"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 12 settembre 2014

Rifkin e Crescendo: due approcci complementari?

di
Cesare Sacerdoti



E’ stata presentata in questi giorni la versione italiana dell’ultimo saggio di Jeremy Rifkin, con il titolo “La società a costo marginale Zero”, testo che segue e completa la visione tracciata in “Civiltà dell’empatia” (in cui Rifkin considera lo sviluppo della società in relazione allo sviluppo della capacità di empatizzare tra individui. L'autore pone il quesito se l'umanità sarà in grado di migliorare il modello di società grazie ad un "salto empatico" oppure se l'entropia derivante dal maggiore consumo di risorse raggiungerà un punto di non ritorno che provochi una regressione della capacità di empatizzare degli individui. Tratto da wikipedia) e in “Terza rivoluzione industriale” (in cui Rifkin avverte che assieme al cambiamento economico-energetico sarà infatti necessario accompagnare una rivoluzione culturale il cui principale obiettivo sarà lo sviluppo di una "coscienza biosferica". Tratto da wikipedia).

Ci sembra interessante confrontare le tesi di Rifkin con il modello di sviluppo socio economico studiato da Crescendo e Zanotti (di seguito MCZ).

Rifkin inizia il nuovo lavoro con la seguente affermazione “Sulla scena planetaria si sta affermando un nuovo sistema economico, il <Commons collaborativo>”. Rifkin cioè vede il superamento del modello capitalistico e la nascita di una nuova società, quella collaborativa caratterizzata dalla coscienza biosferica sopra citata e da un ulteriore salto empatico “permettendo alla nostra specie di socializzare come un’unica famiglia”.
E’ evidente il parallelo con MCZ quando sostiene che l’ecologia di crisi che stiamo vivendo è il segnale di perdita di significato della società industriale e che siamo alla vigilia della nascita di una nuova società. La differenza è che Rifkin osserva i cambiamenti in atto e identifica la nuova società in quella collaborativa, mentre MCZ sostiene che questa sia solo una delle infinite evoluzioni possibili.
In parte, forse, questa differente visione deriva dal differente modello fisico con cui Rifkin e MCZ guardano la storia sociale e economica: se entrambi concordano sul fatto che il limite della teoria economica standard è costituito dalle “metafore attinte dalla fisica newtoniana” su cui essa si basa, Rifkin ad essa oppone “una nuova economia teorica basata sulle leggi della termodinamica” (“tutta l’attività economica si basa sulla conversione dell’energia disponibile in natura in beni e servizi” e gli scarti vengono “restituiti al ciclo della natura con aumento dell’entropia”), mentre MCZ si riferisce a un modello quantistico.

Viene così sollevato da entrambi il problema delle risorse cognitive con cui si guarda e si descrivono il mondo e la società. Anche qui però assistiamo a un approccio differente.

Per Rifkin ogni società si crea un proprio paradigma (riferendosi alla definizione di Thomas Kuhn per il quale "un paradigma è un sistema di assunti e credenze che concorrono a creare una visione del mondo integrata e unificata che risulti così convincente da essere considerata senz'altro la realtà. Kuhn riferisce il termine a modelli standard nell'ambito scientifico, teorie accettate universalmente come la fisica newtoniana o l'evoluzione darwiniana"): dice infatti che "ogni matrice comunicazione-energia è accompagnata da serie di ricche prescrizioni su come la società e la vita economica debbano essere organizzate... Tali prescrizioni vengono formalizzate in un sistema generale di convinzioni...costruendosi una visione della natura a immagine e somiglianza del proprio modo di agire sul mondo, ogni società ha potuto cullarsi nella convinzione che la forma in cui era organizzata rispondesse all'ordine naturale delle cose" per cui “i paradigmi economici sono solo costrutti umani e non fenomeni naturali”. Ma l’accettazione acritica dell’insieme delle convinzioni “e il rifiuto di immaginare spiegazioni alternative porta ad un accumulo di incongruenze che cresce fino ad arrivare a un punto di svolta: qui il paradigma esistente viene smantellato e sostituito con un nuovo paradigma esplicativo più adeguato a ordinare le anomalie, le intuizioni e i nuovi sviluppi in una nuova grande narrazione”. I singoli paradigmi quindi si portano dietro anche valori che sembrano essere inviolabili e insostituibili, tra gli altri Rifkin cita come esempi la privacy (che è un valore recente, nato con il capitalismo) e la democrazia rappresentativa. Per Rifkin quindi questo insieme di risorse cognitive si forma, si sviluppa attorno a un modello economico sociale in modo caotico ma destinato a autogiustificarsi e a proteggere il modello stesso dall'insorgere di qualunque teoria alternativa.

MCZ, se concorda sul fatto che in un dato istante l’uomo si identifica con le proprie risorse cognitive e, guardando il proprio ambiente attraverso di esse riduce fortemente le proprie potenzialità, presuppone che proprio gettando nuove risorse cognitive si possa far emergere un nuovo modello economico-sociale. E il Rinascimento italiano (che anche Rifkin cita come esempio della capacità di recuperare e riscoprire forme di coscienza e livelli di impulso empatico precedenti) ne è un valido esempio. E se questo è vero, allora si possono trovare forme di governo di questo emergere. Rifkin da parte sua non dice come si possa indirizzare la formazione del nuovo paradigma, se non attraverso forme di regolamentazione più o meno centralizzate che agiscono, normalmente ex post, per correggere anomalie. Rifkin, per esempio, nella postfazione, pur elogiando l’imprenditorialità, citando “la mano invisibile” di Adam Smith evidenzia tutte le sue deficienze nel contrastare le storture che lo sviluppo economico di stampo capitalista ha provocato.

In compenso sia in Rifkin che in MCZ troviamo un forte richiamo alla interdisciplinarità e al contributo che le varie scienze possono dare nel “ripensamento del paradigma economico”. 
Rifkin si riferisce in particolare alle scienze ecologiche, a chimica, a biologia, a ingegneria e architettura e in genere alle scienze naturali e a quelle sociali, come attori diretti del cambiamento. MCZ coinvolge più direttamente le ultime scoperte di fisica, matematica, scienze biologiche, scienze sociali, come fonti di metafore, di linguaggi con cui fare emergere i cambiamenti.

Trovo anche punti di contatto sulla visione dell’imprenditore: Rifkin dice “gli imprenditori sono artisti del mercato, sempre in cerca di poter raccontare una storia avvincente e ad attrarre la gente nell’universo che hanno inventato … Gli imprenditori sono persone che sanno emozionare la gente con innovazioni capaci di trasformare la vita quotidiana”. 
MCZ dal canto suo definisce l’imprenditore come “l’uomo con la sindrome di Dio” per la sua spinta a creare nuovi mondi intesi come nuovi mercati, nuovi prodotti, nuovi bisogni da soddisfare ecc.

Sintetizzando, mi sembra di cogliere nel ragionamento di Rifkin l’aspetto di osservazione della storia dell’uomo (Rifkin analizza le 5-6 principali rivoluzioni economico sociali dalla preistoria a oggi) e dei segnali già fortemente presenti ai giorni nostri, per annunciare il prossimo modello economico sociale e la sua possibile evoluzione nei prossimi 50 anni. Il modello MCZ, invece sembra avere il pregio di definire una teoria o almeno il processo necessario per arrivare a una teoria che possa permettere l’emergere e il governo di una vasta gamma di modelli economico sociali. Rifkin dà per scontato che il nuovo modello sarà planetario, ma personalmente mi pongo il dubbio che possa davvero essere così e sicuramente non tutti i popoli adotteranno il medesimo modello contemporaneamente. Cosa succederà, come dovranno essere organizzati, allora, i popoli nella fase di transizione? O si vorrà ricadere nell’errore attuale di voler imporre ai Paesi in via di sviluppo il modello dominante? In caso contrario, la Teoria MCZ potrebbe essere di grande aiuto per i Paesi meno pronti.
Una nota positiva: entrambi gli autori prefigurano un mondo più etico, più estetico, più in pace con la Natura.



1 commento:

  1. Sono contento quando sento parlare di Design...perchè in fondo di questo tratta l'articolo... Design sociale che auspica ad un modello di crescita più sostenibile, più etico ed estitico... E scusate non è la stessa cosa che fanno i designer nei loro concept?
    Un saluto
    Paolo da Siena

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