di
Francesco Zanotti
Al di là di visioni complottistiche (che certamente
non hanno fondamento), al di là di moral suasions del tipo “acquistate debito
pubblico” (che, invece, ne hanno un po’di più), al di là dei problemi di
capitalizzazione e di regolazione (che contano e disturbano), rimane, però, la
volontà di tutti i banchieri di far affluire tutto il credito che serve alle
“imprese sane”.
Dove sta allora il problema? Le banche possono
superare suggerimenti interessati e regolamenti e fare affluire liquidità alle
“imprese sane”.
Ecco, il problema sta proprio in questa espressione:
le “imprese sane”. Si scopre in cosa consiste il problema chiedendosi: le
banche sono in grado di capire quali sono le imprese sane e quelle no? Ancora
prima: ma cosa significa impresa sana?
Andiamo con ordine: cosa significa una impresa
sana? Sostanzialmente una impresa che è sempre andata bene. Cioè: una impresa
che è sempre riuscita a rispettare i sui impegni con le banche.
Ma il problema non è il passato. Occorrerebbe
considerare “sane” le imprese che riusciranno a rispettare i loro impegni nel
futuro. Questo vale, soprattutto, per una grande massa di imprese che stanno
diventando “malate” (eufemismo) e che si cerca di guarire con operazioni di
ristrutturazione del debito.
Ma le banche sanno valutare quale sarà la capacità
di produrre cassa (perché è solo producendo cassa che si rispettano gli impegni
con le banche) futura delle imprese?
La risposta, purtroppo è: no.
Ed è no perché le banche non utilizzano i modelli e
gli strumenti di strategia d’impresa che servirebbero per capire quale è e come
evolverà il posizionamento strategico (quello che determina la capacità di
produrre cassa) delle imprese.
Se usassero questi modelli e strumenti potrebbero,
non solo, individuare molto meglio le imprese “sane” (magari scoprendo che,
producendo cassa hanno bisogno di capitali di sviluppo e non credito
commerciale), ma anche aiutare le imprese malate non a cercare disperatamente
di ridurre costi incomprimibili e tagliare investimenti, ma a disegnare
progetti di sviluppo capaci di variare positivamente il loro posizionamento
strategico.
Potrebbero costruire un portafoglio strategico
delle imprese clienti per capire come varieranno le sofferenze complessive e
potrebbero intervenire …
Allora una domanda si impone: visto che esistono le
conoscenze (modelli e strumenti di strategia d’impresa) per costruire veramente
una alleanza di sviluppo tra banche ed
imprese perché non vengono usate dalle banche, soprattutto in una contingenza drammatica come quella in cui stiamo vivendo?
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