Luciano Martinoli
Il mercato finanziario sembra iniziare a comprendere l'importanza delle capacità delle aziende di progettare il proprio futuro ben più della loro capacità di produrre risultati a breve.
Una moda passeggera o una urgente necessità per comprendere il futuro?
La recente defenestrazione di Mark Fields, CEO di Ford, offre una lezione sull'importanza che il mercato sta dando ai progetti futuri delle aziende e alla loro dettagliata esplicitazione. Un'attenzione che anche gli altri stakeholder, banche in testa, dovrebbero dedicare.
Ne fornisce un ampio resoconto un recente articolo del Wall Street Journal. In esso si ricorda che la gestione Fields non è stata caratterizzata dalla completa mancanza di profitti, elemento che generalmente si ritiene sia l'unico parametro valutato dagli investitori, ma dalle nebulose e opache dichiarazioni sul futuro della Ford nel turbolento mondo automotive ("just wait for the fat margins that our post-car businesses like “mobility” will generate" era ciò che rispondeva Fields alle preoccupazioni degli investitori sul tema).
Ford sta investendo nelle nuove tecnologie che rivoluzioneranno il settore, ma queste sono disponibili a tutti e solo una precisa e chiara Strategia che le utilizzi , prima da progettare e poi da comunicare, darà conto di come questa si tradurrà in sviluppo per l'azienda. E a tal proposito il mercato si è mostrato sia indulgente, laddove dettagli precisi manchino, sia desideroso di tali progetti di futuro, come il caso Tesla, del quale ho già scritto, dimostra.
I soliti comportamenti d'avanguardia, in questo caso degli investitori d'oltreoceano, che arriveranno tra decenni anche nella vecchia Europa e ancor più in ritardo in Italia? Assolutamente no come dimostra il recente caso Ferragamo, il cui titolo è quotato alla borsa di Milano, dove la reticenza del management a fornire dettagli su un annunciato rallentamento del business di quest'anno, ha penalizzato il titolo e spinto gli analisti nostrani ad abbassare le stime.
Dunque sembra che si stia aprendo una stagione caratterizzata da un nuovo modo di guardare le prestazioni future delle aziende. Un modo necessario in un mondo sempre più turbolento con velocità di cambiamento crescenti. Infatti in un tale contesto il "futuro", così importante per i mercati ma non solo, non "arriva" alla stregua di un temporale o una giornata di sole spingendo tutti ad attrezzarsi di conseguenza, come la retorica di certi "esperti" vuol far credere.
Il futuro lo costruiscono le aziende, in mille modi e mille direzioni. Le tecnologie, a disposizione di tutti, sono, come sempre è stato, solo uno strumento per realizzarlo. Le aziende capaci di costruire il futuro, per loro e per gli altri, prospereranno e renderanno il mondo un posto migliore (come è già accaduto); chi no sarà condannato a subirlo con tutte le conseguenze.
Il mercato lo sta capendo, è ora che lo capiscano anche gli altri stakeholder dell'impresa.
Questo cambio di prospettiva, vero e proprio paradigm-shift, evidenzia l'esitenza di un immenso territorio vergine. Esso è costituito dall'assenza di strumenti e linguaggi per esplorarlo: come realizzare e valutare i progetti di futuro delle imprese in modo professionale, superando gli umori e le chiacchiere da bar, premiando chi è capace. Allo stesso tempo, come stimolare chi è carente in tale progettazione che, da quanto detto fino a questo punto, deve costituire ormai l'anima dell'attività d'impresa.
Il nostro impegno professionale è operare in tale settore proponendo quanto di meglio la conoscenza umana offre per rispondere a tale sfida: la creazione, non previsione, del "futuro".
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