di
Francesco Zanotti
Leggo un articolo di
Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera di oggi che riguarda gli scandali bancari.
Egli ritiene che il crescente
numero di scandali sia dovuto al fatto che il sistema bancario mondiale è “malato”.
Sostiene, poi, che esistono le cure (mettere nuove regole), ma pensa che non
esiste la volontà politica per metterle in atto.
Letto questo articolo,
mi sono accorto che viviamo una situazione paradossale: esiste una nuova
conoscenza che permetterebbe una nuova visione dei problemi e nuove soluzioni,
ma nessuno la considera.
In questo caso la conoscenza
è costituita dalla teoria dei sistemi autoreferenziali. Essa spiega che quando
si crea un sistema che si considera un’isola di pratiche e di competenze, esso
è destinato, inevitabilmente e contemporaneamente, a gonfiarsi e perdere di senso.
Genera inevitabilmente bolle.
Se ad un sistema di
questo tipo di applicano nuove regole, semplicemente si scatena un diverso tipo
di chiusura autoreferenziale. Si generano bolle in altro modo.
La soluzione? E’ quella
di far emergere il sistema di regole. Concretamente, non si tratta di imporre
nuove regole dall’esterno, ma di attivare un processo di progettazione sociale
di un nuovo sistema di regole. Più lungo e complesso? Beh certo più breve e più
efficace di un processo di imposizione di regole dall’esterno che dura
moltissimo tempo ed è, inevitabilmente, la famosa montagna che partorisce l’altrettanto
famoso topolino.
La visione e la
soluzione che permette la teoria dei sistemi autoreferenziali hanno anche il
pregio di evitare drammatiche derive conflittuali: dalli all’untore (politico o
finanziere che sia).
Bene, ma se esiste una
conoscenza che permette di guardare un fenomeno in modo diverso e di trovare
soluzioni evitando derive conflittuali perché non la si usa?
Perché abbiamo dato ai
giornalisti economici famosi l’etichetta di “esperti”. E gliel’abbiamo data proprio
per la loro capacità di scovare (veri o presunti, come quelli di manzioniana
memoria) untori. E così li abbiamo relegati in uno splendido isolamento che
significa autoreferenzialità. Un esperto non deve far domande, deve solo
fornire risposte. Ed è così assillato da continue domande alle quali deve dar
risposte che non si accorge che continua ad usare sempre lo stesso patrimonio
di conoscenze. Quelle di cacciatore di untori.
Se poi i problemi non
si risolvono, bene: si generano occasioni per altre domande alle quali si
continua a dare una risposta in termini di caccia al “cattivone”.
Il prof Minati,Presidente della Associazione Italiana per la ricerca sui sistemi ci suggerisce altri punti di vista che potrebbero aiutare ad affrontare il problema al di là della caccia all’untore e dell’imposizione esterna di regole.
RispondiElimina" Ancora più semplicemente è il contrasto tra singolo e doppio loop in cibernetica.
Si può regolare il primo loop come si vuole, ma per affrontare un fenomeno in cui è inefficace si devono cambiare le regole e non solo modalità di regolazione.
DYSAM ne è poi una successiva elaborazione.
In fisica vi sono aspetti classici e non-classici di uno "stesso" fenomeno.
La dinamica strutturale metterebbe in crisi l'identità stessa dei fenomeni e dei sistemi.
Aggiungo anche che una cosa è la modellizzazione multipla e dinamica -di natura abduttiva- dei fenomeni complessi in cui vi è emergenza di proprietà non-equivalenti ed un'altra l'invenzione, attivazione di emergenza.
Nel primo caso di tratta di imprenditorialità scientifica (uso e invenzione di modelli), nell'altro di invenzione e attivazione di processi (realizzare un 'verbo' in modo diverso e con tecnologie diverse, es. calcolare, trasportare, comunicare, cambiare la temperatura, riprodurre, ....).