"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 2 novembre 2016

Macroeconomia revisited 1a puntata

di
Francesco Zanotti

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La macroeconomia ha bisogno di una profonda riscrittura … Proviamoci cercando di ricavare qualche nuova idea sul governo dell’economia

La macroeconomia è sostanzialmente una teoria dell’equilibrio tra domanda ed offerta che, però, considera la produzione il driver fondamentale della domanda. Nel senso che è l’aumento della produzione a generare un aumento della domanda.
La crisi che stiamo vivendo ha messo in dubbio questa teoria perché si è verificato un calo della domanda che precede (non è generato) dal calo della produzione.
Tanto è vero che, come riporta Ricardo Franco Levi sul Corriere del 2 novembre 2016, Janet Ellen alla sessantesima conferenza annuale della Federal Reserve Bank of Boston si chiede come sia possibile che un persistente calo della domanda possa causare un danno permanente all’offerta. Le sembra incredibile.
Costretta dai fatti ad accettare che quanto si pensava impossibile sta accadendo, si chiede, allora, se sarà vero che, spingendo con forza sulla domanda, si potrà davvero accrescere la capacità produttiva, stimolare investimenti e nascita di nuove imprese, aumentare l’occupazione.
Ma sembra che nessuno sappia rispondere, tanto che l’Autore dell’articolo sostiene che ci vorrebbe un nuovo genio alla Keynes per capirci qualcosa.

A me sembra, però, che non servano geni. Basta guardare un po’ più nel profondo. Mi sembra che l’attuale disagio della macroeconomia possa trovare una facile soluzione abbandonando la teoria dell’equilibrio
La crisi attuale è una crisi da perdita di senso. Più prosaicamente, essa è dovuta alla noia: i prodotti offerti dalle imprese interessano sempre meno. Aumentare la capacità produttiva e la produttività del lavoro non aumenta la domanda, ma accelera la virulenza della competizione di prezzo che deprima la capacità di generare cassa delle imprese. Ad aumentare la domanda non basta neanche aumentare la liquidità disponibile. Finisce nella finanza e non nell’economia.
Due corollari a questa visione.
Il primo è che è il dato più importante per capire se aumenta o diminuisce la capacità di generare valore di una impresa è la sua capacità di generare cassa, non il fatturato. Ora, la capacità di generare cassa inizia a deprimersi molto prima che inizi a calare il fatturato. Se oggi sta calando la capacità di generare fatturato questo significa che la capacità di generare cassa è iniziata molto prima. E il fatto che non ce ne siamo accorti ha generato il fenomeno degli NPL.
Il secondo è che il PIL può essere sottoposto ad una critica più profonda di quelle, pure sensate, vnano per la maggiore. Un aumento del PIL può essere compatibile con una perdita della capacità di generare casa delle imprese. Ed è anche compatibile con una perdita di reddività delle imprese. Detto diversamente, ad aumentare il PIL possono contribuire con lo stesso ruolo sia imprese che assorbono cassa, sia imprese in perdita. Il PIL non vede né gli utili né la cassa.  
Tornando al “teorema” principale, per aumentare la domanda è necessario innovare radicalmente l’offerta. Superare il problema della noia. Immaginare prodotti che abbiano lo stesso significato esistenziale che avevano la lavatrice o il frigorifero prima, ai tempi del nostro miracolo economico.
La chiave per riuscirci è avviare una nuova stagione di progettualità imprenditoriale che costruendo oggetti, imprese e infrastrutture radicalmente nuove, genera una nuova domanda alta, forte e sana.

La liquidità potrà così essere indirizzata a finanziare i nuovi progetti imprenditoriali.

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