Intervista a Eliano Lodesani
di Luciano Martinoli e Francesco Zanotti
Allarghiamo il pubblico degli
interlocutori sul tema della conoscenza, questa volta (le interviste relative
al tema dell’organizzazione sono disponibile sul blog Ettardi) più focalizzato
su quella di strategia d’impresa, al mondo delle banche, uno dei più importanti
stakeholder del sistema industriale. Lo facciamo con un interlocutore importante
sia per la sua posizione nell’azienda, Intesa Sanpaolo, sia per la sua presenza
sul territorio: il Dott. Eliano Lodesani, direttore regionale Veneto, Friuli,
Trentino-Alto Adige.
Martinoli
Dottor Lodesani cosa ne pensa
dell’uso parziale e “sbocconcellato” delle conoscenze di strategia d’impresa,
linguaggio che dovrebbe essere chiave nella relazione banca-impresa, e della
mappa che abbiamo costruito per identificarle e posizionarle tra di loro?
Lodesani
Penso che l’imprenditore a
volte tema la possibilità di esplicitare il suo pensiero in termini strategici.
Proprio recentemente ho avuto l’occasione di incontrare due di loro. Il primo
alla mia domanda di come vedeva la sua azienda da qui a tre anni mi ha risposto
che il suo obiettivo era quello di farla sopravvivere senza di lui. Nessun
accenno alla crescita o ad altri parametri economici. Il secondo mi ha
raccontato l’azienda come “sogno”. Riferimenti alle conseguenze reali di questo
manco a parlarne. Di fronte a questo ritengo che la “dichiarazione strategica”
sia una delle risorse che più manca nel mondo finanziario e industriale.
Zanotti
Vorrei chiarire quello che mi
sembra un equivoco molto diffuso. Si parla di strategia tout court. Ma occorre
essere più precisi. Esiste il “fare strategia” che si concretizza in un
business plan. Ed esiste quel corpo di conoscenze che viene definito “strategia
d’impresa” che costituiscono gli “strumenti” per fare strategia.
Abbiamo condotto una ricerca
sullo stato dell’arte delle conoscenze e delle metodologie di strategia
d’impresa e le abbiamo ordinate in una mappa. Ragionando su questa mappa,
innanzitutto abbiamo verificato che solo una piccola parte di esse viene usata
nella prassi corrente del fare strategia. Non solo dagli imprenditori delle
nostre PMI, ma anche dalle aziende più grandi, come dimostra una nostra ricerca
sui Business Plan delle società del FTESE MIB 40 della Borsa italiana. E poi
abbiamo verificato che le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa
oggi disponibili sono necessarie, ma non sufficienti. Abbiamo allora cercato di
colmare questo gap tra il necessario e il disponibile ed abbiamo sviluppato un
modello ideale di Business Plan ed una metodologia di processo per utilizzarlo.
Lodesani
Quello che mi presentate è
qualcosa di più articolato e con maggiore significato di ciò che comunemente si
intende per “business plan”. Io lo chiamerei “piano strategico”.
Zanotti
Sono d’accordo, anche se ciò
non toglie che questo tipo di strumento sia fondamentale per consentire
all’imprenditore di esprimere la sua volontà strategica che troppo spesso,
proprio per mancanza di linguaggio, non riesce ad esplicitare.
Lodesani
Certamente. Ma, credo, anche
se forse questa mia convinzione le potrà sembrare paradossale, che le banche
siano l’interlocutore meno adatto a recepire la vostra proposta che è un vero e
proprio nuovo sistema di rating. Non perché non sia utile, ma perché la banca
deve essere anche attenta alle indicazioni di Organi di Controllo e Vigilanza
che la portano a ragionare su diversi assi, tra cui il capitale assorbito e di
rischio. Credo che la vostra proposta dovrebbe essere presentata direttamente
alle imprese. Più concretamente a Confindustria. So che sta lavorando ad un
progetto simile di “rating d’impresa” da integrare a quello bancario per
trovare una “mediazione” tra i due.
Martinoli
Non pensa però che il problema
del dialogo con l’impresa sia legato più che a differenza di strumenti, a
differenze nella visione del mondo? A me sembra che, mediamente, le banche
abbiano una visione “classica” del mondo: il mondo esiste e ci si deve
adattare. E l’imprenditore ne abbia, invece, una visione “quantistica”: il
mondo è da costruire?
Lodesani
Sono d’accordo con lei sulla
necessità di “costruire il mondo”: basta parlare di crisi, bisogna iniziare a
costruire un nuovo sviluppo. E per costruire un nuovo sviluppo sono necessari
nuovi paradigmi. Mi permetta di ricordare una mia esperienza passata nella
quale a noi giovani bancari con l’ambizione di diventare banchieri venivano
presentati proprio tutti quei nuovi paradigmi che hanno messo in discussione la
visione classica del mondo. Solo per citarne uno: la teoria dei sistemi
autopoietici di Maturana e Varela.
Martinoli
Un problema di cultura allora.
Lodesani
Penso proprio di sì ed è
proprio questo però che fa la differenza, nelle aziende, tra un bravo manager e
un grande manager. E in questo frangente penso che abbiamo bisogno soprattutto
di questi ultimi.
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