di
Luciano Martinoli
Il 13 ottobre 1972 un aereo che trasportava una squadra di rugby uruguyana, insieme ad amici e parenti, si schiantò sulla cordigliera delle Ande ad oltre 3600 metri di altitudine, su una spianata di neve. I 16 sopravvissuti, terminate le poche scorte alimentari e dopo accese discussioni tra di loro, presero una decisione inevitabile per la loro sopravvivenza: cibarsi dei cadaveri dei loro compagni morti, seppelliti nella neve. Fu una forma di cannibalismo, forzata dagli eventi, che permise loro di sopravvivere fino al Natale di quello stesso anno, data in cui i soccorritori riuscirono a trovarli e salvarli. Per quanto dolorosa fosse la decisione, alternative non ve ne erano: fuori la carcassa della fusoliera, che servì loro da rifugio, non vi era altro che neve e rocce, nulla dunque che potesse sostentarli.
Recentemente le grandi aziende nel settore delle telecomunicazioni (Vodafone-Verizon, Microsoft-Nokia, ecc.), con la nostra Telecomitalia nel ruolo di preda, ritengono di essere nelle stesse condizioni e stanno adottando un comportamento identico. Il cannibalismo industriale ha però due differenze fondamentali rispetto a quello praticato dai superstiti delle Ande, anche se li accomuna la necessità (presunta, nel caso industriale) di sopravvivenza.
Infatti mentre gli sfortunati uruguayani erano costretti dalle necessità, trovandosi in un ambiente ostile con nessuna capacità di offrire loro risorse di sopravvivenza, questa condizione non è vera per le grandi aziende. Esse infatti vivono in un contesto ricco di opportunità, che potrebbero sviluppare consentendo la creazione di nuovi mercati che a loro volta offrirebbero quell’ambiente di nuove risorse per consentire la loro stessa prosperità.
I sopravvissuti delle Ande, inoltre, mangiavano i resti dei loro compagni morti. Le multinazionali mangiano i loro pari vivi (acquisizioni, fusioni) dando vita a soggetti più piccoli, non più grandi, in virtù delle successive attività di ottimizzazione e “digestione” del soggetto acquisito. Tale operazione non solo provvede a ridurre i mercati esistenti e creare un piccolo fattore di ricchezza nel “predatore” a costo di un più grande impoverimento generale, ma ci priva di attori che, nel caso di creazione di nuovi mercati, avrebbero potuto aiutare a svilupparli velocemente e in modo più efficiente a beneficio di tutti.
Le grandi aziende, di tutti i settori, dovrebbero essere hub di sviluppo, apri-pista di nuove strade di progresso per tutti gli attori economici esistenti e creatori di risorse per crearne di nuovi. E invece si dedicano al “cannibalismo” al solo scopo della sopravvivenza, devastando gli ecosistemi economici a loro unico beneficio. Fino a quando rimarranno soli in un contesto come quello andino, dove non ci sarà più nulla, e nessuno, da mangiare.
Non penso sia un perverso disegno delle classi dirigenti, quanto un deficit di conoscenze che li porta ad avere questa come unica strategia possibile non di sviluppo, come vogliono far credere, ma di mera sopravvivenza. Una sorta di primo stadio evolutivo, così come lo vissero i primi gruppi umani che dovettero aspettare molto tempo prima di evolversi da predatori ad allevatori e agricoltori. Un passaggio che fu sicuramente determinato dall’acquisizione di una nuova visione del mondo.
Non c’è lo spazio per aspettare altrettanto tempo nella nostra attuale dimensione economica.
Inoltre le conoscenze per generare nuove visioni del mondo per far sì che le grandi aziende siano creatrici di sviluppo, esistono già. Telecomitalia, così come le altre grandi aziende italiane, invece di rassegnarsi al ruolo di preda nella pratica ormai diffusa del cannibalismo, dovrebbero fare un balzo in avanti nell’evoluzione e farsi promotrici di quello sviluppo tanto richiesto da tutti ma praticato da nessuno.
Purtroppo i piani (carenti), e i dibattiti intorno al futuro di Telecom, così come delle altre grandi aziende italiane, sono di segno opposto: pensano di essere istituzioni in un contesto stabile. Ed è questa la precisa responsabilità delle classi dirigenti, in questo momento del settore delle telecomunicazioni: la loro pervicace ignoranza delle conoscenze per sviluppare tali piani di sviluppo e realizzarli.
Aggiungerei altre due piccole differenze con il caso dei sopravissuti delle Ande (visto che quella storia mi ha appassionato ho letto più volte il libro che descrisse quella vicenda).
RispondiElimina1) La decisione di cibarsi dei cadaveri non fu cmq una scelta facile e fatta solo dopo lunghe discussioni fra favorevoli e contrari. E' stata quindi l'esito di un confronto aperto cercando di capire tutti i punti di vista. (Avviene forse questo nel caso di cannibalismo aziendale?)
2)La decisione di cibarsi di cadaveri era ciaramente una soluzione temporanea e afficancata dalla decisione di tentare di uscire da soli da quella situazione andando a chimare aiuti, pianificando la sclata della montagna da parte di un gruppo scelto di sopravvissuti (C'è la percezione di temporaneità nel caso di cannibalismo aziendale? quali sono le altre strade che si studiano oltre alla mera sopravvivenza temporanea?)
Stefano P.