"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 29 agosto 2014

La pericolosa cecità della finanza (e delle imprese)

(il caso dei titoli di debito aziendali)
di
Luciano Martinoli



Economia reale e Finanza devono mettersi in testa alcune cose.
La prima: esiste una metodologia rigorosa e comprensibile per descrivere il business di una impresa e la sua evoluzione. Una modalità rigorosa per costruire progetti di sviluppo di una impresa che, per convenzione, definiamo Business Plan.
La seconda: esiste una metodologia di valutazione dei Business Plan che viene definita “Rating di un Business Plan”.
Queste metodologie non scendono dal pero, ma sono il risultato dell’utilizzo delle più avanzate conoscenze di strategia d’impresa.
Se economia e finanza vogliono costruire un’alleanza di sviluppo, invece di farsi mantenere, le imprese, o costruire bolle, la finanza, allora queste metodologie devono usare.

A sostegno di questa mia tesi, che è il fondamento delle proposte di questo blog, e ad illustrazione dei danni che il non accettare le proposte di questo blog può causare,  vi propongo l'analisi di tre recenti casi.

Qualche settimana fa sul giornale online Linkiesta è apparso un articolo che si interrogava sull'uso dei minibond a partire dal caso Guala Closure, un'azienda pavese che nel 2012 ha lanciato un'offerta di debito e che oggi delocalizza in Polonia mettendo a rischio posti di lavoro locale dopo aver utilizzato, presumibilmente, anche risparmio locale per l'operazione finanziaria. 
La tesi centrale è la seguente:

"L’obiettivo di canalizzare fondi e risparmi italiani su imprese italiane che investono potrebbe scontrarsi - come in questo caso - su decisioni di investimento che portano via il lavoro dall’Italia, perché la multinazionale, tascabile o no, deve ragionare su uno scacchiere geografico dove i vincoli e i costi sono molto diversi. Quindi da un lato si alleggerisce la posizione delle banche italiane (che da Guala volevano uscire…) ma non si creano sempre opportunità in Italia. È il mercato, bellezza."

Eh no, è l'ignoranza, bellezza, altro che mercato!
Se infatti tutti gli stakeholder conoscessero la Strategia d'Impresa, come sanno parlare di calcio, il legislatore avrebbe imposto alle aziende che vogliono usare pubblico risparmio la pubblicazione dei loro Business Plan usando lo stato dell'arte delle tecnologie di merito (come già richiede per altri ambiti). Le amministrazioni locali, ma anche i sindacati, leggendoli avrebbero ben chiari gli intenti aziendali e si mobiliterebbero ben prima, e non dopo a buoi scappati, per manifestare le loro istanze e le loro preoccupazioni. 
Lamentarsi dopo e affidarsi alla fatalità (E' il mercato, bellezza!) è esercizio di pavidi e/o ignavi.

Ancora su Linkiesta un articolo sul pericolo che lo stato si trasformi in Hedge Fund a partire dalla possibilità che un gestore possa chiedere la copertura parziale del suo portafoglio di minibond allo Stato attraverso il fondo di garanzia delle PMI. L'analisi delle tecniche finanziarie, e di cosa può comportare, è ben illustrata e motiva un rischio reale il quale però può essere scongiurato solo attraverso una analisi del sottostante: un giudizio (Rating) sui business plan che giustificano quel portafoglio.
Ancora una volta: vengono redatti i Business Plan secondo le migliori tecnologie di Strategia d'Impresa? Perchè non viene imposto a chi emette minibond di pubblicare i BP invece della ridicola e inutile domanda di ammissione piena di banalità e ripetizione? Il ministero, attraverso il fondo di garanzia delle PMI, è attrezzato per emettere un giudizio (effettuare un rating) sui BP?
In difetto i rischi illustrati dall'articolo sono reali e lo Stato si renderebbe ancora una volta complice, causata dalla sua ignoranza, dello sperpero di risorse pubbliche.

Se questo è quanto accade nel nostro paese, cosa succede in quello che viene considerato il mercato finanziario più avanzato e grande del pianeta?
E' notizia di questi giorni (si legga articolo del NYT) di importanti decisioni della SEC proprio su questo merito.
In ritardo di 6 anni dal cataclisma finanziario, generato da quello stesso mercato che dovevano sorvegliare, hanno imposto la cosa più ovvia sui più probabili veicoli di "tossicità" finanziaria (gli ABS): la descrizione di cosa c'è dentro, come si fa "sulle etichette del cibo e i medicinali che descrivono la lista gli ingredienti".
Un passo avanti importante, anche se tardivo, ma anche loro rimangono al palo come rivela una consulente finanziaria al termine dell'articolo: "Se stai valutando un merito di credito devi capire i crediti sottostanti. Questo è un buon passo importante nella giusta direzione, ma come si applica?"
La risposta è la stessa di prima: con le conoscenze in materia, quelle della Strategia d'Impresa e, in questo caso, con tecniche di Rating di BP:

Spero allora sia evidente, arrivati a questo punto, che la necessità di dotarsi di queste conoscenze (e dei conseguenti strumenti), non sia quella di un miglioramento marginale alle pratiche di business corrente ma, ben più importante, il necessario progresso della nostra economia: in che direzione e come svilupparla perchè da essa dipenderà se vogliamo, come lo è stato finora, la nostra società.

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