"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 16 maggio 2019

La vita è un cammino...

(...e quella dell'azienda pure. Una considerazione sistemica)
di
Luciano Martinoli
luciano.martinoli@gmail.com


Nell'ambito della teoria dei sistemi, e più in particolare di quelli autopoietici, uno dei concetti più sfuggenti, anche se evidenti, è quello della necessità di continuità delle operazioni del sistema affinche questo rimanga tale. In genere associamo la parola "sistema" alle macchine fatte da noi, che per questo vengono chiamati sistemi eteropoietici. In essi la necessità delle operazioni continue non esiste in quanto queste possono essere interrote e riprese in qualsiasi momento. Un computer o un automobile sono certamente sistemi ma lo sono senza dubbio quando "funzionano", sono accessi, i loro processi "girano" e assolvono i compiti per i quali sono stati costruiti. Anche se da spenti non svolgono tali compiti, nessuno li considererebbe per questo solo un ammasso di ferraglia o di elettronica.

Così non è per i sistemi autopoietici, in primis quelli viventi, come era arrivato a comprendere anche un sacerdote, Don Giussani (la cui affermazione che segue è riportata in un recente post di Stefano Pollini):

"Quello che facciamo è un cammino, ma facciamo fatica ad accettarlo e vorremmo arrivare subito.  Perché nessuno accetta che la vita sia un cammino? Perché abbiamo tutti voglia di morire e poca voglia di vivere"

Un computer si può spegnere e riaccendere a piacere, il sistema respiratorio umano, quello circolatorio, l'immunitario, ecc., se si fermano muoiono, portando al decesso l'intero organismo, senza nessuna possibilità di "riaccendersi". Respirare significa farlo di continuo, in alternativa il sistema si dissolve. La vita dunque, non solo quella biologica, è un cammino perchè vivere significa andare da qualche parte, non rimanere fermi, l'alternativa, come giustamente nota Don Giussani, è la morte, altre opzioni non esistono.

Le aziende sono sistemi autopoietici in quanto sistemi sociali e condividono le stesse dinamiche dei sistemi viventi. Certamente possono essere creati a partire da un atto di volontà, quello dell'imprenditore, ma il loro sviluppo dipenderà poi dalla struttura che si darà e dalla sua evoluzione. Nè più nè meno che la "creazione" di una vita biologica umana, un bambino, è un atto concreto dei genitori ma il suo sviluppo è autonomo rispetto alle loro volontà. 
La vita dell'azienda dunque è un continuo processo autopoietico che non può essere fermato, un "cammino" che ha bisogno di volontà interne che si confrontano di continuo con "l'ambiente" che lo circonda (i vari sistemi sociali: economico, giuridico, finanziario, organizzativo, ecc.) da cui trae energie vitali e stimoli per la sua evoluzione. 

Il post citato, che di fatto è un resoconto di un'intervista, riporta l'affermazione sul cammino per sottolineare l'importanza anche nelle aziende di dover intraprendere un percorso e non, come lamenta l'intervistato, "Vivere ogni ordine (di un cliente) come se fosse l'ultimo". 
Il dubbio, a fronte di quanto fin qui detto, è che si parli non di aziende vere e proprie ma di occasionali aggregazioni di capitali e persone per sfruttare un'opportunità del momento. Oppure che la voglia del camminare si è spenta e quindi si va incontro alla morte (che nel caso delle aziende significa licenziamenti, fallimenti dei fornitori, difficoltà dei clienti, crediti non esigibili dalle banche, tasse non pagate allo Stato, ecc.).

Dunque il cammino non come mezzo per raggiungere un scopo ma scopo stesso per muoversi verso un orizzonte che, come tale, non si raggiungerà mai perchè se così fosse non si camminerebbe più e il sistema azienda scomparirebbe.

Sorgono allora alcune domanda: come verificare che le aziende "camminino" verso un orizzonte e non semplicemente vadano a zonzo?
Come rimettere in "moto" quelle ferme o che vagolano in giro?

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