"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 4 marzo 2014

E' possibile uno sviluppo senza progetto? Il caso Minibond

di
Luciano Martinoli



Al 14 febbario 2014 erano presenti sul mercato Extramot PRO di Borsa Italiana 17 titoli di debito, emessi da 15 aziende italiane, per importi inferiori ai 25 milioni di euro. Escludendo le cambiali finanziarie e i titoli per importi maggiori, tipicamente emessi su altre borse europee e scambiati successivamente anche sul nostro mercato, si tratta dei primi "Minibond" emessi grazie alle normative che consentono alle aziende non quotate questo tipo di  indebitamento.
Come detto più volte, su questo blog e da varie fonti stampa, lo strumento è stato salutato come il primo vero mezzo non bancario per finanziare "sviluppo". 
Ma quale sviluppo? Cosa si intende per questa parola? Come queste 15 aziende hanno "progettato" il loro sviluppo (che dovrebbe, tra l'altro, consentirgli di onorare il debito contratto e pagare gli interessi)?
Abbiamo cercato di scoprirlo analizzando gli unici documenti pubblici relativi a questo tipo di operazione: il "Documento di Ammissione" richiesto da Borsa Italiana.
Il rapporto completo è consultabile qui.

Anticipo le, purtroppo temute, conclusioni. 
Della cultura della progettazione strategica (quella che si occupa della descrizione dello sviluppo delle imprese) non vi è traccia. O meglio, in genere si intende per essa una descrizione burocratica di un soggetto statico, l'azienda, e i pericoli (Rischi) che corre (manco tutti) nel mare burrascoso del mondo di oggi (concorrenti, congiuntura, mercato, contenziosi, ecc.). Ironicamente questi rischi dipendono proprio dalla mancanza di un progetto: il vero rischio principale, non citato, è la sua assenza.

Una idea di progetto appare inesistente.
Non esiste non solo un progetto, ma nemmeno una pallida immagine, della futura identità strategica (e i flussi di cassa che abiliterà a generare), che pure le risorse raccolte dovrebbero servire a realizzare.
Ma non esiste neanche la ben più prosaica descrizione della restituzione del debito contratto e del pagamento dei relativi interessi.

A questo punto sono legittimi alcuni interrogativi, ai quali invitiamo i legislatori, gli investitori, le imprese, i media, a dare una risposta.

Non è inconsueto fornire risorse finanziarie, raccolte pubblicamente (i fondi costituiti da banche, investitori, assicurazioni, fondi pensione), a soggetti che non sono in grado, o ritengono improbabile per loro stessa ammissione, di restituirle?

Per quale motivo non viene data evidenza dei piani da realizzare con i finanziamenti ottenuti né da parte delle imprese beneficiarie, né da parte degli investitori, né richiesto da Borsa Italiana, pur trattandosi di mercato non regolamentato?

Ma la domanda più importante, quella fondamentale, è possibile che un qualsiasi sviluppo, in assenza di una traccia di progetto, possa accadere come dono di un fato benigno, una volta identificati gli eventi negativi che potrebbero impedirlo?
Detto in altri termini lo sviluppo tanto invocato lo si progetta, descrivendolo tra tanti possibili e volendolo fortemente, o, banalmente, capita?

Dalla lettura dei documenti di queste prime 15 aziende la loro convinzione pare essere la seconda.

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