Si moltiplicano le iniziative sul tema ma la domanda rimane sempre la stessa: la "sostenibilità" è un orpello per tener contenti (alcuni) investitori o un elemento di business dell'azienda.
La scusa per parlare ancora del tema questa volta la fornisce una recente indagine sulla sostenibilità delle PMI quotate eseguita dal sole24ore e pubblicata sul suo inserto del 25 novembre. Nonostante si siano avute risposte, con tanto di nomi delle aziende partecipanti all'indagine, il dubbio rimane.
Infatti, le aziende sono tartassate da adempimenti di vario tipo. Tali adempimenti rappresentano legittime richieste da parte di vari stakeholder interessati a conoscere quali saranno i comportamenti dell'impresa che li riguarderanno. La varietà di interessi, a volte contrastanti, crea un "coro stonato" di richieste alle quali le aziende si adeguano, obtorto collo, laddove e allorquando vengano ritenute utili se non addirittura indispensabili a compiacere questo o quell'interlocutore. Tutto questo rischia di far diventare richieste anche legittime e importanti, come certamente è il caso dell'ESG, fastidiosi disturbi al "business as usual".Ciò spinge alcune aziende a dribblare il problema rispondendo a richieste specifiche solo quando sollevate, dotandosi di consulenti esterni allo scopo o creando funzioni di staff che gestiscano tali "rogne". Il tutto senza che sia un vincolo, o meglio una guida, per l'azione del top management, nonostante impegni e proclami da loro firmati. In parole povere "il manovratore" si cerca di non disturbarlo più di tanto.
D'altro canto le aziende correttamente gestite ben sanno come "l'ambiente" di business sia multiforme (ESG ma anche la PA, la cultura, i media, ecc.) e quanto sia importante, per il successo dell'impresa, muoversi in esso coerentemente. Allora la soluzione a questo apparente paradosso è richiedere che le aziende rendano pubblici i loro Piani Strategici (tecnicamente Business Plan) dove verranno descritti le loro intenzioni future di comportamento di business che, necessariamente, dovranno comprendere anche, tra gli altri, i temi ESG. Solo da lì si capirà allora quanto l'azienda ne veda una risorsa o un vincolo, quanto sia percepita come una convinta e indispensabile necessità di business o solo un "lip service" per soddisfare lo stakeholder di turno.
Insomma il Business Plan come "spartito" guida per far cantare il coro degli stakeholder, tutti insieme e intonati, la canzone del business dell'impresa.
Insomma il Business Plan come "spartito" guida per far cantare il coro degli stakeholder, tutti insieme e intonati, la canzone del business dell'impresa.
Purtroppo dalle indagini che abbiamo condotto negli anni passati su questo tema (attraverso il Rating del Business Plan delle quotate FTSE MIB e STAR) tale esigenza non è sentita, considerando l'elevato numero di BP assenti, sopratutto nel segmento STAR. E laddove i BP sono presenti, questi sono di bassa qualità e i temi ESG sono "derubricati" e oggetto di comunicazioni separate, quasi che non facessero parte del core business.
Dunque bene l'indagine ESG, ma meglio ancora sarebbe la richiesta dei Business Plan, all'interno dei quali sono trattati i temi ESG, e un "giudizio" (Rating) di completezza e coerenza di tali documenti per verificare REALMENTE quanto ESG sia a supporto del core business o ne sia solo un (fastidioso) orpello.
E' ora che le aziende seriamente impegnate sul Social prendano le loro responsabilità dichiarando pubblicamente il loro impegno di business nel contesto sociale.
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