"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 20 ottobre 2015

Finanziarie Regionali e minibond: consapevoli dei rischi?

di
Luciano Martinoli


E’ notizia recente il sostegno, a vario titolo, di alcuni operatori pubblici locali all’emissione di minibond da parte di PMI del loro territorio. Andiamo dalla Sardegna, dove la SFIRS, finanziaria regionale, ha annunciato la costituzione di un fondo di garanzia, al Veneto, dove la locale finanziaria regionale insieme alle BCC hanno costituito un fondo apposta. E non è da dimenticare l’ennesimo annuncio della Regione Lombardia di strumenti a supporto in tale direzione dei quali, però, non sono ancora note le indicazioni operative tramite la Finlombarda, la finanziaria regionale.
Sono annunci certamente positivi ma i promotori di tali iniziative sono consapevoli dei rischi, così come delle opportunità di tali strumenti?
Come scongiurare i primi per perseguire i secondi?
E gli scopi sono per dispiegare strumenti per finanziare lo sviluppo o la sopravvivenza dei tessuti economici locali?

Iniziamo col ricordare il ruolo dei vari attori del mercato dei capitali. Essi sono soggetti il cui uno scopo è la cosiddetta “securitization” ovvero far diventare un’attività qualsiasi (proprietà societaria, crediti e debiti di qualsiasi specie e natura, ecc.) un titolo. La “qualità” del sottostante al titolo, nel caso specifico il progetto aziendale da finanziare, è tema di interesse relativo esclusivamente al periodo di tempo in cui esso venga collocato e passi di mano ad altro operatore. La finanza moderna infatti è un mercato di “secondo ordine” dove si scambia e si specula sulle percezioni di rischio, più che sui valori delle proprietà, e i beni reali sono solo l’oggetto delle valutazioni di tale rischio. Giusto per dare un esempio: è prassi del mercato finanziario, laddove il sottostante deperisca o in previsione di questa possibilità, effettuare eventuali operazioni di successiva cartolarizzazione per “diluire” il rischio, così come la costituzione di derivati. I nuovi “oggetti finanziari” potrebbero così essere ancora negoziabili, anche se determinerebbero potenziali bolle destinate a scoppiare con le conseguenze tristemente note a tutti.  

In questa modalità operativa è evidente che si perde il senso del fare impresa, soprattutto in un periodo di grande cambiamento. Si spreca denaro pubblico senza alcun beneficio sostenibile per l’impresa. O, detta in altri termini, non è principale interesse della finanza valutare le possibilità di sviluppo dell’economia ma, viceversa, è opportunità dell’economia usare la finanza per il proprio sviluppo. E’ l’economia che deve indirizzare ed usare la finanza altrimenti sarà la finanza ad usare l’economia.
Una dimostrazione di come questo davvero possa accadere è l’esplicito riferimento a “finanziamento circolante” e “pagamento di fornitori, stipendi e imposte” come uso delle risorse raccolte dalle emissioni di minibond comparso in uno di questi annunci. Sono affermazioni che la dicono lunga sulla “bocca buona” di taluni investitori in merito al loro interesse a valutare le reali possibilità dell’emittente a far fede ai suoi impegni di “sviluppo” (che dovrebbero essere sempre descritti in Business Plan pubblicamente disponibili, a maggior ragione considerando l’intervento di attori pubblici). Tale interesse diminuisce ulteriormente alla presenza di un generoso sistema di garanzie, che più o meno tutti gli attori pubblici prima o poi si predispongono a realizzare, che rende la “securitization” più facile e sicura e lo smercio del titolo più fluido.
Ma soprattutto sta a significare che si intendono i minibond, da parte dei promotori pubblici, come strumento di pura sopravvivenza dell’impresa. Ma una pura sopravvivenza dalla quale non ci si può attendere un nuovo sviluppo. Anzi è destinata a sperperare le garanzie pubbliche e il pubblico risparmio

Dunque, in presenza di tali circostanze, non deve meravigliare l’interesse dei vari operatori dei mercati finanziari. Il rischio, reputazionale e politico, è tutto dei fornitori di garanzia nel caso di default delle emittenti. Infatti non è nella pratica di business degli operatori finanziari la negoziazione di morosità per l’interesse dei territori o di singoli soggetti in difficoltà. Giusto per dare un esempio: al mancato pagamento di una cedola di minibond il titolo, se quotato al mercato ExtramoPro di Borsa Italiana, viene immediatamente ritirato e non è più negoziabile.
Quanto facile, e infondato per aver trascurato alcuni importanti “fondamentali”, entusiasmo abbiano generato le prime emissioni è inoltre dimostrato da una nostra recente ricerca di prossima pubblicazione (di cui anticipiamo un primo dato: degli 11 titoli emessi da aziende non finanziarie, disponibili sul mercato ExtramoPro di Borsa italiana al 14 febbraio 2014 per importi inferiori ai 25 milioni, uno non è più in negoziazione in quanto l’azienda ha fatto ricorso al concordato preventivo e, di conseguenza, non ha pagato la cedola).  

L’unico modo affinchè i promotori pubblici scongiurino il rischio, trasformandolo in reale opportunità di sviluppo, è PARTIRE dalla qualità del sottostante che, nel caso dei minibond, è costituita dalla bontà della progettazione strategica rappresentata in Business Plan. Detto in altri termini: predisporre attività di qualità da sottomettere al mercato dei capitali. 
Non si tratta di accertarsi della qualità di una operazione editoriale (il Business Plan), come comunemente si pensa. E nemmeno della verifica di coerenza dei risultati numerici prospettici. Ma della verifica degli intenti strategici di business (il progetto dei comportamenti aziendali) , e la loro coerenza, che è la fonte primaria del successo o meno di una qualsiasi attività ordinaria e, a maggior ragione, straordinaria d’impresa.

Tale dimensione, spesso dimenticata o data per scontata nelle capacità dell’imprenditore di “successo” (passato!), va esplorata e rappresentata ma, trattandosi di progetto, può anche essere stimolata al miglioramento per arrivare a quell’unico parametro di interesse generale: l’aumento della capacità di generazione di cassa dall’attività caratteristica dell’impresa. Come si può intuire si tratta di un ambito d’indagine e stimolo che non rientra nelle capacità degli operatori finanziari di qualsiasi genere (banche d’investimento, arranger, lead manager, sponsor, ecc.).
Cionondimeno è di fondamentale importanza che i promotori pubblici si avvalgano di tali competenze di qualificazione e stimolo strategico. Ne va dello sviluppo reale, e non la semplice sopravvivenza, delle imprese e della loro reputazione. E scongiura il rischio di essere usati dalla finanza invece di usarla.

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