Una analisi trasgressiva e mobilitante di una crisi complessiva
La visione oggi dominante della crisi complessiva che ci sovrasta è di tipo conservativo, lineare, quindi specialistico: i problemi attuali sarebbero generati da malfunzionamenti dei diversi attori che costituiscono una società (imprese, organizzazioni, istituzioni, mercati etc.).
Se i malfunzionamenti sono specifici e locali, allora sono necessarie strategie di “riparazione” locali e specialistiche dei “guasti”. Per “riparare” si intende: riformare le istituzioni, ristrutturare, per rendere più competitive, le organizzazioni, regolamentare i mercati finanziari.
E’ una visione che viene perseguita con tenacia, ma non sta riuscendo a trasformare la crisi in sviluppo. Anche quando i singoli interventi “locali” ottengono un qualche successo, si tratta di un successo effimero che crea le basi per problemi ancora più gravi.
Gli autori di questo manifesto propongono una visione radicalmente diversa della situazione che stiamo vivendo.
La comunità umana è immersa in un’intera ecologia di crisi che, da un lato, si stanno sostenendo le une le altre con intrecci multipli e non certo monodimensionali. E, dall’altro, sono tutte manifestazioni diverse di una stessa crisi complessiva: una progressiva perdita di senso della nostra società attuale e della cultura che la sostiene.
Una rivoluzione progettuale
Se una società ed una cultura stanno perdendo di senso, allora le strategie “di riparazione” (ristrutturazione, regolamentazione, ricerca della competitività etc.) sono strategie controproducenti perché confermano, consolidano il modello sociale attuale e della sua cultura di riferimento. E, così facendo, invece di risolvere l’ecologia di crisi che ci minaccia, la nutrono, l’accelerano.
Se una società ed una cultura stanno perdendo di senso, è necessario adottare strategie completamente diverse: invece di ristrutturare è, allora, necessario “rivoluzionare”.
Per togliere ogni sapore “retro” al verbo “rivoluzionare” specifichiamo che diamo a questa parola una valenza “costruttiva”: non si tratta di distruggere il passato ed attendere che emerga, dalle macerie, un nuovo futuro. Si tratta di progettare, consapevolmente, una nuova cultura ed una nuova società.
Da dove partire?
Per rispondere a questa domanda basta evidenziare quali sono state le dinamiche di sviluppo della nostra società attuale: la risorsa poietica fondamentale è stata una conoscenza per quei tempi, profondamente trasgressiva.
Infatti, l’attuale società industriale è nata da una nuova visione del rapporto tra l’uomo ed il mondo che Galileo ha suggerito nelle sue linee essenziali. Partendo da questa nuova conoscenza (di una trasgressività letteralmente “cosmica”), attraverso un processo emergente (cioè non prescritto, ma dato da un numero limitato e variabile di regole) e spontaneo, si sono generati, contemporaneamente e sinergicamente, un grande sistema di pensieri (la scienza “classica”, ontologica e specialistica), e un modello di società culturalmente coerente (la società industriale, assimilata ad una macchina).
Parallelamente si è venuto formando un ideale di Governo di tipo dirigistico-specialistico (il Governo come calcolo ottimizzante che si è concretizzato nel management prometeico e in quella particolare forma di democrazia che è la democrazia rappresentativa).
L’obiettivo perseguito (e indiscutibilmente raggiunto) dai protagonisti spontanei (scienziati ed imprenditori) di questo processo emergente è stato quello di aumentare la qualità della vita (intesa come soddisfacimento sempre più esaustivo dei bisogni “igienici”) dell’uomo cercando, coerentemente con la visione suggerita da Galileo e progressivamente arricchitasi, un dominio sempre più completo sulla Natura attraverso la costruzione (con la tecnologia resa possibile dalla scienza) di una natura artificiale che fosse più accogliente di quella naturale.
Ma tutte le nuove culture e nuove società poi si spengono
Ma, poi, è accaduto che proprio il rilevante successo della società industriale e della cultura scientifica classica che ne è contemporaneamente ispiratrice e figlia, ne abbiano decretato la progressiva perdita di significato.
Infatti, da un lato, la società industriale non soltanto ha soddisfatto i bisogni igienici dell’uomo, ma ha creato un uomo nuovo che, risolto il problema del vivere, ha cominciato a desiderare di filosofare, come suggeriva il “maestro di coloro che sanno”.
Dall’altro, nel cuore della stessa scienza classica, sono nati, in ogni singola scienza naturale o umana, modelli, metafore e linguaggi che hanno mostrato i limiti di senso e di applicabilità della stessa scienza classica.
Indipendentemente da tutto questo, la società industriale si è scontrata, e si sta scontrando sempre di più, contro i limiti fisici della natura che non può sostenere una crescita continua del tipo di produzione e consumo propri della società industriale.
Purtroppo, non si è riusciti a riconoscere questa esigenza di superamento come necessaria e, ovviamente, non si sta cercando di soddisfarla. Anzi, sembra che l’unico spazio progettuale pensabile e praticabile sia il riparare.
E’ vero che stanno aumentando i luoghi e le occasioni di dialogo progettuale, ma non si sono, finora, trovate ispirazione, parole, visione profondamente nuove a cui fare riferimento. Si sono moltiplicati i luoghi ed i mezzi di discussione, ma non le parole con cui discutere.
Ripartiamo da una nuova conoscenza
Le dinamiche di sviluppo della società industriale ci suggeriscono la strada per avviare l’emergere di una nuova società e di una nuova cultura: innanzitutto è necessario buttare nell’agone sociale una nuova visione del rapporto tra uomo e mondo.
Si tratta di un passaggio fondamentale. Infatti, se non cambiamo i modelli, i linguaggi che usiamo, non possiamo immaginare mondi diversi. Possiamo solo rimescolare i mondi che conosciamo. Possiamo solo riparare e in nessun modo “rivoluzionare” nel senso che abbiamo precisato.
Le stesse dinamiche di sviluppo della società industriale, però, indicano una sfida ancora “misteriosa”: cosa fare per impedire che questa nuova società imbocchi una sua nuova via di spegnimento?
Per intraprendere la strada nota (ma non ancora percorsa) ed affrontare una sfida ancora misteriosa, abbiamo progettato quel cammino di costruzione collettiva che abbiamo denominato l’Expo della conoscenza.
Far accadere un nuovo Rinascimento
I nuovi modelli, le nuove metafore, i nuovi linguaggi che sono nati nelle scienze naturali ed umane, che, forse da sempre, hanno risuonato nell’arte, nella filosofia e nelle religioni sono solo frammenti sparsi.
Allora la prima cosa da fare è organizzare un processo di raccolta e di sintesi della nuova conoscenza dispersa in una nuova visione del mondo. Non si tratta, però, di cercare un nuovo Galileo che dica, definisca che cosa è la scienza, ma di concepire approcci multipli e concettualmente dinamici capaci di acquisire coerenza, robustezza, affidabilità e consistenza che classicamente erano caratteristiche di un solo approccio considerato quello vero. La strategia non è quella di aspettare.
Una nuova visione del mondo potrà nascere solo da uno sforzo corale, da un processo di creazione sociale di un’intera comunità.
Forse è il caso di specificare che questa comunità non può e non deve essere professionale o specialistica. Non può essere partecipata solo da scienziati, intellettuali, politici o artisti. I protagonisti devono essere tutti. La responsabilità e la passione del futuro deve essere la motivazione e il collante di questa comunità.
L’obiettivo di una comunità “densa” e diffusa non è un’utopia, ma è tecnologicamente realizzabile grazie ad Internet.
A mano a mano che questa visione del mondo emergerà sarà necessario utilizzarla, incarnarla.
Innanzitutto per approfondire le dinamiche di sviluppo dei sistemi umani. E’ vero che essi si trasformano e si sviluppano quando vengono investiti da una nuova e trasgressiva (rispetto a quella che li ha generati) conoscenza , ma come è possibile attivare consapevolmente questo processo? Come è possibile attivarlo nei diversi sistemi umani: nelle imprese, nelle organizzazioni in genere, negli attori sociali e politici, nelle istituzioni?
Ma attivare un processo di sviluppo non basta. Occorre, poi, capire come comprendere quando inizia a spegnersi, cosa fare quando si comincia a scorgere questo inizio perché i diversi sistemi umani evitino qualche loro deriva specifica di significato e riescano ad incanalare le loro risorse in una nuova fase di sviluppo.
A mano a mano che questa conoscenza emergerà sarà necessario immaginare una nuova modalità di governo dello Sviluppo. Essa sarà la metodologia chiave per realizzare davvero dense e diffuse comunità progettuali.
Da ultimo, occorrerà diffondere questa visione del mondo “incarnata” come cultura dello sviluppo. Non solo perché venga applicata, ma perché si allarghi la comunità di coloro che partecipano a questo processo di ricerca e progettazione sociale, senza soluzione di continuità di una nuova società. E, aggiungiamo, esplicitamente, di una nuova scienza.
L’Expo della Conoscenza come Evento di Progettualità Continua per costruire un nuovo sviluppo eticamente giusto ed esteticamente emozionante.
L’Expo della conoscenza come processo di costruzione consapevole di Rinascimenti.
Nessun commento:
Posta un commento