"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

sabato 18 aprile 2015

Ragionamenti di conservazione: capitalizzazioni e debiti

di
Francesco Zanotti


Lettera aperta al Dott. Flavio Valeri Chief Country Officer Italy Deutsche Bank
commento all'intervista de ilSole24ore pubblicata 17 Aprile 2015

In apparenza il ragionamento non fa una piega: le imprese hanno troppo poco capitale per poter aumentare l’indebitamento. La soluzione, allora è quella di aumentare la loro dotazione di capitale.
Questo discorso non farà neanche una piega, ma all’interno di una visione assolutamente conservativa dell’economia.

Infatti, proviamo a tornare ai “basics”: che obiettivo ha una impresa?
E’ l’attore che deve produrre risorse per aumentare la qualità della vita delle persone e costruire strutture collettive efficaci ed efficienti.
Detto, meno sociologicamente: dicesi impresa quell’attore economico che produce utili. Ora, se produce utili diventa capace di auto generare anche capitale: basta che gli azionisti non se li portino via. Allora il problema del capitale per una impresa che produce utili, non si pone.

E se una impresa non produce utili? La soluzione di capitalizzarla perché possa sostenere un maggiore indebitamento è una sciocchezza. Invece di capitalizzarla, va rivoltata come un calzino perché li produca. Più professionalmente: occorre che l’impresa si doti di un Progetto Strategico, formalizzato in un Business Plan, alto e forte che preveda cambiamenti nella sua identità strategica tanto più profondi, quanto più la sua capacità di produrre utili è in crisi.
Allora l’area prioritaria d’intervento è quella di aiutare le imprese a immaginare progetti di sviluppo alti e forti.

Ma proviamo a guardare le cose dal punto di vista di una istituzione finanziaria che operi con strumenti di debito (una classica banca commerciale o investitore in titoli di debito) e che non voglia “impicciarsi” di “Progetti strategici, Business Plan e rivoluzioni strategiche”. Il ragionamento di una tale Istituzione Finanziaria che non voglia impicciarsi potrebbe essere: vado a cercare imprese ben capitalizzate e ad esse faccio debito. Ma non funziona: anche se le imprese sono ben capitalizzate, se non producono utili, la loro capitalizzazione è destinata ad esaurirsi. Allora il ragionamento potrebbe diventare: vado a finanziare imprese che sono capitalizzate e producono utili. Ma qui si cade in contraddizione. Infatti, se producono utili è probabile che non abbiano bisogno di indebitarsi. Detto con il linguaggio degli investitori: l’asset class costituita da imprese che sono capitalizzate, producono utili e cercano risorse a debito rischia che sia vuota.

La conclusione è che oggi una istituzione finanziaria, non può oggi non impicciarsi di “Progetti strategici, Business Plan e rivoluzioni strategiche”.
Fino ad ora abbiamo lasciato il discorso a livello tecnico, ma proviamo ad allargare la prospettiva. Le istituzioni finanziarie sembrano impegnate a far di tutto, anche i ragionamenti più arzigogolati, per non impicciarsi di “Progetti strategici, Business Plan e rivoluzioni strategiche”.
Ma, al la di ogni ragionamento tecnico (pur rilevante), queste istituzioni finanziarie pensano davvero che possa sostenersi una economia che non si orienti al futuro? Che rimanga sempre uguale a se stessa? Che la quantità di capitale disponibile oggi abbia una qualche influenza sulla capacità di restituzione nel futuro delle risorse finanziare prese a prestito? 
Pensano davvero che il problema del futuro non le tocchi?
La riposta a tutte queste domande è inevitabilmente. No!

Allora la conclusione è inevitabile: le istituzioni finanziarie debbono impicciarsi prioritariamente di “Progetti strategici, Business Plan e rivoluzioni strategiche”.
Perché dovranno fornire risorse a debito solo ad imprese che si doteranno di Business Plan alti e forti che descriveranno come le stesse imprese si trasformeranno per aumentare la loro capacità di generare utili.
Questo significa che le Istituzioni finanziarie dovranno, necessariamente, dotarsi di nuove risorse cognitive e metodologiche per essere capaci di valutare la qualità dei Business Plan. Le nuove risorse cognitive sono le conoscenze di strategia d’impresa che oggi non sono nella disponibilità delle Istituzioni finanziarie. Le nuove risorse metodologiche sono costituite da metodologie di Rating dei Business Plan che pure non sono nella loro disponibilità.
Necessariamente, ma non sufficientemente, però. Le stesse conoscenze e metodologie di strategia d’impresa sono necessari agli imprenditori per poter progettare Business Plan alti e forti. Chi può fornire loro queste risorse cognitive? 
Lo possono fare, conviene loro sommamente farlo, le istituzioni finanziarie che forniscono risorse e servizi finanziari alle imprese. Limitandosi a valutare Business Plan rischierebbe di non trovarne alti e forti.

Ci si obietterà che per le istituzioni finanziarie quella che proponiamo e consideriamo necessaria è una rivoluzione. … Certo! E che pensano le Istituzioni finanziarie che il loro settore sia l’unico che non deve attivare rivoluzioni strategiche? 

Nessun commento:

Posta un commento