"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 10 settembre 2015

Come vanno i primi minibond?

di
Francesco Zanotti

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Ci siamo chiesti: ma come stanno andando le imprese che hanno emesso i primi minibond?
La domanda è legittima e la risposta significativa perché dalle prime emissioni sono oramai passati due anni che corrispondono a circa al 30/40 % della durata del prestito obbligazionario per queste stesse prime emissioni.
Poniamo la domanda in modo più concreto: le imprese che hanno emesso i minibond stanno aumentando la loro capacità di generare cassa in modo da riuscire a rimborsare i minibond nei tempi necessari?
Diciamo “stanno aumentando” perché l’obiettivo dell’emissione non era il mantenimento in vita di quelle imprese, ma il loro sviluppo.
I soldi sarebbero dovuti servire per fare delle “cose” che le avrebbero portate a produrre tanti soldi abbastanza (almeno) da riuscire a rimborsare il prestito.
Allora la domanda diventa: oggi, che le imprese devono aver fatto buona parte delle cose che hanno detto sarebbero servite al loro sviluppo, si stanno vedendo i frutti della fatica (delle imprese) e dell’investimento (dei sottoscrittori)?

Per cercare di rispondere a questa domanda, stiamo usando solo dati pubblici. Essi sono costituiti dai bilanci pubblicati. Non sono disponibili i Business Plan che hanno convinto i sottoscrittori di minibond a mettere mano al portafoglio. Certamente i sottoscrittori saranno in grado, disponendo dei Business Plan di fare meglio il punto di quanto accaduto e capire se il futuro permetterà alle imprese di rimborsare loro il prestito obbligazionario…
I primi risultati sono molto preoccupanti. Nei primi due anni le azioni svolte dalle imprese che hanno emesso minibond non sono state in grado di aumentare significativamente la loro capacità di generare cassa.
Saranno decisivi i prossimi anni. Ma quello che faranno le imprese nei prossimi anni dovrà essere realmente molto eclatante. Dovranno essere in grado di generare un improvviso e rilevantissimo aumento della loro capacità di generare cassa. Ci piacerebbe vedere i Business Plan in mano ai sottoscrittori … Ma detto questo ci viene in mente una domanda ancora più drammatica: questi Business Plan esistono? E se non esistono, i sottoscrittori su cosa si sono basati per decidere l’investimento? E come fanno oggi a decidere come sta andando il loro investimento?

Ci piacerebbe generalizzare il discorso alle ristrutturazioni del debito. E vedere non tanto quante promesse sono state disattese, ma la qualità di questa promesse. La qualità dei Business Plan su cui si è basata la decisione di ristrutturare il debito.


3 commenti:

  1. Francesco... leggo e rileggo il tuo articolo. Trovo le tue domande più che legittime ed ottimamente centrate.
    Minibond per la crescita. Minibond come strumento alternativo al sistema bancario che in questi anni ha creato e subito il credit crunch (ma questa è un'altra storia). Business Plan come strumento centrale della crescita e di conseguenza del Minibond. Business Plan come strumento di valutazione dell'investimento in Minibond.
    Ho qualche riflessioni:
    1. Le aziende sono in grado di formulare un Business Plan credibile? Hanno al loro interno le competenze per farlo? Le aziende stanno maturando un adeguato livello di cultura aziendale per rendere il Business Plan centrale nell'implementazione della loro strategia e per coinvolgere più funzioni aziendali?
    2. Perché una banca deve partecipare all'emissione di un Minibond? Il sistema bancario riesce o dovrebbe fare arrivare le risorse finanziarie ad un'impresa tramite il suo ruolo di intermediazione finanziaria: raccolta dei risparmi presso il pubblico e erogazione di risorse finanziarie ai propri clienti guadagnando sul differenziale dei tassi di interessi. In linea di massima mi sembra ragionevole che anche il sistema bancario possa offrire servizi in qualità di advisor nell'emissione di Minibond. Tuttavia vedo dietro questa partecipazione un forte moral hazard. Basilea III ha imposto alle banche forti requisti patrimoniali che, di fronte a scelte di impiego che a volte hanno logorato i bilanci, hanno accelerato il credito crunch e spinto le banche a rivedere le loro offerte commerciali.
    Ed ecco che la logica del Minibond viene stravolta. Immaginiamo (e perdonatemi le semplificazioni e le generalizzazioni) che la Banca X abbiamo una linea di credito aperta con l'azienda A (e altre aziende). La banca X potrebbe pensare a un miglioramento del proprio bilancio riducendo queste esposizioni verso le aziende. Perché non convincere l'azienda X a farsi finanziare dal mercato tramite un Minibond e farsi rimborsare il prestito con i soldi raccolti? la banca X ottiene una diminuzione dei propri impieghi, un minor stress per i proprio ratios, a livello di conto economico rileva dei ricavi per servizi/consulenze e si toglie il rischio di insolvenza del proprio cliente. Rischio che ricade sui mercati. Perché non farsi tentare da questo meccanismo? e l'azienda A? Non ha le risorse per fare nuovi investimenti e per crescere e potrebbe avere difficoltà a rimborsare il prestito.
    3. I sottoscrittori del Minibond perché hanno scelto questa forma di investimento? Trattandosi di investitori istituzionali mi aspetterei una maggiore attenzione proprio al Business Plan (se esiste) perché dovendo valutare la capacità di generare redditi e cassa nel futuro questo è lo strumento da analizzare. Forse penserò male, ma il sistema bancario italiano è molto autoreferenziale e chissà se anche questo abbia il suo peso sulle scelte di investimento.

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  2. Caro Fabio, grazie del tuo commento.
    Ti aggiungo qualche osservazione.
    Innanzitutto il business Plan serve a dichiarare cosa l'impresa vuole fare. Dalle sue azioni strategiche si capisce se genererà cassa o meno. Si capisce… Siamo riusciti a trovare un modo per collegare le scelte strategiche alla capacità di generare cassa solo dopo anni di ricerche. La cultura strategica esistente non permetteva di fare questo collegamento.
    Sia le nostre banche commerciali che le grandi banche internazionali posseggono solo una piccola parte di quella cultura strategica che è disponibile. E, come ho detto, essa non basta.
    Il tema dei minibond. Ci troviamo di fronte ad investitori che sono esperti nel costruire le operazioni, non nel capire se i soldi che prestano alle imprese saranno in grado di fari aumentare alle imprese la capacità di generare cassa.
    La cosa più triste è che sei fai presente la necessità di usare una nuova cultura strategica, sostenendo che è uno scandalo non conoscere neanche quella esistente ti trovi davanti ad una levata di scudi. Quasi come a dire: preferisco che saltino i bond sui quali ho investito piuttosto che ammettere che ho qualcosa da imparare.
    A causa di questo le prime emissioni di minibond sono a rischio. La nostra ricerca dirà di quanto. A due anni di distanza una delle prime emittenti di minibond è già saltata. E, se mi è consentito di esprimere un primo giudizio derivato dai risultati della ricerca che stiamo facendo le altre non stanno mediamente tanto bene.
    Credo che molte imprese saranno costrette a restituire i minibond non con la loro produzione di cassa, ma sostituendoli con altre fonti di finanziamenti: tornando alle banche o chiedendo agli azionisti. Il che vorrebbe dire il completo fallimento politico del progetto minibond che era finalizzato allo sviluppo delle imprese. Sperando che questo fallimento non costi troppo alla collettività.

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  3. Il business plan non rientra tra i documenti obbligatori per l'emissione di un minibond, nè per richiedere la successiva quotazione all'Extra-MOT PRO. E già questo la dice lunga, sul livello di preparazione tecnica del nostro legislatore. Ma anche quando si sente dire dagli investitori istituzionali nei pubblici incontri o seminari che il possesso di un rating certificato è indispensabile per una PMI in caso di emissione del minibond, scopriamo che la realtà è totalmente diversa. Leggendo i dati raccolti dall'Osservatorio Minibond by MIP di Milano, scopriamo che a settembre 2015, per le emissioni sotto i 50 mln di euro, ben il 76% delle stesse risulta privo di rating e l'82% delle stesse risulta priva di garanzie. Il dubbio resta tutto: ma sulla base di quali informazioni i sottoscrittori hanno deciso di finanziare queste emissioni senza rating, senza garanzie, senza un bp?

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