di
Luciano Martinoli
Luigi Einaudi diceva che gli investitori hanno un cuore di coniglio, gambe di lepre e memoria di elefante. La metafora è molto potente per esprimere alcune loro caratteristiche, anche se in modo un po' esagerato. Che c'entrano però conigli ed elefanti con le banche?
Si è appena concluso il 7° forum banca-impresa, magistralmente condotto da Alessandro Plateroti e Moyra Longo del sole24ore, con una abbondanza di validissimi spunti e riflessioni su questo antico (e irresolubile?) tema.
Ritengo che il cuore del problema sia stato toccato da un'affermazione, durante una delle interviste mattutine, del Dott. Nicastro, presidente della nuova Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti :
"Nell'ambito bancario se raccogli risparmio e lo investi in asset management sui mercati mondiali vieni premiato, se invece lo dai alle famiglie e alle imprese italiane vieni penalizzato."
"Nell'ambito bancario se raccogli risparmio e lo investi in asset management sui mercati mondiali vieni premiato, se invece lo dai alle famiglie e alle imprese italiane vieni penalizzato."
Considerazione giustissima che si riferisce, però, ad un comportamento degli investitori abbastanza recente.
Cosa è cambiato rispetto a prima?
Durante il convegno più di uno speaker ha accennato un parallelo tra il mondo delle utilities e il mondo bancario giustificandolo con un accrescersi, in quest'ultimo, delle regolamentazione come avviene nel primo. Lo stesso Nicastro però ha evidenziato la profonda differenza tra una banca e una utility: la banca deve fare "selezione" per l'erogazione della risorsa.
Giustissimo.
Ieri la selezione del credito (il modo con cui le banche lo erogavano) era senz'altro efficace: ha creato sviluppo. La capacità di creare sviluppo è il parametro fondamentale per il "cuor di coniglio" per convincerlo ad investire nel settore. Infatti se le banche, come hanno fatto, creavano sviluppo, soprattutto nelle imprese, queste erano in grado di ripagare il debito contratto e il servizio del debito. Ma non solo: fornendo infatti gli stipendi permettevano anche ai singoli di rispettare i loro impegni finanziari.
Mentre il mondo stava profondamente cambiando, i criteri per "creare sviluppo" dovevano cambiare in accordo. Ma le banche non lo hanno fatto, continuando ad utilizzare gli stessi criteri di prima. Le drammatiche conseguenze di tale inadeguatezza ha generato il mostruoso ammontare di sofferenze. Da qui le "gambe di lepre" nell'allontanarsi dal settore.
Allora un modo per spiegare, e correggere, le penalizzazioni della Borsa nei confronti delle banche è tornare ai fondamentali: come rifondare i criteri di selezione affinchè tornino a generare sviluppo per i propri clienti?
E' una domanda, ritengo, che abbia molto senso ma a guardare al dibattito pubblico e mediatico, focalizzato su sofferenze, riduzione costi, aggregazioni, investimenti IT, ecc., totalmente assente dall'agenda.
Come potranno le banche tornare a generare sviluppo se continuano a fare la stessa selezione che ha generato sofferenze? E come possono questi antichi criteri non continuare a generarne?
Come potranno le banche tornare a generare sviluppo se continuano a fare la stessa selezione che ha generato sofferenze? E come possono questi antichi criteri non continuare a generarne?
Dunque prima si tornerà a parlare, cercare e praticare nuova selezione per creare sviluppo e prima lo si genererà dimostrando che nel III millennio la banca continua ad avere questa importante funzione sociale propulsiva. E tanto prima si inizierà, tanto meglio, considerando la memoria (sugli NPL) degli elefanti.
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