di
Francesco Zanotti
Cominciamo a fare l’elenco …
Le parole da non usare più (hanno generato la crisi attuale) sono: capitalismo, socialismo, economia di mercato e competitività. Esse hanno generato la crisi attuale e ne stanno impedendo la soluzione.
Le parole da usare: imprenditorialità aumentata, conoscenza e metodo. Sarà attraverso di esse che si potrà tornare a costruire sviluppo.
Le righe seguenti evidenzieranno l’esigenza di una nuova imprenditorialità aumentata, indicheranno un percorso per praticarla ed, alla fina, sia pur brevemente, indicheranno alcuni strumenti già disponibili per chi si fosse stufato di una competitività che distrugge imprese, persone e socialità.
L’imprenditore come demiurgo di una nuova società
L’imprenditore non è un “proprietario” che investe e possiede i mezzi di produzione. Non è neanche un manager che pianifica e “maneggia”. E’ un demiurgo di nuove società.
L’imprenditore si pone di fronte alla realtà, alla natura e alla società, in un modo tutt’ affatto particolare: con la sindrome di Dio. Intendo dire: con la voglia di costruire un mondo a sua immagine e somiglianza.
Ponendosi in questo modo di fronte alla realtà esterna, e, proprio solo perché si pone in questo modo di fronte ad essa, l’imprenditore scopre che è ricca di potenzialità di divenire. Cioè: ricca di esigenze immature, incerte, embrionali che possono concretizzarsi in mille modi e, quindi, di mondi diversi e, spesso, mutuamente escludentesi.
E, poi, scopre che è straricca, sempre più ricca, di tecnologie dalle mille prestazioni possibili, che sembrano fatte apposta per trasformare le potenzialità di divenire della società in concreti nuovi mondi.
L’azione imprenditoriale: un processo di creazione sociale
L’imprenditore, novello demiurgo, di fronte all’universo di potenzialità che può potenzialmente cogliere, sceglie quelle che considera più vivide, che vede più chiaramente, che lo emozionano di più.
Forse nel passato era meno vero, ma oggi lo è di certo: il limite dell’azione imprenditoriale non sta nelle potenzialità di divenire che emergono dalla società, che sono praticamente infinite. Forse un po’ sta negli strumenti progettuali (la cultura d’impresa) oggi disponibili per attualizzare queste potenzialità. Ma, soprattutto, sta nello sguardo dell’imprenditore, nella sua vastità, profondità ed audacia.
Ad ogni modo, nei limiti permessi dal suo sguardo egli immagina una sua proposta di prodotto o servizio usando alcune delle prestazioni potenziali delle tecnologie che riesce a vedere e comprendere.
La sua proposta è inevitabilmente incompiuta, ma, se riesce ad essere emozionante, mobilitante, allora attiva un dialogo tra il mondo interno (l’organizzazione che l’imprenditore ha creato intorno a sé) ed il mondo esterno all’impresa.
E’ questo dialogo che fa “maturare”, concretizzare, precisare le mille esigenze potenziali in esigenze definite, le mille potenzialità delle tecnologie in un prodotto che soddisfa queste esigenze e le mille potenzialità organizzative in una organizzazione specifica capace di costruire con efficienza e vendere quel prodotto.
In sintesi, credo si possa dire che l’azione imprenditoriale è un processo di creazione sociale. Ma di cosa?