di
Francesco Zanotti
Questo post è indirizzato a tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo del nostro sistema di PMI perché sono convinti che esso sia essenziale per lo sviluppo economico-sociale complessivo. In primis, gli imprenditori. Ma poi anche, almeno, le banche e i sindacati.
Ma non è un documento piagnucoloso, come è di moda di questi tempi. E’ un documento per uomini “liberi e forti”. Che hanno coraggio e passione per lo sviluppo economico sociale complessivo.
Certamente oggi viviamo una crisi che sembra aggravarsi ogni giorno di più, investendo ogni angolo del nostro vivere sociale. Altrettanto certamente non stiamo riuscendo a costruire lo sviluppo che desidereremmo e servirebbe. Non sappiamo più neanche se lo sviluppo è possibile. O, addirittura, se lo desideriamo.
In particolare è in sofferenza il sistema delle PMI che costituisce l’asse portante del nostro Sistema Paese.
Di fronte a questa situazione, però, occorre avere il coraggio di non cercare colpe esterne: crisi internazionali, crisi finanziaria, crudeltà della competizione, sfascio del sistema paese, irresponsabilità della politica.
Occorre avare il coraggio di riconoscere che, se lo sviluppo non è alto e forte, questo dipende dalla inadeguatezza delle visioni e degli strumenti con cui gestiamo il presente e progettiamo il futuro.
In particolare occorre avere il coraggio di accettare che la sofferenza del sistema delle PMI è generata, anche se sembra paradossale, dai comportamenti strategici delle imprese e dalle carenze del sistema di servizi che dovrebbero supportarle. Comportamenti e sistemi di servizi benedetti dagli “illuminati ed autorevoli” economisti e giornalisti negli ultimi 20 anni.
Insomma, occorre avere il coraggio di riconoscere che ci siamo tirati e ci stiamo tirando la zappa sui piedi. Una zappa pesantissima, centrando proprio un indifeso alluce.
Occorre intraprendere la fatica del coraggio, ma è una fatica immediatamente feconda.
Dopo pochi passi sulla strada del coraggio, ci accorgiamo la situazione è molto migliore di quanto ci possiamo immaginare.
Infatti, se la crisi è generata da forze esterne a noi, allora noi qui ed ora non possiamo fare nulla. Possiamo solo attendere che passi e nel frattempo attendere (sempre attendere) che le banche, i Governi nazionali o le istituzioni internazionali ci difendano permettendoci di aspettare, vivi, la fine della crisi e il rinvigorirsi delle “Magnifiche sorti e progressive”.
Se, invece, la crisi è generata da noi, allora diventa immediatamente risolubile. Basta, innanzitutto, eliminare i comportamenti strategici negativi. Cioè smetterla di tirarci la zappa sui piedi.
Ed avviare comportamenti strategici positivi.
Per “scovare” i comportamenti negativi e scoprire come attivare comportamenti strategici positivi, è indispensabile usare quell’insieme di conoscenze, modelli e metodologie che possiamo sintetizzare nell’espressione “Cultura strategica”. Si tratta di una cultura alla quale noi stiamo dando un contributo decisivo in termini di “potenza” ed “efficacia”.
Invitiamo imprese, banche e sindacati a prenderla in considerazione come strumento principale per costruire sviluppo.
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