Parte prima:
Sopravvivere solo penalizzando i clienti?
Seconda puntata
di
Francesco Zanotti
La restrizione del credito alle imprese ed alle famiglie è resa quasi obbligatoria anche da un altro fenomeno: la difficoltà delle banche a reperire liquidità. Sui mercati interbancari internazionali a causa del costo e della mancanza di fiducia tra le banche, attraverso i depositanti perché gli individui e le famiglie non riescono più a risparmiare, anzi hanno iniziato a vivere di debito, come diremo più avanti.
Sarà anche un’ultima ratio obbligata, ma è pure un evidente tirarsi la zappa sui piedi perché questa restrizione peggiorerà ulteriormente la qualità degli attivi.
La seconda ragione è che si tratta di una via di incerta realizzazione. Probabilmente le banche riusciranno a non dare ulteriore credito, ma sarà più difficile rientrare dai crediti attuali proprio a causa del fatto di non poter dare nuovi prestiti.
La ragione fondamentale è, però, che il risultato di questa strategia è quello di ridurre la massa di risorse finanziarie disponibili a famiglie ed imprese.
E questa riduzione costituisce una tragedia sociale che si ritorce gravemente contro le banche.
Infatti, le imprese sono aggredite da una competizione che, da un lato, ha, mediamente, l’effetto di ridurre la loro capacità di produrre cassa. Tanto che le imprese stanno iniziando ad usare gli affidamenti non per finanziare il capitale circolante, ma per, ad esempio, pagare gli stipendi, cioè costi fissi.
E, dall’altro, spinge le imprese a fare continui e crescenti investimenti.
Se le imprese non riusciranno ad accedere a nuove risorse (a debito o a capitale che sia) perderanno ulteriormente e gravemente la loro capacità di generare cassa. In questo modo gli “attivi” costituiti dagli impieghi presso le imprese andranno ulteriormente a deteriorarsi. Questo potrebbe costringere le banche alla strategia “più forte ragazzi”: una accelerazione nella riduzione degli impieghi che attiverà un circolo vizioso senza fine.
Una domanda sorge spontanea: tutta la liquidità che nel passato le banche hanno immesso nelle imprese considerando non rischiosi gli impieghi a breve in capitale circolante o a medio lunghi quelli assistiti da garanzie, dove è finita? E’ recuperabile? La risposta è che è finita in magazzini di prodotti che la competizione e il mutamento delle esigenze rendono sempre meno vendibili e in capannoni che ospitano attività che producono quei prodotti che sono sempre meno vendibili. Cioè non è recuperabile!
A peggiorare la situazione contribuiscono gli impieghi alle famiglie. Esse hanno l’ovvio desiderio di migliorare il loro tenore di vita. Sono desiderose di disporre di sempre maggiori risorse finanziarie. Esse, però, non possono più venire dalle imprese che, invece di supportare un aumento della qualità e del numero dei salari, tendono (pesantemente) a ridurre i costi del personale.
Ora, nel recente passato le famiglie hanno considerato, consapevolmente o no, passeggera questa tendenza ed hanno integrato la diminuzione delle risorse da stipendio con risorse a debito.
Quando la temporaneità si allunga nel tempo, anzi la tendenza a ridurre i costi diventa strutturale, addirittura galoppa, le famiglie non solo non riescono a rientrare dai debiti, ma necessitano anche di altre risorse. Anche se hanno abbassato le loro attese di qualità della vita.
La risposta delle banche sembra poter essere solo la stessa: cercare di rientrare dall’esposizione. Ma questo tentativo avrà sempre meno possibilità di successo, peggiorando la qualità degli attivi. Non solo, ma si tradurrà in una diminuzione degli acquisti che ridurrà ulteriormente la capacità di produrre valore delle imprese.
In sintesi, come avevamo detto all’inizio, le banche sembrano essere indirizzate verso un’unica strategia paradossale: per risolvere la crisi degli attivi mettono in crisi i loro clienti.
Esiste una ipotetica via dell’efficienza: aumentare la dimensione per fare economie di scala. Ma si tratta di una via la cui efficacia non ha ancora avuto riscontri empirici. E che solleva molte obiezioni teoriche. La più fondamentale è che le economie di scala sono ottenibili solo a livello di organizzazione formale. Per l’organizzazione informale vale esattamente il contrario.
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