"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 15 gennaio 2016

Renault, Volkswagen e gli altri: le imprese che diventano Istituzioni

di
Francesco Zanotti

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Da un po’ di tempo i nostri post affrontano il problema del settore auto.
I problemi di Renault sono l’occasione per tentare, partendo dal settore auto, di fare un discorso generale sul fare impresa.

Tutti gli analisti affermano che i produttori di auto si trovano schiacciati tra le esigenze contrapposte di tutela dell’ambiente e dei clienti che vogliono spendere sempre meno.
Quale soluzione propongono? Un processo di consolidamento del settore: player più grandi che riescono a fare gli investimenti necessari per affrontare le sfide ambientali e per ridurre i costi in modo da poter ridurre i prezzi. Ovviamente, anche se non lo si dice, il successo di questo processo potrebbe necessitare di finanziamenti pubblici (leggasi: aiuti di Stato, forse di tutti gli Stati), ad esempio, per favorire la rottamazione delle auto più inquinanti.
Ebbene, questa soluzione porta ad una istituzionalizzazione del settore auto. I produttori di auto generati dal processo di consolidamento diventeranno istituzioni perché diventeranno sempre più significativi per l’occupazione che “forniscono” alla società. E diventeranno sempre meno rilevanti gli oggetti che producono. Le poche imprese di auto che rimarranno diverranno “istituzioni”. Istituzioni keynesiane che servono a scavare e poi riempire buchi per poter far lavorare le persone.
Le stesse dinamiche e proposte stanno emergendo in tutti i settori economici. Il caso delle banche è eclatante. Il loro processo di Istituzionalizzazione (re-istituzionalizzazione?) è esplicitamente evocato.

Esiste uno scenario alternativo? Certo! E si tratta di uno scenario imprenditoriale.
Esploriamo nel settore auto.
I produttori di auto dovrebbero partire dalla visione di un modello di società futura all’interno della quale sviluppare una proposta di modalità e strumenti di trasporto di persone e merci che sia ologramma di questa società futura. Queste visioni e proposte non potrebbero ovviamente essere concepite da qualche guru di tecnologia o di marketing, ma dovrebbero nascere da un dialogo progettuale di tipo strategico con tutto l’ecosistema di persone e attori che vive dentro e introno al settore auto.
Detto diversamente, i produttori di auto dovrebbero diventare i catalizzatori di una nuova progettualità sociale.
Lo stesso processo di “imprenditorialità sociale” dovrebbe essere avviata in tutti gli altri settori che si stanno incamminando verso quella istituzionalizzazione Keynesiana che è la negazione del fare impresa.

La sfida del fare impresa, allora, non è più tecnologica, ma di conoscenza. Le imprese (grandi e piccole, manifatturiere o di servizi, finanziari e non) devono disporre delle conoscenze  delle metodologie per avviare e coordinare una nuova, complessiva, intensa e profetica progettualità sociale. Ma chi lo dice agli attuali manager del settore auto e degli altri settori?


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