di
Samira Tasso
s.tasso@cse-crescendo.com
Questo post è il primo di una serie che
pubblicheremo regolarmente e che descriverà le principali scuole del pensiero
strategico ed organizzativo. Ogni post sarà accompagnato da un documento di
dettaglio e di completamento che sarà scaricabile dal blog. Questi documenti
diverranno parte di un libro che non solo presenterà lo stato dell’arte a
livello internazionale del pensiero strategico e organizzativo, ma descriverà
un nostro approccio che intende esserne un decisivo di superamento, fondato su
di una nuova sistemica.
Con queste parole Georg Biichner drammatizza ciò che è riconosciuta come la scena primordiale della disperazione ermeneutica.
"…Cosa c'è dietro questo? Andiamo, abbiamo sensi grezzi. Capirsi l’un l’altro? Dovremmo romperci a vicenda il cranio e tirare fuori i pensieri dalle fibre dei nostri cervelli"
Con queste parole Georg Biichner drammatizza ciò che è riconosciuta come la scena primordiale della disperazione ermeneutica.
Avete mai pensato che fare strategia, in qualche
modo, riguarda Il pensare?
La psicologia
cognitiva offre spunti interessanti per comprendere le dinamiche “cognitive”
che guidano il fare strategia.
D’altra parte, dove, se non nel cervello dell’uomo, si formano le strategie?
D’altra parte, dove, se non nel cervello dell’uomo, si formano le strategie?
E il pensare
dell’uomo non è un processo così limpidamente cartesiano…
In questo post
proporrò alcune suggestioni che derivano da quella che viene definita “Scuola
cognitiva”. Un discorso più ampio sarà disponibile nel documento “Fare strategia e dinamiche del pensiero: il contributo della scuola cognitiva al fare strategia” che riprende, completa e fornisce un nostro contributo a questa
scuola di pensiero.
Il primo
contributo della psicologia cognitiva è un invito a superare il concetto di razionalità assoluta.
Le informazioni
che il cervello di un manager o di un imprenditore (ma anche di tutti noi) riceve
vengono elaborate da una sorta di “magica scatola nera”. Essa è certamente
costituita dalle risorse cognitive (schemi mentali e mappe cognitive) di cui
dispone una persona, ma queste non sono accessibili e non si sa bene come elaborino le
informazioni che ricevono. Sta di fatto che, dagli stessi input, persone
diverse ricavano diversi output. Quindi, le conclusioni a cui un manager o un
imprenditore perviene, i progetti che elabora, le decisioni che prende recano
il “segno” del patrimonio di risorse cognitive di cui dispone. Cioè non sono output
“oggettivi ed assoluti”, ma del tutto misteriosi, diversi per ciascun individuo
e soggetti ad una serie di “effetti distortivi”.
Un semplice esempio: un manager o un imprenditore ragiona per analogie. Bene,
il pensiero analogico fornisce un potente meccanismo di rappresentazione, ma
nello stesso tempo condiziona pesantemente il pensiero. Se si percepiscono le
persone come ingranaggi di una macchina, si entra immediatamente nell’ottica
del funzionamento e del controllo. L’illusione del controllo porta a costruire
gigantesche sovrastrutture per monitorarne l’efficacia, sottraendo energie al
core business e generando un senso diffuso di frustrazione.
Lo stesso vale per
la sintesi. Se si ragiona per
sintesi, si cerca di descrivere, attraverso pochi indicatori essenziali, la
complessità dell’ambiente che circonda l’impresa o l’andamento di un’organizzazione.
Ma, in realtà, come sono costruiti questi indicatori? Attraverso un processo di
progressiva distillazione della complessità della realtà che sale lungo la
scala gerarchica dell’organigramma.
Per quello che
abbiamo detto prima, però, questo distillare è ben lontano dall’essere
oggettivo. Il risultato è che arrivano al vertice informazioni che sono
tutt’altro che una sintetica rappresentazione della realtà. Chi non ricorda il
gioco del telefono senza fili? Chi non ne ricorda i risultati costantemente
ridicoli?
Cercando di essere
più seri, si può, forse, dire che un processo di distillazione organizzativa
porti non ad una sintesi di una qualche realtà (interna o esterna all’impresa),
ma ad una sorta di fotografia finale del sistema cognitivo dell’organizzazione.
Il risultato
finale è una grande illusione: con in mano questo “potentissimo” distillato si
crede di poter guidare un’impresa nell’ambiente, di tirare le redini della sua
organizzazione. Ma, nel frattempo, ambiente ed organizzazione prendono strade
del tutto sconosciute al manager o all’imprenditore.
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