"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 18 giugno 2015

Tra fumo e arrosto, oroscopi e progetti...

...il futuro (che si potrebbe costruire) dell'economia italiana
di
Luciano Martinoli
Il 10 giugno scorso a Milano si è svolta la presentazione del IV Rapporto Rating Business Plan Aziende FTSE MIB e STAR quotate alla borsa di Milano.
Al di là del titolo, non si è trattato di una delle numerose ricerche della pagliuzza nell'occhio del ciclope; esercizio facile, viste le dimensioni dei soggetti, ma sterile. E non è stata nemmeno l'ennesima accusa di mancanza di questo o quell'adempimento, ufficiale o di buon senso (di "responsabilità sociale" direbbero alcuni), alla ricerca di un breve momento di visibilità mediatica o nei confronti delle aziende oggetto dell'indagine.
Nulla di tutto questo.
Lo scopo principale è stato, e continua ad essere senza soluzione di continuità, più profondo: aprire un dibattito, costruttivo e propositivo, sul tema della "progettazione del futuro" delle imprese, dunque del nostro futuro visto che a loro abbiamo dato in gran parte tale delega; a partire da quelle più grandi e visibili. A partire da quelle aziende "pubbliche" non perchè possedute dallo Stato (anche se ci sono alcune di loro) ma perchè, essendo quotate, sono possedute dal "pubblico", attraverso le azioni, e perchè emettendo obbligazioni richiedono ulteriori risorse dal pubblico (che poi di mezzo, in entrambi i casi, ci siano intermediari a vario titolo la sostanza non cambia: alla fine della catena ci sono i nostri risparmi).

Perchè le aziende quotate agli indici FTSE MIB e STAR?
Perchè, solo parlando delle 40 FTSE MIB, parliamo di aziende il cui fatturato agglomerato pesa più di un quarto sul PIL italiano (con la spesa pubblica; se la togliessimo ancora di più). Perchè da sole danno lavoro a più di due milioni di persone, che è vero che per alcune di loro si tratta anche di personale estero, ma è pur vero che con l'indotto locale il numero si raddoppia o triplica (o di più). Dunque parliamo della spina dorsale del sistema economico nazionale, il motore che, secondo le sue prestazioni, può dare non solo energia a gran parte dell'economia ma, ed è più importante, può orientare con forza e determinazione lo sviluppo del nostro paese. Insomma parliamo di quei "campioni" che hanno la possibilità (la responsabilità?) di progettare e realizzare l'Italia prossima ventura. I loro progetti, messi insieme, hanno la potenzialità di descrivere un tale disegno, introvabile in altri luoghi (perchè non esiste un Business Plan del sistema Italia).

Opinioni Errate
Il primo compito che si è affrontato nel dibattito è stato quello di sgombrare il campo dalle false convinzioni. Ha iniziato il Professor Miglietta con una efficacissima metafora: se il "fumo", la rappresentazione economico-finanziaria dell'attività d'impresa, è in qualche modo indicativo della presenza dell' "arrosto" da cui proviene, l'attività stessa aziendale, è il caso che tra i due ci sia un collegamento forte, di causa-effetto. In mancanza c'è il sospetto che si tratti di "fumo chimico", generato appositamente per far credere che si sia "arrosto buono e abbondante". Dunque il Business Plan NON E' SOLTANTO (perchè NON PUO' esserlo) una proiezione dei risultati del futuro partendo da poche, povere e confuse assunzioni, ma la conseguenza di una descrizione articolata e precisa dell'attività aziendale (e suo eventuale progetto di trasformazione, dunque un Business Plan che contenga descrizione strategica e sua trasformazione), dalla quale scaturiscono, in maniera quasi "algoritmica", le proiezioni.
Il secondo compito, al quale ha provveduto il mio collega Zanotti, ha chiarito il significato vero, anche dal punto di vista scientifico, del Business Plan: esso non è una previsione del futuro (per quello ci sono gli oroscopi!) ma una dichiarazione degli intenti strategici dell'azienda. Dunque non "cosa accadrà" ma "cosa vuoi fare tu". Rinunciarci, come vedremo accade, significa dichiarare o di essere in balia degli avvenimenti o rinunciare a profonde innovazioni radicali (perchè ogni cosa che dico me la copiano, dunque faccio cosa copiabili).

I Risultati
Ma l'indagine cosa ha mostrato?
Innanzitutto, rispetto agli anni passati, una maggiore apertura al tema da parte dei diretti interessati, che è poi il vero obiettivo di questa ricerca. Poi una situazione chiaramente prevedibile (la "crisi" non viene da Marte!): molti non dicono nulla, altri dicono ogni tanto, pochi dicono qualcosa (e potrebbero dire di più [per fare di più]). Anche stavolta è stato Zanotti a presentare questo spaccato. Il commento generale è che se il quadro di insieme ci da una immagine del futuro che vogliamo costruire, è un futuro non poco triste (e dunque crisi continua).

Il Significato
Un insieme di aziende in qualche modo rinunciatarie, chiuse su difese di posizioni o sul dialogo sterile (perchè autoriferito) e di corto respiro con la dimensione finanziaria, anche nonostante i possibili obblighi che potrebbero comportare le nuove normative del falso in bilancio, come ha ricordato alla tavola rotonda l'Avvocato Negri-Clementi.
Nemmeno la dimensione di "Responsabilità Sociale", che osservatori più attenti ed avanzati ormai indicano come il "terreno di coltura" delle attività di business" (e non le pur ammirevoli attività caritatevoli), è area di espressione degli intendimenti dell'azienda. L'attività d'impresa E' un'attività sociale in quanto si esprime all'interno della società e, anzi, contribuisce a dargli forma e a formarsi. Dunque è necessario superare alla radice la sclerotica separazione tra le attività verso gli stakeholder e la progettazione strategica: le prime sono un pezzo della seconda, come ha ricordato giustamente il Dott. Renna.
Un richiamo importante alla "passione", oggi più necessaria dei tecnicismi, all'apertura verso il mondo e ai nuovi strumenti necessari all'azienda è stato fatto dal Professor Lamborghini. Ma come questo approccio alla progettazione strategica indichi una via totalmente nuova da percorrere, superando conflitti ideologici e di interessi di parte, ne ha dato testimonianza il Dott. Sanna della CGIL.

La proposta
In fine abbiamo fatto una proposta, sempre affidata al buon Zanotti. E' una proposta che parte da un nuovo paradigma oggi più che mai necessario.
Se è vero che, da un lato, l'incertezza e la volatilità sono costanti del nostro tempo e che ricette e indicazioni precostituite non possono adeguarsi alla realtà contemporanea così complessa; ma, dall'altro lato, che viviamo nel periodo storico dove l'umanità gode del più elevato numero di innovazioni tecnologiche e del più alto livello di scolarità che l'uomo abbia mai conosciuto, allora il modo di "costruire il futuro" che vogliamo tutti deve "emergere". L'unico modo al momento noto per far emergere un futuro che vogliamo tutti (che poi è quello che è sempre successo nella storia) è la fornitura di conoscenza come metodo di governo (emergente).
Da queste considerazioni scaturisce una proposta, riassunta di seguito, che ha un illustre precedente proprio nel nostro paese: quel Rinascimento reso possibile con la riscoperta della cultura classica della società medievale.
Altre strade sarebbero lunghe e disastrose.



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