di
Francesco
Zanotti
Vogliamo davvero eliminare scandali e corruzioni? Basta
che i media, invece di incensare i potenti (o stroncarli sadicamente quando,
poi, inevitabilmente cadono), chiamandoli “maghi”, superuomini e via
iperbolizzando, li sfideranno e li misureranno sempre e solo per il loro atteggiamento
verso la conoscenza.
Mi spiego con una storia della quale poi proporrò,
come si usa fare con ogni storia, una morale.
Tanti anni fa io faccia a faccia con uno dei manager
bancari oggi considerati eccellenti, ho misurato quanto la conoscenza faccia
paura.
Piccola premessa per spiegarmi. L’impresa è “pezzo
di realtà” come tutti gli altri. Gli uomini ci riflettono sopra e imparano a
conoscerla per governarla sempre meglio. Allora, una banca è interessata a
conoscere sempre meglio le imprese, ad avere una teoria sempre più potente sul “pezzo
di realtà” impresa. Soprattutto è interessata (deve per forza, altrimenti
con che criterio presta i soldi?) a conoscere i processi di sviluppo di una
impresa per prevederne, ed eventualmente cambiarne, il futuro. La disciplina
che si occupa di studiare l’impresa nel suo insieme è la “strategia d’impresa”.
Allora i progressi nella strategia d’impresa dovrebbero essere l’interesse
principale di un manager bancario. Che, poi, può usare queste conoscenze anche
per prevedere e gestire quella impresa che egli dichiara essere la sua banca.
Insomma, come accade ad ogni impresa fondata sulla tecnologia che è
massimamente interessata agli sviluppi della tecnologia e, più, in generale
della scienza.
Finita la premessa, comincio alla storia. Io
davanti a questo banchiere (allora giovane in carriera, appunto, ecco il
problema: in carriera) per dirgli: guarda che ho scoperto quali sono i processi
di evoluzione di una impresa. Era una vera scoperta la mia? Beh è semplice
verificarlo: si prende il corpus delle conoscenze di strategia d’impresa e lo
si confronta con la mia scoperta. E si verifica se è veramente una scoperta e
se costituisce un progresso rispetto ai temi “caldi”, cioè non risolti di
quella disciplina.
Purtroppo egli non era in grado di fare questa
verifica: non conosceva lo stato dell’arte della strategia d’impresa. E qui si
scopre perché il potere deve esorcizzare la conoscenza. Non sapeva perché non
poteva investire il suo tempo nella conoscenza. Doveva investire il suo tempo
nel tessere la rete di relazioni che l’avrebbe portato ad aumentare il suo potere.
Parimenti, però, non poteva ammettere (neanche
a se stesso) che non aveva tempo per la conoscenza. Ed allora si è impegnato in
un feroce ed arrogante tentativo di contestare la mia scoperta. La sua risposta ad una nuova conoscenza
decisiva per la banca che ambiva a dirigere è stata: questa conoscenza non può
esistere. “Perché non ho il tempo di occuparmene e perché, se esistesse, e si
scoprisse che non la conosco, non avrebbe più senso la mia pretesa di
eccellente diversità che è la mia arma fondamentale per prevalere sui miei
rivali nella scalata della gerarchia.” Ovviamente questo suo tentativo di
esorcizzare la conoscenza si è rilevato subito senza speranza: non avendo
neanche i rudimenti delle conoscenze di strategia d’impresa, è stato
facilissimo controbattere le sue contestazioni. Per fare un esempio, è come se
l’uomo della strada cercasse di contestare la fisica quantistica ad un fisico. E
che potrebbe dire?
A, mano a mano che la sua contestazione della mia
scoperta è diventata sempre più ridicola, cresceva la sua ansia. Ed allora? Ha accettato
(almeno) di dedicare qualche spazio del suo tempo ad imparare? No! Per superare il suo imbarazzo ha usato un
colpo di genio, è stato “brillante” quanto sarebbe stato imbarazzante per ogni azionista o stakeholder che l’avesse ascoltato ...
Finita la storia, la morale. Se qualcuno fosse
stato interessato davvero a far si che il Monte dei Paschi diventasse, come la
sua storia non solo permetterebbe, ma imporrebbe (è stata, dopo tutto la prima
banca del mondo, fondata vent'anni prima che si scoprisse l’America), un attore
fondamentale nello sviluppo del sistema economico italiano, sarebbe bastato che
verificasse le politiche personali dei dirigenti verso la conoscenza. Li vedeva
impegnati a cercare innovazione? Bene poteva stare tranquillo e chiedere loro
di condividere la conoscenza che andavano a scoprire.
Non li vedeva interessati alla conoscenza,
soprattutto non li vedeva interessati alle conoscenze di strategia d’impresa? Avrebbe
dovuto preoccuparsi perché avrebbe immediatamente concluso che avrebbero (come
hanno fatto) gestito la banca senza usare conoscenze decisive. E questo avrebbe
messo in crisi la banca nei suoi rapporti con il mercato. Avrebbero immediatamente
capito che questi dirigenti avrebbero sostenuto il loro ruolo dirigenziale solo
attraverso auto rappresentazione e costruzione
di network relazionali di supporto. E, poi, sarebbero finiti ad usare questo
network relazionale per “nascondere” la inevitabile resa dei conti alla quale
si arriva tentando di gestire una banca senza le conoscenze di strategia d’impresa
che sono lo strumento fondamentale per capire a chi dare i soldi ed a chi no!
C’è qualcuno veramente interessato a capire se MPS
si incamminerà verso un reale rinnovamento strategico? Verifiche quali sono le
conoscenza di strategia d’impresa che sono nella disponibilità degli attuali
dirigenti. E quali sono le loro politiche personali di aggiornamento verso
queste conoscenze.
Come fare a fare questa verifica? Guardi il loro
Piano industriale: si vede subito quale è il livello di conoscenza della “disciplina”
strategia d’impresa hanno coloro che l’hanno redatto. Se è poca, non dico che
occorre sostituirli, ma imporre loro di aggiornarsi ed usare le migliori conoscenze
di strategia d’impresa esistenti, sì.
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