di
Francesco Zanotti
Se e quando l’imprenditore ha successo, cioè riesce a portare a buon
fine un processo di creazione sociale, si scatena un circolo virtuoso. Arrivano
gli imitatori che, almeno all'inizio lo aiutano ad aumentare la qualità e la
quantità dell’offerta. L’apparire degli imitatori è, dunque, sia un segno di
successo che un fattore di sviluppo perché aiuta ad allargare il mercato che
l’impresa ha creato. E’ solo questa alleanza informale tra imprese
potenzialmente concorrenti che genera lo sviluppo di nuovi settori industriali.
Oggi tutti sembrano considerare il “punto di vista” della competizione
con afflato quasi mistico: come se fosse l’unico punto di vista possibile da
cui guardare al mercato. Come se la competizione fosse la caratteristica
intrinseca fondamentale del mercato.
La competizione, invece, è negli occhi e nella mente. E’ costruita
guardando con gli occhi della competizione. Non è nel mercato, è negli occhi di
coloro che guardano al mercato. Con gli occhi pieni di competizione si riesce a
immiserire ogni mercato in un gioco competitivo.
Il costruire competizione è un crescendo rossiniano di guai che si
sviluppa in cinque episodi.
I Episodio
Una competizione di QUALITA’
Come ho già descritto, il risultato di un processo di creazione
imprenditoriale di successo è la creazione di un nuovo mercato (con profondo
significato antropologico) e lo strutturarsi di uno scambio economico ben
definito, positivo e visibile tra l’impresa e questo mercato. Allora accade
inevitabilmente che in quel mercato cerchino di introdursi gli imitatori,
emergono i concorrenti.
Come può reagire l’imprenditore? Potrebbe non smettere mai di cercare i
segni del tempo futuro per rivoluzionare continuamente il mercato. Per
costruire continuamente nuovi universi antropologici. Ma è molto difficile che
lo possa fare. Ha usato e saturato tutte le sue risorse cognitive ed emozionali
nel costruire una nuova impresa, il suo mercato di riferimento e la speranza di
futuro che rappresentano. Tanto che oramai vede il mondo solo attraverso quella
impresa. Occorrerebbe che fosse aiutato da fornitori di nuove risorse cognitive
che possano permettere a lui di tornare a cercare i segni del tempo futuro, di
innamorarsi di essi e farsi coinvolgere in una nuova storia d’amore con il
futuro. Ma, intorno a sé trova solo razionalizzatori, ottimizzatori. Ed egli sa
benissimo che razionalizzando ed ottimizzando non si costruisce alcuna storia
d’amore.
Se le sue risorse cognitive ed emozionali non sono più in grado di
fargli vedere i segni del tempo futuro, di ricominciare il processo di
creazione sociale che permette di costruire nuovi universi antropologici,
allora non gli rimane che accettare la sfida degli imitatori. Dopo tutto è lui
che ha costruito impresa, mercato, significato: può lasciarsi spaventare da
nuovi arrivati che giudica inevitabilmente senza arte né parte?
Si scatena, allora, inevitabilmente, una guerra competitiva tra
l’imprenditore e i suoi imitatori. L’imprenditore è convinto di vincerla e
questa convinzione cambia l’oggetto dei suoi desideri: non è più la passione
per la creazione, ma la perversa libidine della lotta. Si dimentica cosa
significa essere innamorato di una proposta di futuro da regalare al mondo. E
ci si immerge nella battaglia competitiva con la convinzione di vincerla. Come
tutti coloro che scatenano guerre. Poi, forse, qualcuno sembra riuscire a
prevalere e riesce anche a chiamare questo prevalere “vittoria”, a patto di non
guardarsi indietro a vedere le distruzioni che è costata questa vittoria: la
distruzione di potenzialità di futuro. Ma è una illusione effimera. Presto ogni
vincitore si accorge che non ha vinto una guerra, ma solo una battaglia. Ed ha
creato le condizioni perché la battaglia successiva sia ancora più cruenta.
La prima battaglia si sviluppa sul terreno della qualità.
Poiché l’imprenditore non vuole più rischiare (non riesce più a
immaginare possibile) nel variare l’universo antropologico del prodotto, allora
non ci si può che confrontare con i concorrenti sulle prestazioni di questo
prodotto che vengono riassunte con il termine “qualità”.
Se ci si confronta sulla qualità, innanzitutto, l’attenzione primaria si
concentra sui concorrenti. Ma questo significa che le imprese perdono, tutte
insieme, piano piano, quasi senza accorgersene, il contatto con il mercato. Un
teorico dei sistemi direbbe che la relazione di un sistema di imprese che
compete con il cliente (con la società) diventa di tipo “accoppiamento
strutturale”. I clienti rimangono sullo sfondo della competizione tra imprese.
I clienti diventano solo il riferimento sempre più teorico per la qualità dei
prodotti.
Più concretamente, se la qualità è il frutto della interazione tra
concorrenti, il tipo di qualità che si va formando è del tutto autoriferito. E’
facile fare esempi: tutti i prodotti tecnologicamente complessi si trasformano
sotto lo stimolo del confronto competitivo. Sviluppano prestazioni che le
imprese giudicano rilevanti, ma i consumatori molto meno. Tutti sanno ad
esempio che delle mille funzioni di tutti i tipi di apparati elettronici ne
vengono usate solo poche. Una incapacità dei consumatori di comprendere ed
usare la tecnologia? O, forse più verosimilmente, disinteresse per una
evoluzione di prestazioni che a loro non interessano?
Mentre i concorrenti leticano all'interno di un universo antropologico,
questo universo cambia. I segni del tempo futuro evolvono e i clienti diventano
sempre meno interessati all'universo antropologico complessivo rappresentato
dal prodotto.
Universo antropologico sempre più lontano e prestazioni sempre più
incomprensibili significano disaffezione, calo del desiderio di acquisto.
Il risultato netto della battaglia di qualità è una contrazione del
mercato e un aumento di rilevanza della variabile “prezzo”. Anche i vincitori
non possono dire di avere vinto.
II Episodio
Una competizione di EFFICIENZA
Le imprese che escono (apparentemente) vincitrici dalla battaglia di
qualità hanno un differenziale di qualità con gli sconfitti (che, peraltro,
escono dal mercato), ma non tra di loro.
Per differenziarsi agli occhi del cliente non rimane che ridurre il
prezzo più dei concorrenti. Per riuscirci, occorre diventare più efficienti di
loro. Inizia, allora, una battaglia di efficienza, combattuta a colpi di
reengineering che costringe l’attenzione dell’impresa sempre più all'interno.
Nella fase imprenditoriale l’esterno era il cliente che era un alleato
per costruire un mercato. L’interno era una organizzazione, da formare, che era anch'essa un alleato. Poi, nella fase di competizione di qualità l’esterno è diventato, soprattutto, concorrenti da combattere. Ora anche l’organizzazione
si trasforma, se non in un nemico da combattere, in una macchina da rendere
sempre più efficiente. I lavoratori passano dall'essere partner organizzativi
al diventare “attrezzi” di produzione.
Dobbiamo riconoscere che quella ricerca di efficienza, che sembra oggi
una strategia inevitabile, aumenta in realtà la chiusura del sistema.
Questo significa che il tipo di efficienza che si ottiene non è certamente
funzionale né al confronto competitivo, né tanto meno, al miglior servizio ai
clienti. Rappresenta l’equilibrio tra gli attori interni del sistema.
III Episodio
La competizione di
RAPPRESENTAZIONE
Se la battaglia della qualità omogeneizza la qualità tra i concorrenti,
la successiva battaglia di efficienza non può che omogeneizzare anche
l’efficienza. Ovviamente non stiamo parlando di una efficienza assoluta, ma di
una efficienza che dipende dal percorso attraverso il quale viene raggiunta.
Se la qualità e l’efficienza sono state “stabilizzate”, la ulteriore
inevitabile competizione tra i vincitori della battaglia della qualità e
dell’efficienza si gioca sulle capacità di fornire una differenziazione del
prodotto generata dalla comunicazione.
Lo scatenarsi di questo tipo di competizione in un settore industriale è
il segnale più chiaro che i sistemi d’offerta e le modalità operative sono
sostanzialmente indifferenziati tra i concorrenti che in esso operano.
IV Episodio
La competizione di prezzo
Naturalmente per la comunicazione accade quanto è accaduto per qualità
ed efficienza. Vi sono certamente “vincitori” della battaglia di comunicazione:
quelli che sono riusciti a gridare più forte. Ma, alla fine, anche i migliori
urlatori, hanno la gola secca.
Alla fine della fase di rappresentazione, i concorrenti “vincitori” si
trovano ad avere la stessa forza relativamente alle armi competitive
fondamentali (qualità del sistema d’offerta, efficienza organizzativa, capacità
di comunicazione).
Cosa accade allora?
Che si innesca una battaglia di prezzo che non è più sostenuta da
recuperi di efficienza, ma avviene a scapito della redditività. Una battaglia
di prezzo che nessuno riesce più a controllare.
Ne ho già accennato, ma voglio ribadirlo… Non dimentichiamo che mentre all'interno di un settore industriale si combatte, il mondo se ne va per i
fatti suoi. Più esplicitamente, ogni battaglia sul prezzo si scatena in un
mercato in contrazione perché i clienti sono sempre più indifferenti all'oggetto della battaglia.
V Episodio
L’ambiente come arma competitiva
Mettiamoci nei panni dell’imprenditore quando si trova dentro una
competizione di prezzo che continua a diventare sempre più feroce: un profondo
senso d’impotenza satura la sua mente e il suo cuore. Gli sembra che tutte le
leve che sono nelle sue mani abbiano perso di efficacia. Non gli rimane che
chiedere aiuto. E un aiuto può essere finalizzato solo alla sopravvivenza, ma
non a costruire “magnifiche sorti e
progressive”. Un futuro migliore è demandato ad eventi mitici, come la
“ripresa”, che troppo spesso viene vista come speranza di ritorno al passato.
Alla fine non rimane che chiedere aiuto al Governo perché,
sostanzialmente, aiuti una impresa che non ce la fa da sola: renda più
efficiente il Sistema Paese. Ma poi anche: protegga dalla competizione,
“sgridi” le banche perché non fanno credito …
Il risultato complessivo: un
Blocco imprenditoriale che genera crisi
Tentando di proporre una sintesi della storia di evoluzione di
un’impresa nel mercato che ha creato e, quindi, della sua capacità di produrre
valore, propongo l’immagine del blocco imprenditoriale.
La vita di un’impresa nasce da un’innovazione imprenditoriale che poi,
piano piano, si spegne perché viene meno la capacità (la voglia) dell’imprenditore
di immaginare e costruire nuovi mondi. Nasce e cresce, quindi, la competizione
che chiude l’impresa in confini sempre più angusti di senso (cognitivi ed
emozionali) e di risultati (fatturato, margine operativo e cassa).
Se un imprenditore si auto chiude in questa prigione cognitiva è ovvio
che gli sembri davvero sempre più difficile creare nuovi mondi.
Ma l’emergere di un blocco imprenditoriale non è una inevitabilità
fatale. Ogni storia di competizione è costruita dai pensieri e dalle emozioni
degli uomini.
E noi aggiungiamo: la competizione non è una storia per uomini liberi,
forti e generosi. E’ la favola che tranquillizza chi non è capace di grandi
sogni di grandi azioni. E’ l’universo dei costruttori di crisi.
Vogliamo lasciare in eredità uno scenario di battaglie competitive o un
mondo “imprenditoriale” dove si è ricominciato a costruire Rinascimenti?
Noi siamo per i Rinascimenti …
Nessun commento:
Posta un commento