Parte prima:
Sopravvivere solo penalizzando i clienti?
Prima puntata
di
Francesco Zanotti
Abbiamo deciso di avviare una ricerca progettuale per capire quale sarà il ruolo del sistema bancario nello sviluppo del nostro sistema paese.
Ricerca progettuale perché non cerchiamo di capire come è la situazione attuale (il compito delle ricerche normali). Ma perché cerchiamo di provocare un salto di progettualità: come dovrà cambiare il sistema bancario per diventare il catalizzatore di un nuovo sviluppo economico e sociale del nostro sistema paese? Ovviamente, in tempi brevi ..
La progettualità di oggi è molto conservatrice: i piani industriali delle banche tendono a consolidare il modo tradizionale di fare banca. Ma questo modo di fare banca … porta a sopravvivere solo a spese dei clienti ….
Leggendo le opinioni degli esperti, quelle dei banchieri e, francamente, leggendo anche i piani strategici o i piani industriali delle banche, sembra che queste ultime possano salvarsi solo danneggiando i loro clienti.
Ovviamente si tratta di una salvezza effimera ottenuta rinunciando alla funzione propria delle banche, alla loro ragion d’essere. Una salvezza che somiglia ad una eutanasia.
Il fenomeno scatenante è costituito dal progressivo deteriorarsi della qualità degli attivi.
Il processo è stato avviato dalla crisi dei titoli derivati che non è certamente superata. Oggi continua e si aggrava con la crisi dei debiti sovrani.
Di fonte a questo progressivo deteriorarsi degli attivi le Autorità di controllo hanno richiesto e stanno richiedendo un crescente rafforzamento patrimoniale delle banche.
Questo rafforzamento potrebbe derivare, in modo naturale, dall’immissione di nuovo capitale nelle banche. Si tratta, però, di una via difficile da percorrere, sia perché è rilevante l’ammontare delle somme necessarie sia per la poca appetibilità di banche i cui attivi si stanno deteriorando. E’ difficile da percorrere anche per ragioni “politiche” costituite dalla conseguente inevitabile ristrutturazione degli assetti azionari che nessuno realmente desidera.
Rimane, allora, la via della riduzione degli attivi. Così anche un capitale, che oggi sembra scarso, diventa sufficiente per rispondere alle richieste dei controllori.
Mi sia concessa una parentesi “linguistica”: il nome “attivi”, imposto dalla contabilità, suona quasi beffardo. Siamo costretti ad usare un nome dal suono positivo, come “attivi”, per definire poste che si stanno rilevando misteri di valore e che, tendenzialmente, quando si toglie il velo del mistero, disvelano valori di molto inferiori al nominale.
Per supplire alla perdita di valore degli “attivi” occorre immettere capitale che viene considerato una passività: dalla beffa al non sense.
Domanda: ma chi si occupa di business si è mai posto il problema del ruolo del linguaggio nella costruzione della realtà? La risposta è ovviamente: no! E, altrettanto ovviamente, si tratta della risposta sbagliata. Infatti, credo che sarebbe di grande utilità riuscire a capire che i linguaggi (il bilancio), che hanno come obiettivo la “quadratura”, cioè dare informazioni sulle condizioni di equilibrio di una impresa, sono i peggiori linguaggi per descrivere processi di sviluppo.
Tornando al discorso principale, la riduzione degli asset può avvenire, innanzitutto, attraverso la loro vendita. Ma si tratta di una vendita problematica.
E’ problematica la vendita dei derivati, come lo è, ancora prima, la loro valutazione. Infatti, una loro vendita a prezzi svalutati, ammesso che si trovino compratori, potrebbe costringere le banche ad evidenziare minus valenze che potrebbero generare esigenze di rafforzamento patrimoniale addirittura superiori a quelle, giudicate oggi troppo onerose, avanzate dagli organi di controllo.
La vendita dei titoli di Stato (soprattutto quelli dei Paesi in cui hanno sede le banche) è altrettanto, se non più problematica, stante il crescente fabbisogno di liquidità degli stessi Stati che, in mille modi, costringono le banche a comprarli.
L’ultima ratio, allora, è la restrizione del credito alle imprese ed alle famiglie … (segue)
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