"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 20 febbraio 2018

Il destino delle reti (il caso Facebook)

 Un recente articolo del Wall Street Journal evidenzia le caratteristiche comuni delle "reti", tecnologiche e non, da un punto di vista storico. Un destino delle tecnologie o di noi umani che siamo chiamati ad utilizzarle?



Il parallelo è affascinante: Facebook, come l'Unione Sovietica o quella Europea, usando una nuova tecnologia si proponeva come struttura aperta e non gerarchica per distribuire potere. Dopo poco si è trasformata in una gerarchia verticale capace di disseminare informazione e propaganda accentrando quel potere che voleva dare a tutti. E' evidente che qui la tecnologia non c'entra, come giustamente riporta l'articolo del Wall Street Journal  che riporta alcune tesi del libro di Niall Ferguson "The Square and the Tower: Networks and Power, From the Freemasons to Facebook". 
E non si parla solo di Facebook ovviamente: stesso destino hanno avuto Youtube e altri social network.

La risposta a questa inevitabile deriva è, a detta dell'autore dell'articolo, tanto semplice quanto dimenticata: anche quando nuove tecnologie appaiono all'orizzonte, siamo sempre noi umani che le utilizziamo! 
Lo facciamo usando ciò che abbiamo in testa, le nostre visioni del mondo, le nostre "risorse cognitive", e se queste sono povere il risultato sarà una povera e banale implementazione della tecnologia, fosse anche la più potente mai vista al mondo.

Ecco perchè, ancora una volta, una tecnologia non può essere una strategia: è l'uso che se ne intende fare che determinerà, nel caso delle aziende, un lungo e longevo successo o un temporaneo vantaggio destinato a scomparire. 
Il dibattito mediatico nostrano però non si sofferma su questo aspetto, limitandosi alla amplificazione acritica di tutto ciò che è novità perpetuando il rovesciamento semantico del nuovo come "soluzione in cerca di problemi da risolvere". Non se ne vede traccia infatti nei progetti aziendali, nelle politiche di sviluppo, tese a incentivare il nuovo qualsiasi cosa esso produca (es. Industry 4.0), e nell'attenzione della stampa. Fino a scoprire troppo tardi, come nel caso di Facebook, che la montagna ha generato il solito già visto topolino (a beneficio di Zuckerberg e pochi altri e a danno della comunità).

Vi è un modo per tutelarsi e scongiurare tali pericoli? Certamente, basta dotarsi di "punti di vista" diversi e farsi, e fare, delle domande senza accettare acriticamente ciò che si vuole far passare. Basterà e sarà "virale" come l'affermazione della famosa favola: "ehi, ma Il Re è nudo!"


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