di
Luciano Martinoli
Ha geografie, tempi, luoghi analoghi ai nostri. I suoi abitanti però hanno deciso di percorrere direzioni diverse, totalmente nuove rispetto alle nostre. Possibili ispiratori di nostri cammini originali? Forse.
Nel frattempo sono entrato in contatto con un corrispondente di questo universo il quale mi ha messo al corrente che anche nella loro Lombardia esiste l'Assolombarda. Anche loro hanno eletto di recente, come noi, il loro presidente il quale, come il nostro, ha fatto un discorso.
Eccolo
Dobbiamo creare un nuovo mondo
Autorità, gentili Colleghi
Sento una enorme responsabilità nel prendere questo incarico nel
difficilissimo momento storico che stiamo vivendo. Al tempo stesso, però, sono
motivato da grande entusiasmo. Come la nostra storia ci insegna, i momenti di
crisi profonda sono segni inequivocabili non di mali passeggeri, acciacchi per
i quali attivarsi nel trovare rimedi e riprendere la vita di prima, ma di
necessità di cambiamenti profondi, di ricostruzione di nuove identità.
Le evidenze di questo stato ci sono tutte e sono numerose, non
vi annoierò snocciolando cifre a tal proposito. I successi dei paesi vicini e
lontani, a mio avviso solo transitori e destinati col tempo a spegnersi, non
devono trarci in inganno. Ciò che noi per primi stiamo vivendo, in virtù del
nostro primato storico e culturale, è l’agonia di un modello di sviluppo che ha
fatto il suo tempo, quello della società
industriale.
Siamo grati ad esso, ci ha permesso di costruire il benessere e la tranquillità
di cui noi tutti abbiamo goduto e continuiamo a godere… almeno per un po’.
Ma adesso
non basta più, sta mostrando ogni suo limite, primo fra tutti il presupposto
di risorse infinite, clienti, mercati, risorse naturali, spazi di discarica,
ecc., di cui ha necessità per svilupparsi. Non può più essere il paradigma con
il quale costruire il progresso al quale la comunità umana, prima fra tutte
quella lombarda, anela.
Dobbiamo costruire un nuovo mondo!
Dobbiamo farlo noi, con le nostre forze, le nostre imprese,
così come abbiamo, in passato, costruito
il mondo industriale che, ripeto, ha esaurito le sue capacità di sviluppo.
Dobbiamo farlo noi, con l’aiuto dei nostri collaboratori, dei nostri clienti,
dei nostri fornitori e di tutti quegli attori che, dobbiamo prenderne
finalmente coscienza, sono stato il sostegno invisibile e silenzioso, ma
indispensabile, delle nostre imprese.
Essi non ci stanno accusando o ci stanno facendo mancare il
loro supporto per inspiegabili, misteriosi o ideologici capricci. Ci stanno lanciando, invece, un messaggio limpido, comprando sempre meno i
nostri prodotti e servizi, aumentando la conflittualità con le nostre attività,
facendo mancare le risorse finanziarie di cui abbiamo bisogno.
Essi ci stanno dicendo, in maniera sempre più chiara e ripetendolo sempre più forte:
vogliamo che costruiate un mondo nuovo e vogliamo che lo facciate VOI!
Non possiamo deluderli, né lasciare inascoltato il loro
desiderio. Mi piace pensare, e ho ragioni fondate per farlo, che è una
richiesta fatta prioritariamente a noi, “creatori di nuovi mondi” per
definizione, prima che alle classi politiche e sociali. E’ una responsabilità
che dobbiamo assumerci per intero; è un riconoscimento del primato che ci siamo
ricavati costruendo questo mondo e
che, in maniera più o meno diretta, in fin dei conti già governiamo.
Il sostegno di cui abbiamo bisogno, però, non è quello di
riforme, supporto economico, generica considerazione e accondiscendenza. Tutto questo
sarebbe utile se volessimo continuare a tenere in vita ciò che si sta
ineluttabilmente spegnendo.
Abbiamo bisogno di tutti gli stakeholder perché partecipino alla progettazione
delle nuove identità aziendali, che poi si trasformeranno in economiche,
finanziarie, istituzionali, sociali, di cui abbiamo urgente necessità.
Abbiamo bisogno di loro perché la complessità del mondo del terzo millennio
richiede un contributo di conoscenze e sensibilità che non possono albergare in
una sola persona, per quanto illuminata.
Affermando questo non sto diminuendo o negando la necessità del nostro ruolo, quello
di imprenditori e manager. Sto, anzi, indicando a tutti noi una nuova, e forse più
alta, missione: fornire strumenti e processi affinchè le enormi capacità
progettuali della società che ci circonda, e che già albergano all’interno
delle nostre aziende, possa liberarsi coerentemente con lo sviluppo autonomo
dell’uomo e delle comunità umane, e non a dispetto di essi come sta avvenendo
oggi.
E’ un cambio di rotta importante, che ridiscute la nostra
identità ma, proprio come dicevo prima, è esattamente ciò di cui abbiamo
urgentemente bisogno: costruire un nuovo mondo significa dare nuove identità, a partire da noi stessi.
Partire da noi, mettersi in discussione, acquisire nuove
conoscenze e strumenti che non siano “trucchi” più o meno sofisticati per fare,
o il più delle volte per “far fare agli altri”, meglio e prima ciò che abbiamo
sempre fatto. Conoscenze e strumenti che diano a noi personalmente nuove risorse
cognitive per guardare il mondo in maniera totalmente diversa.
Per creare un
nuovo mondo abbiamo bisogno di nuove conoscenze.
Non c’è tempo da perdere a riguardo, non è attività
secondaria da relegare a “quando avremo tempo”. Il tempo attuale lo stiamo scelleratamente
sprecando per correre dietro a problemi creati da noi stessi e che ne generano inconsapevolmente di
nuovi, che peggiorano ogni giorno di più l’attuale situazione, in una perversa
spirale che si alimenta da sola. Ora, più che mai, è il tempo di pensare, grazie
a nuove conoscenze, progettare e consentire a tutti di agire, lasciandoci sorprendere da ciò che gli altri sapranno esprimere.
Il mondo che dobbiamo creare non farà parte di classifiche,
in quanto esse non esisteranno ancora per esso. Non potrà essere esportato in
località più o meno esotiche per usufruire di bassi costi e mancanza di regole.
Esso avrà bisogno dei lavoratori lombardi che, grazie alle tutele di cui
godono, all’elevato standard di vita che si sono costruiti, alla loro
preparazione, sensibilità e cultura di altissimo livello, alla ricchezza del
territorio da cui traggono ispirazione e vitalità, sono gli unici a poterlo
costruire e sviluppare. Saranno i cinesi, gli americani, financo i tedeschi che
affolleranno le nostre imprese, le nostre università, le nostre strade per
imparare a costruire anche loro, nei loro territori, il nuovo mondo di cui
abbiamo tracciato il profilo. E’ questa, tra l’altro, l’unica risposta seria
all’attuale mancanza di lavoro.
Non ci deve quindi interessare la “competitività”, triste
agone il cui premio certo e la povertà di tutti i concorrenti: dobbiamo
smetterla di fare le cose che fanno già gli altri!
Dobbiamo ricostruire il significato profondo di prodotti e servizi fino a
dargli quella nuova identità che più volte ho citato.
Abbiamo una lunga esperienza nel costruire queste nuove
identità profonde. La nostra creatività non ha eguali nel mondo.
A tal proposito da più parti, e mi avvio alla conclusione, si invoca, spesso retoricamente e in modo vago, “un nuovo Rinascimento”.
Oggi disponiamo di mille nuove conoscenze, disperse, che potrebbero ispirarci
mille nuovi mondi. Ritengo che il compito della classe dirigente prossima
ventura, e della nostra associazione in particolare, sia quella di
identificarle, verificarle e renderle disponibili, in termini di strumenti di
immediato utilizzo intellettuale, a noi tutti: nuovo alimento per le nostre
menti, carburante per rimettere in moto le nostre capacità bloccate su schemi
obsoleti.
Intraprendere questo percorso porterà la Lombardia ad essere
riconosciuta come la patria del Nuovo Rinascimento, e stavolta quello non solo
italiano ma mondiale.
Il mondo nuovo che dobbiamo creare.
Grazie
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