di
Francesco Zanotti
Il Governo afferma che l’aumento evidenziato
dall’Istat del PIL sta ad indicare che “L’Italia sta ripartendo”.
E’ vero?
Per rispondere a questa domanda bisognerebbe
innanzitutto discutere della precisione dei dati disponibili, della loro
coerenza temporale etc. Il poter distinguere tra decimali (cioè affermare che
0,3 è significativamente diverso da zero) richiede strumenti e processi di
misurazione molto accurati. Ma lascio questo tema alla discussione degli
esperti.
Poi bisogna ricordare cosa contiene il PIL. La
formula è PIL = C + G + I +X – M.
Tra le cose che formano il PIL vi è, ad esempio,
anche “G” che è la Spesa dello Stato. Proprio quella che vorremmo diminuire. La
domanda è: quale di queste voci ha contribuito all’aumento dello 0,3 % del PIL.
Fa molta differenza se l’aumento dipende da una voce o dall’altra.
Ancora, bisogna capire se abbiamo qualche merito
in questo aumento del PIL. Soprattutto se c’entrano e perché dovrebbero c’entrarci
a breve (infatti stiamo parlando di una variazione a breve e discutiamo delle
cause di questa variazione a breve) riforme come la riforma istituzionale. Il
Presidente di Confindustria Squinzi sostiene esplicitamente che l’aumento del PIL
non è merito nostro, ma del calo del prezzo del petrolio, della svalutazione
dell’Euro rispetto al Dollaro e dal QE della BCE. Se è vero, cosa accadrà
quando questi fattori cambieranno? Mica possiamo giocare il nostro futuro, ad
esempio, sul fatto che l’Euro continui a svalutarsi.
Da ultimo, ma secondo me più importante: all’aumento
di fatturato delle imprese (se è questa effettivamente la voce del PIL che è
aumentata) corrisponde un aumento della
capacità di generare cassa delle imprese? Se così non è, ad un aumento del PIL
corrisponde un aumento dell’indebitamento. Se guardate alle condizioni di
pagamento con le quali vengono vendute, ad esempio, le auto che sembra abbiano
dato un grande contributo all’aumento del PIL di cui stiamo discutendo, non si
tarda a riconoscere che questo modo di vendere (cioè di generare PIL) peggiora la generazione di cassa del
produttore. Purtroppo non vi sono dati sulla produzione di cassa.
Quindi?
Quindi, proviamo a cercare di capire come sta
andando la varabile che, da sempre, ha fatto la differenza: la qualità della
progettualità strategica delle nostre imprese. Essa va mediamente malissimo.
Una delle più rilevanti conferme di questa affermazione la si ottiene guardando
ai rating che abbiamo assegnato alle imprese più importanti del nostro Paese: le
Società dell’Indice FTSE Mib di Borsa Italiana. Rating desolanti: invece di progettualità.
Se la progettualità strategica va malissimo,
significa che nessuno sta progettando un nuovo futuro, ma si spera di uscire
dalla crisi con un ritorno del mondo al passato. Follia, anche non desiderabile.
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