche i proprietari di circa il 50% dei beni architettonici del mondo oltre che di bellezze naturali. E se si iniziasse a disegnare un progetto strategico partendo da ciò che obiettivamente abbiamo?

    RispondiElimina