di
Francesco Zanotti
.. ma facciamo scienza!
Oggi tutti sono felici (e a regione) per le due ragazze tenniste che hanno sbaragliato gli “Open” USA. Merito a loro ed alla organizzazione (famiglie comprese) che le hanno sostenute.
Ma non facciamone retorica imprenditoriale.
Oggi sul Sole24Ore Alessandro Merli (Un mix di qualità ed estro: così riparte l’economia) credo si lasci scivolare verso questa deriva. Soprattutto nella parte conclusiva.
Inneggia alla concorrenza tra le ragazze come fattore di successo.
E conclude che il made in Italy ce la può fare, ma solo con il talento, il sacrificio e il duro lavoro di Flavia e Roberta.
Attenzione, la concorrenza, intendendo questa parola in senso tecnico, è la sciocca metafora proposta da un furbetto del Management che si chiama M. Porter e che dai primi anni ’90 quasi tutti gli studi di strategia d’impresa stanno dimostrando non solo semplicistica, ma anche dannosa. Essa porta sempre a una competizione di prezzo che distrugge la capacità di generare cassa delle imprese. Un imprenditore che genera cassa non vince una competizione, ma produce e vende cose che non hanno concorrenti. Quando appaiono i concorrenti significa quello che fa non è più nuovo. E se non riesce a inventarsi ancora qualcosa di nuovo, ma accetta di competere, allora finisce nel buco nero della competizione di prezzo.
A meno che non si allarghi il concetto di competizione alla “naturale” predisposizione degli esseri umani a superarsi. Ma questa “naturalità” vale oggi solo per attività semplici come lo sport. L’arte non è mai competizione. Qualche volta gli artisti litigano come comari, ma i loro capolavori non sono mai in competizione. Sono “manufatti” che arricchiscono tutti insieme, cooperativamente, mi viene da dire, la Storia umana. Semplificando: non è che il “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” si metta in competizione con che ne so … con “I Sepolcri” con l’obiettivo che nei licei se ne legga uno solo.
Torniamo all’imprenditore. Ecco, il fare imprese che generano cassa è come costruire opere d’arte. Il problema della crisi è che gli imprenditori hanno smesso di fare opere d’arte. Si abbarbicano al passato nella folle speranza di poter competere. E le imprese non producono più cassa.
Ma allora si torna alla esortazione di Merli: qualità ed estro.
No, è necessario scoprire come è possibile far sì che i nostri imprenditori ritornino a costruire imprese opera d’arte e chi decide di investire nelle imprese sappia riconoscere le opere d’arte.
E la ricetta è semplice: occorre fornire loro nuove risorse cognitive. Esse sono come un linguaggio nuovo che può permettere agli imprenditori di poter poetare. Quali sono queste risorse cognitive? Sono le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa e la nuova scienza che sta emergendo dalla crisi delle scienze classiche.
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