di
Francesco Zanotti
Leggo oggi su Affari
& Finanza di Emanule Marini, Export manager di Az Pneumatica. Conosce 34
lingue e considera le lingua una risorsa strategica fondamentale.
Come non essere d’accordo?
Voglio, però, generalizzare. Non vi sono solo quelli che vengono chiamati i “linguaggi
naturali”. Vi sono anche i linguaggi “tecnici” che servono per “parlare” di
aspetti specifici della realtà. Come accade per i linguaggi naturali, la
capacità espressiva, progettuale in questi aspetti specifici della realtà dipende
dalla vastità e dalla profondità dei linguaggi tecnici che si conoscono.
Bene, anche le conoscenze strategico-organizzative
sono un linguaggio. Sono il linguaggio per scrivere il futuro dell’impresa.
Purtroppo la
conoscenza di questo linguaggio è ancor meno diffusa di quella delle lingue
straniere.
Così accade che le
strategie progettate e raccontate siano povere ed imitative.
Come quando si conosce
poco una lingua straniera e si riesce, sì e no, a prendere un taxi, ordinare al
ristorante, sopravvivere insomma. Quando
si conosce a livello di sopravvivenza una lingua straniera non si scrivono
romanzi …
Oggi le nostre imprese
(non solo le PMI, forse più di loro quelle grandi) devono scrivere veri e
propri poemi di futuro. Ma conoscono solo quelle poche parole che permettono
loro di ripetere la loro storia di sempre. E’ una storia che, spesso, ha
stufato e le costringe a competere sul prezzo, come accade per chi vende
banalità che vengono da un mondo finito.
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