di
Francesco Zanotti
In realtà la soluzione al problema del
lavoro è banale …
Proviamo a chiederci quale è il ruolo dei
lavoratori in una impresa. Beh, la risposta sembra semplice: lavorare, produrre.
Bene se questa è la risposta, allora il
problema non è risolubile: se la nostra economia non cambia radicalmente, per
il prossimo futuro ulteriori garanzie (ma anche quelle attuali) non sono
sostenibili e i posti di lavoro non aumenteranno. Più sinteticamente: se il
lavoratore deve solo lavorare quando non c’è lavoro non ha ruolo.
Per fortuna il ruolo del lavoratore non
può più essere solo quello di produrre.
Deve anche essere (e non per gentile
concessione o per conquista dopo una lotta) quello di progettare sia
l’organizzazione che la strategia.
Discorso imbarazzante e spiazzante, ma
inevitabile. Il lettore mi lasci spiegare.
Ora da cosa è costituita la parte informale?
Sintetizzando all’estremo: dai modi di pensare (dagli schemi mentali) e dai
valori e della emozioni delle persone, dal loro sistema relazionale e dai
valori condivisi dei lavoratori.
Ora questa organizzazione informale non
può essere progettata dal management, non può che essere costruita liberamente
(anche se accade inconsciamente) dalle
persone. Che tipo di efficacia intrinseca e di coerenza può avere con
l’organizzazione formale? Mediamente bassissima. Facciamo un esempio: se le
relazioni tra due persone sono di conflitto, il loro lavorare insieme ne viene
danneggiato e riverbera disfunzioni in tuto il resto del sistema produttivo.
Sono possibili mille altri esempi: se le persone hanno sistemi cognitivi
diversi, se hanno valori diversi etc. fanno una gran fatica a collaborare e
comunicare. Tutti gli strumenti e le metodologie partecipative oggi per la
maggiore (lean production etc.) non intaccano in nessun modo queste aree di
grande inefficienze ed inefficacia:
L’unico modo è quello organizzare un
processo di consapevolizzazione e di auto miglioramento dell’organizzazione
informale (costruire modi di pensare comuni, valori comuni, relazioni ed
emozioni positive).
Ecco il ruolo progettuale, a livello
organizzativo, delle persone.
Poi: ogni impresa deve riprogettare il suo
sistema d’offerta, non solo la sua organizzazione. Chi meglio di chi lavora per
l’impresa può cogliere il tumultuoso cambiamento della società, rivelarlo
all’impresa, aiutare la stessa impresa a immaginare e, poi, comunicare un nuovo
sistema d’offerta e il suo significato sociale?
Solo le persone che lavorano nell’impresa.
Ed ecco il ruolo progettuale delle
persone a livello strategico.
Scoperto il ruolo non solo esecutivo, ma
anche progettuale, sia a livello organizzativo che a livello strategico, delle
persone, il rapporto di lavoro cambia radicalmente.
Non penso certo a riproporre i miti della
cogestione. Non si può cogestire: quando è necessario realizzare un piano
occorre chi dirige e chi esegue.
Ma credo che se le persone devono
progettare il futuro occorre costruire un rapporto di lavoro che tenga conto di
questa realtà.
Alcuni elementi di novità: prima di
enunciare l’esigenza di buttare fuori le persone, le imprese si renderebbero
conto che il buttar fuori persone significa limitare la capacità di progettare
il futuro dell’impresa stessa. Il salario non potrebbe essere più salario, ma
dovrebbe tenere conto del contributo imprenditoriale. La formazione dovrebbe
aiutare le persone a mettere in atto le loro potenzialità progettuali. Il
sindacato e le associazioni imprenditoriali dovrebbero immaginare insieme un
nuovo significato del fare impresa che dovrebbe essere fondato su di una
alleanza progettuale tra imprenditore in senso stretto e le persone che
lavorano con lui e che condividono la responsabilità di progettare il futuro
dell’impresa. E molto altro …
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