"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 1 marzo 2015

Concorrenza e competizione: che confusione!

di
Francesco Zanotti


Quando si parla di utilities e professioni: si usa la parola concorrenza. Occorre introdurre più concorrenza. Si veda l’articolo di fondo di Giavazzi ed Alesina oggi sul Corriere che accusano Renzi di mancanza di coraggio perché non introduce abbastanza concorrenza.
Quando si parla di imprese, si usa la parola competizione. Occorre diventare competitivi per affrontare la competizione.
Mettendo insieme, l’ideologia che ne scaturisce è questa: il mercato è caratterizzato dalla competizione che costringe le imprese a migliorarsi continuamente. Le imprese (immaginando soprattutto quelle industriali) subiscono la competizione. I servizi e le professioni cercano di evitare la fatica di competere.
Il Governo ha come obiettivo quello di mantenere viva la competizione perché è da essa che nasce il meglio.
Ideologia banale e, quindi, negativa.
Il mercato è caratterizzato da mille opportunità di rivoluzione. Le imprese che hanno successo in termini di qualità dell’offerta e di generazione di cassa sono quelle che avviano rivoluzioni, dove ovviamente non hanno concorrenti. Appena la competizione appare, sia la qualità che la produzione di cassa diminuiscono e le imprese finiscono per considerarsi istituzioni. Cioè, hanno come obiettivo quello di essere trattare come utilities e notai.
Questo significa che il Governo dovrebbe spingere le imprese a costruire nuovi mondi.
E per utilities e professioni? E se costringiamo utilities e notai a competere? Accade la stessa cosa!
Ma è giusto che utilities e servizi notarili mantengano monopoli istituzionali? Se sono proprietà di privati, ovviamente no! Ma, mi si può obiettare, se sono proprietà del pubblico diventano carrozzoni. La mia risposta: questo accade perché, come anche la Pubblica Amministrazione, sono gestite con criteri dirigistici, manageriali o burocratici che siano.
E generalizziamo al tema dei Commons. Essi non possono essere delegati ai privati, ma neanche a élite manageriali o burocratiche che siano. Devono essere gestiti attraverso una riprogettazione sociale continua …

Ok … è un post troppo sintetico. Ma forse proprio così acquista una capacità di scatenare quel dibattito che solo permette di approfondire queste idee.

Nessun commento:

Posta un commento