di
Francesco
Zanotti
Parliamo spesso di Progetto Strategico. Ma quali dovrebbero
essere i contenuti di un Progetto Strategico.
Il primo contenuto è quello della “Visione” che
l’impresa ha dell’ambiente in cui si trova a vivere. Come vede l’ambiente
economico, i suoi trend, le sue potenzialità?
Quale impatto hanno le evoluzioni dei mercati
finanziari e del sistema bancario?
Quali impatti ed evoluzioni nelle dimensioni
sociale, politica, istituzionale culturale della società?
Il farsi queste domande costringe l’impresa ad
uscire dai suoi schemi di riferimento usuali.
Il secondo contenuto è quello della Missione. Ma
quale è l’impegno che l’impresa si sente di prendere all'interno della visione
che si è data della società?
Il binomio Visione/Missione è la esplicitazione del
significato sociale dell’impresa.
Poi occorre diventare concreti. Cioè concretizzare
questo significato sociale nelle “cose” che l’impresa propone.
Ed allora
occorre definire esattamente i business nei quali l’impresa decide di
impegnarsi. La definizione dei business (e dei loro rapporti) è affare
delicato. Il cambiamento di uno solo dei parametri che servono a definire un
business comporta il cambiamento della “prospettiva” strategica. Infatti cambia
anche l’industry di riferimento.
Una volta
definiti (scelti) esattamente i business nei quali l’impresa ha deciso di
operare, è necessario esaminare la “qualità” strategica di questi business,
individuare il posizionamento strategico di ogni unità di business. Esso è
riferito a due variabili: il potenziale di redditività dell’industry e il
posizionamento competitivo all'interno dell’industry. Insomma ci si chiede se
quella unità di business opera in una industry che permette di ricavare
fatturato, margine e cassa, oppure no! Poi ci si chiede se questa potenzialità
di produrre economics sarà sfruttata dalla nostra impresa o dai suoi
concorrenti.
Il
posizionamento strategico è, insomma, la variabile che ci dice quali e quanti
economics può produrre una impresa.
Come si
vede, non basta parlare di posizionamento competitivo e di competitività. Infatti
che senso ha cercare di essere più competitivi in un’industry dove le
possibilità di guadagno sono quasi
nulle? L’aver ossessivamente concentrato l’attenzione sulla competitività è
frutto del considerare stabile le attuali industry. E’ frutto della cultura
della conservazione di cui dicevamo prima.
Occorre considerare anche una cosa: il posizionamento
strategico ha una sua evoluzione autonoma. Intendo dire che, se l’impresa non
decide di gestire (cambiare o conservare se interessante) il posizionamento
strategico attuale, questo evolve autonomamente in una direzione “obbligata”:
verso posizionamenti sempre più critici. Intendo dire: verso aumento della
competizione e perdita di senso.
Il lavoro di definizione del business,
dell’industry e del posizionamento strategico può essere ricorsivo. La sua
ricorsività è il segno di una imprenditorialità in atto. Intendo dire che, se
un posizionamento strategico non ci garantisce quella capacità di produrre
economics che ci interessa, allora possiamo decidere di cambiarlo. E le strade
che si presentano sono due. La prima è quella di migliorare il posizionamento
competitivo. Ma si tratta di una strada che ha tentato meno senso quanto più il
potenziale di redditività è basso. Che senso ha “leticare” per un mercato che,
tanto, non rende?
La seconda
via è “imprenditoriale”: ridisegno le unità di business e, conseguentemente le
industry.
Dopo le
intenzioni, l’individuazione dei desiderata, è necessario esplicitare i fatti.
Quali cambiamenti organizzativi e quali piani d’azione sono necessari per
gestire consapevolmente l’evoluzione del posizionamento strategico?
Da ultimo,
occorre sintetizzare in numeri. Partendo dall'evoluzione prevista, cercata del
posizionamento strategico, e tenendo conto degli investimenti necessari a
gestire questa evoluzione, si costruisce una previsione dell’andamento degli
economics nel futuro.
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