di
Francesco Zanotti
Nelle sue prime dichiarazioni il neo Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha esposto la necessità di un nuovo patto tra “Banche, Imprese e Consumatori”.
Non va bene? In termini generali, certo che va
bene. Ma, in concreto, quella frase rende evidente un abisso incolmabile tra
gli obiettivi dichiarati e la possibilità di realizzarli. Rende evidente l’origine
profonda della crisi che stiamo vivendo.
E qui entra in gioco la mortadella.
Infatti, è possibile consumare la mortadella, ma
non i frigoriferi. Questi si usano e si cerca di farli durare il più possibile.
Non si consumano tablet e smartphone. Non si consumano, e si spera anche di non
utilizzarli, i servizi di copertura assicurativa.
Mi si dirà: ma dai, non fare il pignolo! Che sarà mai
una parola impropria?
Credo che in questo caso sia molto. Fino ad essere
rivelatrice, come ho detto, delle radici profonde della crisi che ci
attanaglia.
Parlare di consumatori significa avere ancora in
testa il modello di sviluppo proprio della società industriale. La società è
fatta da persone che hanno gli stessi bisogni igienici. Il sistema industriale
deve soddisfare questi bisogni con prodotti che, per soddisfare i bisogni
igienici, devono essere consumati. Il sistema di servizi deve supportare il
sistema industriale.
Questa visione della società porta inevitabilmente
a mercati competitivi, dove la variabile fondamentale è il prezzo. Infatti i se
bisogni igienici sono uguali per tutti, anche le tecnologie per soddisfarli
sono univocamente determinate. E piano piano diventano nella disponibilità di
tutti. Allora la competizione è inevitabile e la variabile competitiva diventa
piano piano solo il prezzo. In una competizione di prezzo la capacità di produrre
cassa delle imprese (la loro capacità di pagare stipendi e fornitori) cala
inevitabilmente. Se la capacità di produrre cassa delle imprese diminuisce non
è possibile alcun patto “sano” tra banche, imprese e le “persone” che sono,
contemporaneamente chi acquista e chi produrre.
In realtà nella società attuale i bisogni igienici
sono soddisfatti. Questo significa, da un lato, che il sistema che produce i
beni che servono a soddisfarli ha perso il suo significato esistenziale e ne ha
mantenuto solo uno funzionale. Detto diversamente, l’acquisto non è più una
modalità di autorealizzazione profonda, ma solo un modo per disporre di cose
che servono. Le esigenze di autorealizzazione delle persone sono molto più
complesse. E sono ben lungi dall'essere uguali per tutti.
Mi si può obiettare che i bisogni igienici sono
ancora molto vivi in molte parti del mondo. Ma questo non fa che peggiorare le
cose. Perché stimola la nascita di molte più imprese di quelle che servirebbero
per soddisfare i bisogni igienici. Questo aumenta ulteriormente la competizione,
ma genera anche guai “sistemici”. Infatti, la tipologia di prodotti e le
modalità di produzione non sono più compatibili con le risorse complessive del
Pianeta.
Allora la sfida con cui dobbiamo confrontarci è
quella di trovare un nuovo sistema di prodotti e servizi che soddisfi le nuove
esigenze di autorealizzazione, che soddisfi diversamente i bisogni igienici e
che sia fondato su di un nuovo patto con la Natura.
Per vincere questa sfida non possiamo certo
continuare ad usare la parola “consumo” che rappresenta così intimamente il
vecchio sistema di prodotti e servizi.
Ma … sto sostenendo, forse, che siano di fronte ad
una crisi che si supera attraverso un cambiamento di linguaggio? Anche. Più generalmente,
siamo di fronte ad una crisi che potrà essere superata solo cambiando il
sistema di risorse cognitive che sta al fondo della società industriale. La parola
“consumo” è solo la punta di un iceberg che è indispensabile svelare. Per farlo
sciogliere al sole di nuove e radicalmente diverse risorse cognitive.
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