Nel messaggio precedente abbiamo sostenuto che oggi chi fornisce risorse finanziarie ad una impresa è consapevole che occorre guardare al futuro, ma poi nella pratica guarda al passato.
Vediamo di approfondire questa tesi..
La crisi: uno squilibrio da eliminare
La visione predominante di quanto sta accadendo oggi è la seguente. Una crisi è esplosa nel mondo della finanza ed è stata causata da disfunzioni (malfunzionamenti) dei mercati finanziari, aggravati da comportamenti discutibili di troppi finanzieri. Questa crisi, se non si interviene tempestivamente, rischia di risuonare in tutta la società con echi devastanti. Intervenire significa eliminare i malfunzionamenti dei mercati finanziari e iniettare nel mondo della finanza una buona dose di etica. Se si fa questo tutte le disfuzioni della finanza si acquieteranno, non si ripercuoteranno nell’economia e poi nella società e si riuscirà a continuare quel cammino di crescita che il malfunzionamento ha improvvisamente interrotto.
La sfida del futuro, secondo questa visione, è, allora una sfida di sopravvivenza e ristrutturazione alla ricerca di continuità, di stabilità. Per far sì che il futuro si ricomponga nel passato che tutti conosciamo.
Si investe sul passato e sulla stabilità
Partendo da questa visione della sfida del futuro un investitore “saggio” cerca di investire nella conservazione, oppure, nella innovazione interstiziale.
Cerca di “mettere i suoi soldi” in imprese solide, che hanno avuto un passato glorioso, chiedendo che diventino più efficienti. Cerca di promuovere azioni di aggregazione, consolidamento. Se possibile, investe nei monopoli ancora in vita.
Se si tratta di una banca di credito ordinario, essa accetta di investire in nuove imprese “obtorto collo”, solo quasi per dovere sociale, perché “la tirano per la giacchetta”. Il finanziamento della innovazione è lasciato a investitori marginali ed individuali come i business angels, oppure ad interventi statali. La convinzione che la grande economia tutt’al più userà l’innovazione tecnologica, ma questa non sarà in grado di rivoluzionarne gli equilibri. Essi sono destinati a perpetuarsi in eterno … fino al prossimo fallimento, inatteso solo da chi proprio vuole conservare un passato che gli piace troppo per abbandonarlo.
Si valuta regolarmente solo il passato
Gli strumenti di analisi/valutazione utilizzati dalle istituzioni finanziarie guardano il futuro con gli occhi del passato.
Le analisi di bilancio
Lo strumento fondamentale per decidere se fornire o meno risorse a debito è, ancora, costituito dalle analisi di bilancio. Esse funzionano, però, proprio solo se valgono ipotesi di conservazione, continuità.
Infatti le analisi di bilancio servono per capire se una impresa è solida e se è andata bene nel passato. Ora la solidità dell’impresa è certamente una buona informazione di partenza. E’ un affermazione necessaria. Ma, in un ambiente di business dove il futuro sarà (dovrà essere) diverso dal passato, il sapere se una impresa è “andata bene” nel passato non è sufficiente. Anzi dovrebbe sollevare il sospetto che, proprio perché una impresa è andata bene in un mondo che non c’è più, rischierà di non riuscire ad andare bene in un mondo radicalmente diverso.
Vi sono poi anche da considerare le limitazioni intrinseche delle analisi di bilancio.
Alcune sono note, come il fatto che le analisi di bilancio risentono della “incertezza” dei bilanci stessi e del fatto che vengono disponibili non proprio in “real time”.
Altre forse sono meno note. La prima è che cercare mille indici permette di arrivare solo a conclusioni “sbocconcellate”: questi stessi indici non trovano sintesi se non in modi empirici e, spesso, neanche espliciti. La seconda: il bilancio è come il pollo di Trilussa. Infatti oramai ogni impresa è impegnata in più unità di business, ognuna delle quali ha degli economics specifici. Ma i diversi contributi delle diverse unità di business non sono visibili in un bilancio che propone solo un melange indistinto che impedisce ogni giudizio anche sul passato delle diverse unità di business. Figuriamoci sul loro futuro.
I sistemi di Ratings
I sistemi di ratings sono una evoluzione nella stretta continuità delle analisi di bilancio. Innanzitutto perché molti sistemi di rating si basano anch’esse su specifiche analisi di bilancio. E, poi, perché anche strumenti di rating che non si basano solo sulle analisi di bilancio, ma anche su analisi di altre aspetti della realtà dell’impresa (come le metodologie del tipo balanced score card) cercano di capire quanto sia valida l’impresa oggi. Quindi ipotizzano che il futuro non sia altro che una continuazione del passato.
Gli sforzi di valutazione
Chi ragiona non in termini di debito, ma di capitale, cioè chi fornisce risorse di capitale, chi compra, vende o fonde imprese, tenta di dare un valore complessivo all’impresa stessa.
Per ottenere questo risultato, la scienza della valutazione propone tre approcci: patrimoniale, economico e finanziario.
Tralasciamo di parlare del metodo patrimoniale, che è molto più adatto a valutare il valore di liquidazione dell’impresa, e guardiamo ai due metodi che vanno per la maggiore, ad esempio, nel mondo dell’M&A: il metodo dei multipli (economico) e il metodo del DCF (finanziario).
Il metodo più raffinato, sia come logica che come operatività, è certamente il DCF.
Nonostante la sua raffinatezza, anch’esso, però, si fonda sul passato. Infatti, come tutti sanno, il DCF considera come valore dell’impresa la somma dei flussi di cassa scontati di dieci anni nel futuro. Ma, come vengono determinati questi flussi di cassa futuri? Forse si parte da qualche descrizione del prodotto, del mercato e della organizzazione. Ma si tratta di descrizioni puramente “ornamentali”. I flussi di cassa futuri vengono determinati come estrapolazione (per il vero usando una strumentazione statistica “spannometrica”) dei flussi di cassa passati. Dobbiamo dire che si tratta di un metodo “retorico”. Tutti ne riconoscono una innegabile validità, ma, poi, nessuno lo usa. Si pensa che non li usi perché di troppo complesso utilizzo. Ma io aggiungerei che a sconsigliarne l’utilizzo pratico vi siano anche considerazioni di saggezza: che senso ha fare una grande fatica elaborativa quando la materia prima su cui si fonda il metodo (i flussi di cassa futuri) hanno scarsa affidabilità previsionale? Tanto vale allora usare il metodo dei moltiplicatori. E’ molto meno complicato, più intuitivo …
Il metodo dei moltiplicatori butta a mare tutte le foglie di fico è si dichiara apertamente legato al passato. Tutti lo conoscono: l’impresa vale un multiplo dell’EBITDA. E’ spudoratamente legato al passato perché parte dall’ipotesi che l’impresa produca lo stesso EBITDA scritto a bilancio per tanti altri anni quanti dichiarati dal multiplo. L’ipotesi esplicita è che l’impresa produca nel futuro lo stesso EBITDA del passato. Più legato al passato di così …
Gli sforzi di progettazione: business plan
Il business plan sembrerebbe diverso: orientato naturalmente a costruire il futuro. Ma questa apparenza scompare immediatamente quando si guarda la prassi con la quale si costruisce un business plan. Esso contiene anche una descrizione dell’impresa e qualche abbozzo di analisi strategica, fatta con strumenti come lo schema di Porter e la SWOT Analysis. Ma, poi, i “numeri” sono ottenuti, ancora una volta, estrapolando i numeri del passato sul futuro.
Le sublimazioni della conservazione: il binomio esperienza & competenza
In realtà, spesso, il vero strumento di decisione che viene utilizzato è l’esperienza. Si fa analizzare un’impresa di scarpe a chi ha, da sempre. lavorato autorevolmente nelle scarpe. Ma l’esperienza in un ambiente in profondo cambiamento (come è indiscutibilmente quello attuale) non è una buona consigliera: tende a non vedere proprio le innovazioni più importanti. Consapevolmente o inconsapevolmente, le persone con esperienza paragonano ogni proposta di futuro al loro passato. E così, sempre per definizione, non possono riconoscere la vera innovazione
Altra leggenda metropolitana è costituita dalla competenza del management. Come il talento a giocare a calcio, così i managers cercano di qualificarsi attraverso caratteristiche personali, per lo più innate. Questa pretesa ha dimostrato la sua dannosità proprio durante questa crisi. Essa ha rivelato che i manager bravi sono stati bravi solo a scalare il potere. Poi hanno ottenuto risultati quando tutti li avrebbero ottenuti. E non li hanno più ottenuti quando le cose sono andate male.
Nessun commento:
Posta un commento