"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 7 ottobre 2012

Sofferenze bancarie prossime venture … bis


di
Francesco Zanotti

L’occasione è un articolo del Sole 24 Ore di oggi che rivela il continuo aumento delle sofferenze bancarie. Nei post passati ho scritto più volte su questo tema. Ma, visto quello che sta accadendo, mi sembra opportuno riproporre alcune idee chiave. La prima è una previsione: le sofferenze non potranno che aumentare di molto. Le altre riguardano proposte per fermare ed invertire questo fenomeno. Cioè proposte per costruire un nuovo sviluppo.

Scrivevo il 21 luglio 2012 di un inevitabile declino di una parte significativa del nostro sistema industriale.
Tutti sanno che una parte significativa (20-30 % .. oltre?) dell’attuale sistema industriale non riesce a, come si dice, a “stare sul mercato”.
"Questo significa, innanzitutto, che le sofferenze sono destinate a breve ad aumentare bel al di là di quanto permetterebbe il patrimonio delle banche.”

Scrivevo il 20 aprile 2012 degli effetti recessivi di certe prassi di ristrutturazione del debito.
Considerate il problema della ristrutturazione del debito. Stiamo usando una concretezza che uccide. Le imprese chiedono alle banche di ristrutturare il debito. Le banche chiedono di vedere un piano industriale che spieghi, quali cambiamenti farà l’impresa in modo da poter onorare le nuove scadenze del debito. Bene, legittimo, forse anche doveroso, no? In teoria, certo. In pratica si scatena un circolo vizioso spaventoso. Perché le banche impongono (solo quelle sanno riconoscere) una specifica via di cambiamento: la riduzione dei costi e delle persone. Spendendo meno, si riescono a pagare di debiti. Siccome poi questo non accade, perché dopo le riduzioni fatte le imprese non sono in grado lo stesso di pagare i debiti (chiedete alla banche quanti piani di ristrutturazione hanno avuto successo), allora si cerca di ridurre sempre più duramente e risolutamente.  Ma continuando a premere l’acceleratore del rigore si uccidono le imprese.
Il problema è che anche le imprese ritengono legittima la via della riduzione di costi e persone.
Si crea così una vera alleanza tra banche ed imprese, ma orientata al declino, non allo sviluppo.”

Scrivevo il 25 aprile 2012 (su balbettanti poietici) degli effetti recessivi della spending review.


Se si riducono le spese dello Stato si riducono i ricavi di coloro che forniscono beni e servizi allo Stato. Si diminuisce cioè l’imponibile complessivo. Su un imponibile ridotto non si può diminuire la percentuale di tasse, occorre aumentarla per mantenere lo stesso gettito fiscale.
Mi si può obiettare che vi sono infiniti sprechi. Ma contro obietto dicendo che è meglio spendere sprecando che non spendere. Certo è meglio spendere con qualità. Ma questa è la vera alternativa. Quella di ridurre è un rimedio peggiore del male.
Una parte rilevante della nostra economia vende prodotti e servizi verso lo Stato, altrimenti lo stesso Stato non avrebbe tutti quei miliardi di Euro di debiti nei confronti dei suoi fornitori. Per ridurre la spesa pubblica occorre, prima, riconvertire queste imprese. Altrimenti quello che risparmieremo in costi lo spenderemo in sussidi. Peggio: trasformeremo lavoratori in “sussidiati” (in qualche modo), con tutto questo comporta anche in termini di motivazione, partecipazione, apprendimento, autorealizzazione.”

Tutti i fenomeni precedentemente descritti non potranno che aumentare anche le sofferenze dei crediti concessi alle persone e la riduzione del risparmio.

E la soluzione?
Ne scrivevo (ed ora ripropongo) ancora il 21 luglio 2012
I concetti tradizionali di valutazione del rischio sono inutili. Il problema non è come evitare rischi. Il problema è come fronteggiare la crisi di coloro ai quali i crediti sono già stati concessi.
La soluzione esiste. Le banche devono dotarsi di strumenti di valutazione dei Progetti d’impresa. Questi stessi strumenti devono, contemporaneamente, essere capaci di stimolare una nuova progettualità d’impresa.”

Ne scrivevo (ed ora ripropongo) ancora il 20 aprile 2012
Diamo agli imprenditori ed alle banche nuovi occhiali e nuovi linguaggi. Nuovi occhiali per capire i processi di evoluzione di una impresa in un mercato. Scopriranno che la competizione è costruita dalle strategie competitive. Più le strategie competitive sono “dure” quanto più generano una competizione feroce … Scusate, ma supponete che davvero una impresa riesca ad acquisire un vantaggio competitivo per aver ridotto costi e persone, ma quanto tempo ci metteranno i concorrenti a fare altrettanto, forse meglio? Ed allora corre ancora ristrutturare in una lotta che non può portare ad una vittoria: cioè permettere alle imprese di ritornare a produrre cassa.
Nuovi linguaggi, ad esempio una mappa attraverso la quale orientarsi nel mondo per riuscire a progettare una nuova imprese e non ristrutturare quella vecchia. Questa stessa mappa potrebbe essere data alle banche. La capacità di sfuggire alla trappola della competizione è proporzionale alla qualità della mappa che di cui le imprese possono disporre per costruire nuovi cammini.
In sintesi, certo miglioriamo la macchina dello Stato, ma, soprattutto liberiamoci dai vecchi occhiali e da vecchi linguaggi poveri. Ed usiamo nuovi linguaggi e linguaggi più ricchi.

La conclusione la lascio al lettore …

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