di
Francesco Zanotti
L’ecologia degli investitori è variegata e frammentata e questa frammentazione rischia di innescare bolle di valore (falsamente speculative).
Ma credo che il punto di vista che possa
ricompattare gli interessi di tutti sia il seguente: le risorse di cui gli
investitori dispongono o devono gestire hanno un impiego “sano” e non finiscono
in bolla se vanno a finire a imprese che riescono a moltiplicarle in modo da
remunerare coloro che alle imprese le risorse hanno fornito.
Bene, ma a quali imprese? Il ragionamento standard
è il seguente: devono andare ad imprese sane oggi che, proprio perché sono “sane”
(ben gestite etc.) oggi lo saranno in futuro e potranno restituire moltiplicate
le risorse che sono state loro affidate.
Purtroppo è un ragionamento che non funziona
più. Oggi occorre creare le imprese sane.
Innanzitutto, se consideriamo sane imprese che
producono cassa, invece di assorbirla, allora queste imprese sono poche e,
ovviamente, si autofinanziano. Non sono interessate a ricevere altra cassa. Questo
significa che la rilevante massa di risorse finanziarie oggi disponibile non
potrà essere impiegato in imprese “sane”.
Oggi in realtà il concetto di azienda sana sta
diventando meno pretenzioso. Si guarda ai margini (EBITDA) e non alla cassa. E,
allora, sono certamente di più le imprese che possono essere considerate “sane”.
Ma, come dicevamo, è un “sano” un po’ meno forte. Ad esempio, il rischio di una
crisi di liquidità è più elevato per queste imprese rispetto alle imprese considerate
“sane” perché producono cassa. In più, accettando un concetto di “impresa sana”
meno forte si costruisce il rischio “cognitivo” di considerare l’eccezione il
generare cassa.
Queste imprese sono certamente di più di quelle
della categoria precedente, ma anche aggiungendole all'elenco delle imprese
finanziabili, non si raggiunge una massa tale da assorbire significativamente le
risorse finanziarie in cerca di impieghi.
Ma, poi, esiste il problema del futuro.
Questo “problema” ci informa che non è detto, in
nessun modo, che una impresa sana oggi (qualunque sia il concetto di “sano” che
si usa) continui ad esserlo nel futuro. Non vale il ragionamento “Se è sana è perché
è gestita bene. Se sarà sempre gestita bene, affronterà tutte le eventuali
peripezie”. Non funziona perché i contesti di business stanno cambiando ed è
quasi certo che uno stile gestionale che funziona oggi non funzionerà in
futuro.
Ma poi, il problema del futuro tira in ballo un
nuovo “riferimento”: le imprese saranno “sane” nel futuro se rivoluzioneranno
la loro identità strategica. A modo loro e con i tempi loro, ma dovranno
rivoluzionarla inevitabilmente. Le imprese oggi sane che rimarranno uguali a se
stesse (anche quelle che oggi producono rilevante cassa) continueranno ad
essere sane solo per poco.
Allora il focus, sempre più attento, di un
investitore dovrà concentrarsi sul progetto di futuro di una impresa, sul suo
Business Plan. Un investitore dovrà imparare a valutarne la qualità. Per fare
questo, però, gli investitori dovranno acquisire risorse cognitive di cui oggi
non dispongono: le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa.
Ma non basta. Le imprese difficilmente potranno
sviluppare Business Plan alti e forti da sole. Avranno bisogno anche loro di
nuove risorse cognitive. Ma quali? Ovviamente sono le stesse risorse cognitive
che devono utilizzare gli investitori per valutarli.
Il messaggio fondamentale agli investitori è,
allora. il seguente.
Innanzitutto le imprese sane non ci sono: vanno costruite.
Con un linguaggio più tecnico: non ha più senso andare a cercare asset class
promettenti. Le asset class promettenti vanno costruite.
Se questa è la sfida, allora non basta fornire
risorse finanziarie alle imprese: occorre, prima fornire loro conoscenze e
metodologie di strategia d’impresa per definire Business Plan alti e forti. E,
poi, occorre che queste conoscenze vengano anche utilizzate in proprio dagli
investitori.
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