Guardare al passato per cercare di preservare il passato.
Proviamo oggi a capire cosa accadrà se si continuerà a guardare al passato. Accadrà che i manufatti prodotti dell’attuale sistema industriale saranno sempre meno interessanti. Questo genererà un calo strutturale e continuo della domanda. Che a sua volta renderà l’attuale capacità produttiva sovrabbondante e scatenerà una ipercompetizione.
Parentesi, una parentesi che svilupperemo nella serata dell’11 febbraio: attenzione la competizione non è una caratteristica del libero mercato, ma è la conseguenza del competere … Diceva il poeta “la strada la si fa con l’andare”. Parafraso io “La competizione la si costruisce competendo”.
Tornando a noi, la conseguenza della ipercompetizione la conoscono tutti, ma tanti cercano di nasconderla. In una ipercompetizione non si può sopravvivere. Essa genera la riduzione dei flussi di cassa delle imprese e, quindi, non solo l’impossibilità di remunerare il capitale, ma anche di pagare il servizio del debito destabilizzando il sistema finanziario. Lo scenario descritto cambierà da impresa a impresa … Allora sarà necessario imparare a valutare il rischio di rimanere legati al passato di ogni impresa e occorrerà avviare una opera di progettazione di un futuro decisamente molto diverso dal passato e diverso da impresa ed impresa. Cercando di evitare la manie di imitazione per cui nascono e scompaiono mode dagli effetti devastanti come il reengineering, la delocalizzazione, le fusioni etc. Tante tentazioni nefaste che cercano di scongiurare la fatica della innovazione profonda.
Ma di questa necessità di un nuovo e più intenso valutare, di un nuovo e più intenso progettare parleremo domani. Oggi proviamo a guardare da vicino lo scenario degenerativo, causato dal guardare e cercare il passato, che abbiamo brevemente descritto, che tutti in cuor loro conoscono, che moltissimi non vogliono ammettere.
Prodotti che interessano sempre meno
Quando nelle persone prevalgono i bisogni igienici, i prodotti che li soddisfano hanno anche un profondo significato esistenziale proprio perché il loro acquisto ed utilizzo soddisfano il primo ed imprescindibile livello di autorealizzazione dell’uomo: la sopravvivenza.
Quando, però, i bisogni igienici vengono soddisfatti ed emergono esigenze di autorealizzazione più sofisticate, l’acquisto e l’utilizzo del tipo di beni di consumo che stiamo producendo oggi perde sempre di più il ruolo di momento di auto realizzazione. I prodotti tendono ad assumere sempre di più solo un ruolo funzionale. Stiamo assistendo insomma ad una deriva di valore: da una intensa esistenzialità ad una normale funzionalità.
Sintetizzando: le persone stanno cercando (anche se con modalità acerbe e quasi costrette) di riprendersi in mano la loro vita in tutte le dimensioni del vivere. E sempre più si fanno domande di senso e sempre meno di quantità.
Le imprese “rispondono” a questa deriva cercando di arricchire i prodotti attraverso l’innovazione tecnologica, stilistica, comunicazionale e prestazionale, fino a farli diventare simboli di stili di vita. Fino ad oggi questa operazione di arricchimento ha funzionato così bene da riuscire a scatenare fenomeni di over consumo diffusi.
Oggi, però, questa “strategia” sta perdendo di efficacia. Anzi, la deriva della perdita di valore sta diventando drammatica: anche il ruolo funzionale dei prodotti si sta ridimensionando perché le persone scoprono che molte prestazioni funzionali che ritenevano indispensabili lo erano solo artificialmente.
Rivelatore di queste dinamiche è la sempre maggiore importanza che hanno i saldi. Questa sempre maggiore importanza rivela che sempre più persone pensano che i prodotti di vestiario stanno hanno perso di valore tanto che li si comprano sempre di più solo a saldo.
Altro fenomeno rivelatore è l’esplosione dei outlet che stanno isolando l’acquisto in luoghi artificiali, completamente sganciati dalla socialità comunitaria che caratterizzava i negozi di prossimità. Quasi ad indicare che l’acquisto sta diventando quasi un mestiere, inevitabile, ma non così carico di significati relazionali.
Ma il fenomeno più rivelatore colpisce quello che forse è il settore trainante di tutta l’attuale sistema industriale, quello dell’auto. Il settore dell’auto riesce a sopravvivere solo se si nutre di incentivi statali. Intendo dire che il fare auto sta diventando strutturalmente non più economico. Pigiando sull’efficienza e l’innovazione tecnologica i produttori di auto potranno cercare di spostare in là nel tempo il momento in cui sarà evidente che potrà sopravvivere solo se protetto a livello mondiale. Ma questo spostare servirà solo a ritrovarsi un problema ancora più grande quando si smetterà di fingere.
A causa di questo perdere di valore dei prodotti, l’atto stesso, il momento stesso dell’acquisto sta addirittura diventando momento di stress, di fatica perché la perdita di valore dei prodotti comporta che le persone possano disporre di risorse finanziarie sempre più scarse.
L’acquisto fine a se stesso: i professionisti dei saldi
Come ulteriore dimostrazione che i prodotti che l’attuale sistema produttivo rende disponibili stano perdendo di valore è che, per alcuni, diventa importante non quello che si compra, ma il come lo si compra.
Intendo dire che saldi diventano momento di gioco e quindi di autorealizzazione. Stanno emergendo i professionisti dei saldi che pianificano attentamente la corsa ai saldi usando tecnologie e strategie. Ad esempio: diversi partner di un gruppo partecipano a diverse code, stanno in contatto via cellulare, così da poter cogliere lo spettro pi ampio di opportunità.
Un calo strutturale e continuo della domanda
Da tutto questo nasce una conseguenza drammatica per le imprese: il calo della domanda della maggior parte degli attuali beni (di consumo e durevoli) prodotti dal nostro sistema industriale, al di là di eccessi e ritorni contingenti, è strutturale: deriva da disinteresse, quando non da fastidio, per quegli stessi prodotti e per i processi di acquisto. Questo processo non è ancora stato pienamente riconosciuto. Anzi, come abbiamo detto all’inizio, si ragiona al contrario: è la crisi finanziaria che ha spento la voglia di acquisto. Dobbiamo il più in fretta possibile riconoscere il calo di interesse per i prodotti tipici della società industriale era già in atto prima della crisi finanziaria. Essa ha certamente accelerato questo processo, ma l’uscita dalla crisi non significherà una ripresa generalizzata degli acquisti. Significherà un riaggiustamento del processo di calo.
che certo la crisi ha avuto l’effetto di deprimere i consumi.
La conseguenza inevitabile: una capacità produttiva sovrabbondante
Se cala in modo strutturale e continuo la domanda è chiaro che diminuisce il fabbisogno di capacità produttiva e si forma una capacità produttiva in eccesso. Ad aggravare l’eccesso di capacità produttiva vi è il ritardo con il quale si sta riconoscendo il calo strutturale e continuo della domanda che porta a creare sempre nuove imprese e ad aumentare le capacità produttive esistenti.
La conseguenza della conseguenza: la ipercompetizione
Gli spazi di mercato di vanno fatalmente riducendo mentre la capacità produttiva aumenta: non può che scatenarsi una competizione sempre più dura che nasce forse come competizione di qualità, ma, a causa del crescente disinteresse per i prodotti attualmente prodotti, diventa immediatamente una competizione di prezzo.
L’impresa schiacciata
Il risultato finale è che l’impresa viene schiacciata da un mercato che si restringe e da un prezzo che cala continuamente. Questo essere schiacciata le fa perdere quella capacità di produrre valore ed occupazione che sta al fondamento della società industriale.
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