"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 20 febbraio 2019

Miti e ingenuità: Imprenditorialità e territorio

di
Luciano Martinoli
luciano.martinoli@intellegit.it


Spesso nelle interviste agli imprenditori, ma ancor più spesso si tratta di manager, viene evidenziato il legame che l'azienda ha col territorio e come contribuisca al suo sviluppo. Immediatamente il pensiero corre ad Olivetti, l'intervistato di turno si dichiara, o lo fa l'intervistatore, un seguace del pensiero di Adriano e ci si lascia con la bocca aperta dalla meraviglia per aver trovato un imprenditore "illuminato".

Memoria corta, e scarsa frequentazione della bibliografia sull'argomento, sono le cause di questa ingenuità che se è innocua per chi ne è oggetto crea, in modo più pericoloso, la falsa convinzione che il legame azienda-territorio sia un'eccezione e non la regola per far impresa. Forse allora più che andare a caccia di imprenditori "illuminati" sarebbe opportuno cercare e recensire quelli "spenti" che ritengono il fare azienda un fatto privato mirato unicamente al loro tornaconto.

Nel 1778, 123  anni prima della nascita di Olivetti, Ferdinando IV di Borbone decise di erigere un ospizio per i poveri della provincia di Caserta presso il quale assegnò un opificio per non tenerli in ozio. A tal scopo fece giungere sul posto delle imprese dal nord Italia. La colonia crebbe rapidamente così che si decise di costruire ulteriori edifizi per migliorarne le funzionalità tra i quali una parrocchia, degli alloggi per gli educatori e dei padiglioni per i macchinari. L'istruzione tecnica degli operai era affidata al Direttore dei Mestieri ciascuno per ogni genere. Ancora oggi alcune aziende seriche continuano la tradizione di eccellenza iniziata allora. 

Nel 1799, 101 anni prima della nascita di Olivetti, Robert Owen, avviò a New Lanark (Scozia), uno stabilimento per la filatura della lana in cui i bambini lavoravano meno e andavano a scuola e tutti i dipendenti vivevano in alloggi con acqua pulita, potevano comprare prodotti a prezzi ridotti, disponevano di una biblioteca e di uno spazio ricreativo e usufruivano di una sorta di assicurazione sociale.

Nel 1878, 23 anni prima della nascita di Olivetti, sulla riva dell'Adda, in provincia di Bergamo, nacquero la fabbrica e il villaggio di Crespi d'Adda per volontà della famiglia di industriali Crespi. L'idea era di dare a tutti i dipendenti una villetta, con orto e giardino, e di fornire tutti i servizi necessari alla vita della comunità: chiesa, scuola, ospedale, dopolavoro, teatro, bagni pubblici. (La foto è del villaggio di Crespi d'Adda).

Luisa Spagnoli, fondatrice della Perugina, nel primo dopoguerra si spese per migliorare le condizioni dei propri dipendenti, in particolare le donne. Asili nido, e spacci per consentire alle stesse, all’interno dell’azienda, di fare la spesa per la propria famiglia.

Mi fermo qui ma la lista potrebbe continuare e citare centinaia di storie simili in ogni parte del mondo. Dunque senza nulla togliere, anzi, alle capacità e la visione di Olivetti, è "normale" che un imprenditore si prenda cura delle persone e del territorio circostante in quanto costituiscono l'ambiente dal quale trae la linfa vitale che consentirà all'azienda di prosperare.
Laddove l'azienda impoverisce il contesto circostante, ci troviamo di fronte ad una anomalia che va riconosciuta ed evidenziata per tempo prima che generi i tristi disastri ai quali siamo abituati.

Prima ancora delle interviste, dovrebbero essere i "progetti di futuro" dell'azienda a svelare la loro normalità o meno. Quei progetti di "senso" che chiedono gli investitori, pochi: come Larry Fink, e che ignorano le amministrazioni, la politica e i sindacati tranne poi ricordarsene a disastro avvenuto. 

A quando dei periodici reportage su aziende con imprenditori e manager "spenti"?

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