di
Francesco Zanotti
In due diversi momenti ravvicinati si è manifestata la voglia di reazione del mondo imprenditoriale.
Mi lasciate dire senza scandalizzarvi che rischia di chiedere un cambiamento solo gattopardesco? Inconsciamente gattopardesco, ma ugualmente cercato perché nulla di fondamentale cambi.
Imprese in marcia ..del tipo: armiamoci e partite! E chi deve partire è lo Stato e la Ripresa. Piccola battuta: per sollecitare lo Stato si può fare una marcia. Per sollecitare la ripresa, forse occorrerebbe alzare lo sguardo al Cielo …
Spero che appena letta questa tesi, il lettore imprenditore non decida di non proseguire, ma provi ad ascoltare le mie ragioni e controbattere … se lo farà scoprirà che la mia tesi non è proprio da buttare. Anzi forse indica una strada da percorrere …
Parto forse un po’ alla lontana, ma le idee nuove vivono nelle profondità dei pensieri, non nella superficialità dei media …
Innanzitutto ognuno di noi è dotato di un patrimonio di modelli di riferimento con il quale guarda la realtà e prova a progettare il futuro. Occhiali per guardare e strumenti per progettare. In parole povere: noi siamo i modelli di analisi e di ragionamento di cui disponiamo.
La prima osservazione è che le nostre classi imprenditoriali non cambiano schemi di riferimento da decenni. Certo che leggono e si informano, ma da coloro che usano gli stessi schemi di riferimento.
E come tutti sanno, chi ha occhiali verdi vedrà sempre il mondo verde, per quanto cerchi di aumentare la potenza delle lenti. Per il martello il mondo è fatto di chiodi e l’agire è picchiare martellate. Agire più intensamente, più volitivamente è usare un martello più grosso e poi picchiare martellate più forti.
Non cambiando gli schemi di riferimento, considerano la proposta strategica della loro impresa come l’unica possibile. E cercano di cambiare il mondo perché essa possa sopravvivere.
Se si chiede il rilancio degli investimenti pubblici, la semplificazione del fisco, la riduzione degli oneri amministrativi, le liberalizzazioni, un nuovo statuto del lavoro, si cerca di creare le condizioni per cui l’impresa possa continuare a sopravvivere senza cambiare la sua proposta strategica: il suo sistema d’offerta. O cambiarlo con qualche restyling tecnologico e commerciale.
Ma questa strategia non funziona. Per due ragioni.
La prima è concreta, forse banalmente concreta. Se sono un piccolo imprenditore che deve pagare gli stipendi e comprare materia prime, ma le banche non mi fanno più credito, che faccio? Attendo gli effetti (sperati) a lungo termine degli interventi richiesti allo Stato da Confindustria? Chiedo ai miei operai e fornitori di aspettare che tutte queste riforme vadano in porto? Lo Stato impone alle banche di farmi prestiti in modo che io sopravviva quando arriva questo lungo termine? Sì proprio quello nel quale ricorda Keynes, saremo tutti morti …
La seconda è che gli attuali sistemi di produzione, tipologie di prodotti e servizi sono sempre meno compatibili con la natura e sempre meno desiderati dai Clienti più sofisticati.
Allora la necessità prima è che le nostre classi dirigenti imprenditoriali progettino nuove identità alle imprese in modo da cambiare radicalmente la loro capacità di produrre valore (cassa). Per fare questo, però, devono prima cambiare i loro occhiali e i loro strumenti progettuali.
Come? Per rispondere a questa domanda parto dalla osservazione che gli attuali occhiali e strumenti progettuali hanno uno specifico fondamento: una visione del mondo che è sostanzialmente una caricatura della visione del mondo di Galileo che chiamerei “riduzionismo ideologico”.
E’ questo riduzionismo che mi fa scambiare la mia visione delle cose come “oggettiva” che mi fa credere che l’identità della mia impresa sia l’unica possibile.
Se sostituisco questa visione del mondo con la nuova visione del mondo che sta nascendo in tutte le scienze e che io credo abbia la sua formulazione più profonda nel pensiero quantistico, allora scopro un mondo diverso: fatto di mille potenzialità che il riduzionismo ideologico legge come minacce.
Questa nuova visione “quantistica” del mondo si concretizza anche in strumenti praticamente utilizzabili: una nuova cultura strategica. Intendo: nuovi modelli e nuove conoscenze per progettare la strategia d’impresa. I modelli e le conoscenze di strategia d’impresa sono quasi completamente non utilizzati. Non dico che le imprese non abbiano strategie, dico che gli strumenti (conoscenze e modelli) che usano per sviluppare sono troppo semplicistici e producono strategie fotocopia che certamente non diminuiscono la competizione. Se ne sono accorti anche i media. Nel numero del 23 maggio di affari e finanza Vittoria Puledda scrive un pezzo da titolo: "Banche, quei noiosi piani industriali fatti con lo stampino e senza qualità".
Usando le nuove conoscenze strategiche che partono da una nuova visione del mondo si potranno costruire Piani strategici emozionanti e differenzianti. Come lo sono stati quelli di tutte le grandi imprese di successo, quando sono state create e prima di diventare burocrazie industriali.
All’imprenditore che fino ad ora mi ha seguito, una sintesi: la vera riforma è quella della conoscenza che noi abbiamo . Dobbiamo dotarci di nuova conoscenza. Solo con essa sarà possibile dare origine ad una nuova ondata di imprenditorialità feconda.
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