di
Francesco
Zanotti
f.zanotti@cse-crescendo.com francesco.zanotti@gmail.com
Il sistema delle imprese, nella società
industriale, ha avuto come mission (ovviamente individuabile solo oggi, ex
post, una mission emergente) quella di soddisfare le esigenze “igieniche” (cioè
di sopravvivenza materiale) di grandi masse di popolazione. Impresa compiuta,
almeno nelle società occidentali. Ma l’aver avuto successo sta generando
l’esigenza di qualcosa di nuovo, sia nelle società occidentali e sia nel resto
del mondo.
Come a dire che l’attuale sistema delle
imprese sta esaurendo la sua funzione storica.
L’indicatore fondamentale con cui
misurare l’intensità di questo fenomeno di degenerazione è la noia …
Nelle società occidentali …
La noia, come preconizzava Moravia, è
forse il sentimento più tipico della fase avanzata della società industriale …
Specularmente, la perdita della capacità di suscitare stupore è il problema del
nostro sistema imprenditoriale perché genera la noia dei … clienti ...
Prodotti che interessano sempre meno
Il soddisfacimento delle esigenze di
sopravvivenza ha fatto emergere nelle persone esigenze di autorealizzazione
sempre più sofisticate. Detto diversamente, sta emergendo una nuova
antropologia (il desiderio di una
modalità di vita e di socialità diverse) che
sta generando una deriva di significato e di funzionalità dei beni prodotti
dalla società industriale: da un’intensa esistenzialità ad una poco
interessante funzionalità. Questa deriva di significato e di funzionalità si
porta dietro, ovviamente, una deriva di valore: parallelamente al perdere di
significato e di funzionalità i prodotti perdono di valore.
Provo a descrivere brevemente questa
perdita di significato e funzionalità.
Queste derive di significato e, quindi,
di valore sono in atto da tempo. Esse sono state, fino ad oggi, mascherate
(sempre più intensamente negli anni scorsi, fino al raggiungimento del loro
culmine negli anni ’80) dal continuo arricchimento dei prodotti della società
industriale, soprattutto di consumo, attraverso l’innovazione tecnologica,
stilistica, comunicazionale e prestazionale. Questo arricchimento è riuscito a
fare diventare molti di questi prodotti simboli di stili di vita desiderabili,
tanto che acquisirli ed esibirli è diventato strumento di posizionamento e
riscatto sociale. Il mascheramento ha funzionato così bene da creare una bolla artificiale di consumi.
Lo scoppio della bolla finanziaria ha
generato, quasi per risonanza, anche lo scoppio di questa bolla di consumi
della cui esistenza vi erano solo vaghe (e troppo ideologiche per essere
diffusamente condivise) percezioni. Ed è stato uno scoppio “completo e
irreversibile”. Le persone hanno iniziato seriamente a demitizzare i prodotti
fino a farli tornare al loro significato funzionale. Ma non si sono fermate a
questo: ne hanno ridimensionato anche la funzione perché molte prestazioni che
sembravano indispensabili si sono rivelate esserlo sempre meno.
E’ apparsa di questi prodotti tutta
l’artificialità.
Insomma, lo scoppio della bolla
finanziaria ha fatto scoppiare anche la bolla di senso della società
industriale.
Mille fenomeni stanno a testimoniare
della progressiva perdita di significato e di valore del “sistema di prodotti”
della società industriale.
Il primo di questi fenomeni è il
crescente ruolo e successo dei saldi.
Esso sta chiaramente ad indicare che sempre più persone pensano che molti
prodotti, soprattutto di vestiario, siano sopravvalutati. E li comprano solo,
quando, attraverso i saldi, ridimensionano il loro prezzo.
Altro fenomeno rivelatore è
l’esplosione degli outlet che stanno isolando l’acquisto in
luoghi artificiali, completamente sganciati dalla socialità comunitaria che
caratterizzava i negozi di prossimità. Quasi ad indicare che l’acquisto sta
diventando quasi un mestiere, inevitabile, ma non così carico di significati
relazionali.
Ma il fenomeno più rivelatore colpisce
quello che forse è il settore trainante di tutto l’attuale sistema industriale:
il settore dell’auto.
Innanzitutto l’automobile sta perdendo sempre di più il suo valore
esistenziale: la vecchia 500 era il simbolo complessivo di una nuova società.
L’acquistarla significava cominciare a vivere in questa nuova società.
Acquistando la nuova 500 non si entra in nessuna nuova società. Solo si
condivide il mondo fatuo, dal sapore decadente, anche se delizioso, di coloro
che l’hanno progettata.
Poi sta perdendo anche il suo
potenziale auto realizzativo. In un passato anche recente arrivare a 18 anni
significava poter avere la patente.
Nell'immaginario, soprattutto delle
nuove generazioni, non è certo lo strumento di autorealizzazione (significato
esistenziale) che aveva la 500 per la mia generazione.
Più in generale: il tipo di auto che si
produce ha ancora struttura e prestazioni (significato funzionale) che non sono
adatte alle densità attuale di veicoli, alla struttura delle città, alle
condizioni complessive del traffico. L’auto rimane mito, forse, nelle
generazioni adulte, ma questo non basta a frenare la perdita complessiva di
significato e funzionalità dell’auto, in generale, e del tipo di auto che si
produce oggi, in particolare. Anche,
ma forse qui mi illudo, lo sgommare con un’auto potente diventa sempre meno
desiderato e sopportato. I 18 anni non sono più soprattutto l’anno della
patente.
Da ultimo, sta diventando sempre più
evidente che il settore auto (per ora solo in Europa, ma io credo prossimamente
in sempre più paesi) riesce a sopravvivere solo se si nutre di incentivi
statali: il fare auto, questo tipo di auto, prodotte in questo modo, è oramai
strutturalmente non più economico. Questa evidenza viene “oscurata”, in qualche
modo nascosta, pigiando sull'efficienza e l’innovazione tecnologica. Ma questo
pigiare è sempre più difficile e costoso. Sia per la collettività (lo Stato)
che deve colmare il gap tra i costi necessari a produrre auto sempre migliori e
i prezzi che le persone sono disposte a pagare per comprarle. Sia per chi
lavora in questo settore perché le Case Automobilistiche, loro malgrado, sono
costrette a chiedere sempre più impegno senza essere in grado di compensare
adeguatamente questa escalation di impegno.
E’ anche in qualche modo perverso
perché servirà solo a far crescere il costo sociale e personale del fare auto
fino ad un punto di rottura prossimo futuro inevitabile del quale si
intravedono già i segnali.
La perdita di significato esistenziale
e funzionale dell’auto si riproduce nella stessa perdita di significato di
molti altri oggetti costruiti dalle attuali imprese manifatturiere.
Ad ulteriore, e per questo scritto
conclusiva, dimostrazione che i tipi di prodotti che l’attuale sistema
produttivo rende disponibili stanno perdendo di valore è che, per alcuni,
diventa importante non quello che si compra, ma il come lo si compra.
Intendo dire che i saldi funzionano
anche perché stanno diventando momento di gioco e, quindi, di
autorealizzazione. Stanno emergendo i professionisti
dei saldi che pianificano
attentamente la corsa ai saldi usando tecnologie e strategie. Ad esempio:
diversi partner di un gruppo partecipano a diverse code, stanno in contatto via
cellulare, così da poter cogliere lo spettro più ampio di opportunità.
Un calo strutturale, continuo e non
congiunturale della domanda
La continua perdita di significato e,
quindi, di valore, dei beni prodotti dal sistema industriale attuale ha una
conseguenza via sempre più evidente e più drammatica: il calo della domanda, che si sta
manifestando sempre più evidente nei mercati occidentali, è strutturale e non contingente.
Io credo che questo processo non sia ancora stato pienamente riconosciuto.
Anzi, si ragiona al contrario: si pensa che sia stata una contingenza esterna
(la crisi finanziaria) e non una autonoma perdita di senso, che ha spento la
voglia di acquisto.
Dobbiamo, il più in fretta possibile,
riconoscere che il calo di interesse per i prodotti tipici della società
industriale era già in atto prima della crisi finanziaria. Essa ha certamente
accelerato questo processo, ma l’uscita dalla crisi non significherà, in nessun
modo, una ripresa generalizzata degli acquisti.
La conseguenza inevitabile: una
capacità produttiva sovrabbondante
Se cala in modo strutturale e continuo
la domanda, allora diminuisce il fabbisogno di capacità produttiva. Questo
significa che l’attuale capacità produttiva tenderà ad essere sempre più
sovrabbondante.
La conseguenza della conseguenza: la
ipercompetizione
Se gli spazi di mercato si vanno
fatalmente riducendo mentre la capacità produttiva se non aumenta, certo non
diminuisce, allora non può che scatenarsi una competizione sempre più dura,
definita “ipercompetizione”, che finisce con l’essere, sempre di più, una
devastante competizione di prezzo.
L’acquisto: da momento di auto
realizzazione e momento di stress
A causa di questo perdere di valore dei
prodotti, l’atto stesso, il momento
stesso dell’acquisto sta addirittura diventando momento di stress, di fatica
perché la perdita di valore dei prodotti ha un effetto drammatico sui conti
economici delle imprese che sono sempre meno in grado di pagare stipendi che
permettano di tornare ad un livello interessante di acquisto.
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