di
Francesco Zanotti
Avere ragione quando si predicono evenienze negative non
è divertente. Ma serve a ricordare che le soluzioni erano e sono a portata di
mano. Basta non voler conservare … significa conservare.
Esattamente 7 anni fa (il 2 dicembre 2008) scrivevo su Balbettanti Poietici il seguente post che ripropongo ora qui. I commenti non servono …
Leggo sul Sole 24 Ore di oggi (2 dicembre 2008), a firma
Carlo Bastasin, un pregevole articolo dal titolo “La fiducia e il costo delle
riforme”.
Mi ha colpito molto una affermazione, quasi un certezza,
che a me sembra proprio sbagliata. E se è sbagliata rende problematiche tutte
le osservazioni (non mi sembra vi siano proposte) e le esortazioni al Governo
presenti nell’articolo. Come quando togliete una pietra angolare …
L’affermazione è
“Anche gli scenari peggiori contano in una ripresa globale nell’arco di
6-16 mesi.”. (Nota: ricordo che si tratta di una previsione fatta nel 2008).
Beh una prima cosa da dire è che previsioni di questo
tipo lasciano perplessi. Hanno una variabilità così rilevante (16 mesi sono
quasi tre volte 6 mesi) che è come se,
quando andate a comprare le scarpe, dite al commesso che avete un numero tra il
32 e circa il 90. Francamente: di una previsione di questo tipo non ce ne
facciamo quasi nulla.
Ma la domanda più importante è un’altra.
Si prevede, sia pure con una incertezza quasi esiziale,
la ripresa dell’economia, ma: di quale economia?
Se la risposta è: di questa economia, allora è una
risposta completamente errata.
La ripresa di questa economia non vi sarà. Le ragioni
sono sostanzialmente due … Più tante altre …
La seconda delle due è che, anche se tutto il mondo
volesse alla follia i prodotti generati dall’attuale sistema produttivo, non vi
sarebbero le risorse (materie prime, energia etc.) per farli. E non vi
sarebbero le risorse e l’energia per costruire il sistema di infrastrutture
necessario a far viaggiare materie prime e prodotti.
E poi vi sono le altre ragioni. Citando in ordine sparso
…
Le strategie di sviluppo sono sostanzialmente
competitività e produttività. Ma esse portano a ridurre gli occupati nelle
imprese. Si immagina, forse, che essi saranno assorbiti da altre imprese che,
poi, dovranno espellerli per essere più produttive e più competitive? E se si
riducono gli occupati, questi licenziati, quando diventano consumatori, dove
prendono i soldi per consumare?
Forse si gioca sulla innovazione tecnologica? Ma abbiamo
valutato quanta occupazione potranno generare tutte le start-up su nano e
biotecnologie possiamo immaginare? E che tipo di occupazione? O pensiamo che le
innovazioni tecnologiche sapranno rilanciare l’interesse per i prodotti
attuali, aumentandone il contenuto tecnologico?
Allora che fare se questa economia non può riprendere?
Banale: progettarne un’altra all’interno di una nuova società.
Più precisamente … Non dobbiamo cercare di fare
funzionare meglio le imprese esistenti. Dobbiamo progettare un nuovo sistema di
imprese che costruisca un nuovo sistema di consumi. Dobbiamo progettare un
nuovo sistema di servizi e di infrastrutture. Nuove istituzioni ed un nuovo
modo di fare politica.
Per riuscirci? Certo non riesco a costruire una proposta
complessiva, ma alcuni semplici balbettii, sì! Sarà poi la riflessione comune
che trasformerà i balbettii in proposta.
Primo balbettio: dobbiamo abbandonare le parole mito. La
prima è: competitività. Essa ha oramai perso il suo significato originario di
“produrre maggior qualità a prezzo più basso dei concorrenti”. E’ diventata una
parola-valigia che oramai sta ad indicare tutto il buono ed il bello. Tutti
sono d’accordo che la competitività è un valore, ma è un valore così generico
che ognuno poi propone di raggiungerla in modo diverso. Soprattutto tutti sono
d’accordo sul fatto che non va bene il modo proposto dall’avversario politico o
aziendale che sia.
Secondo balbettio: dobbiamo aumentare la capacità di
consapevolezza e progettualità di imprese e banche.
Intendo dire che le imprese e le banche devono sapere
quando i prodotti di una impresa hanno perso di senso, cosicché la
competitività è strutturalmente impossibile. Ed è necessario riprogettare
l’impresa, ma con una sapienza progettuale molto più intensa dell’attuale,
mortificata dai confini angusti della competitività.
Terzo balbettio: dobbiamo superare le tentazione di
semplificare il politico ed il sociale. Ma imparare a considerare un valore e a
gestire il continuo loro (del politico e del sociale) aumento di complessità,
cioè di ricchezza della società.
Quarto balbettio: ripensiamo alle previsioni. La prima
cosa che dobbiamo è smetterla di prevedere. Il futuro non è costruito da
qualche dio minore o maggiore. E’ frutto dei nostri comportamenti. Se viviamo
una crisi che diventa sempre più grave è perché ce la siamo costruita noi e ci
crogioliamo dentro. Se continuiamo ad aspettare che la crisi passi e
continuiamo nei comportamenti precedenti, allora la crisi peggiorerà. Come
quando ci si tira la zappa sui piedi. Per non sentire male si può solo smettere
di zappettare i piedi. Se si continua, magari proponendosi di farlo
competitivamente, non si può attendere che in tutti i prossimi sedici mesi ci
si farà sempre male.
Balbettio finale: ma come fare a balbettare in questo
modo?
Mollando la zappa. Se si tiene in mano la zappa si menano
colpi … Voglio dire che oggi stiamo usando per guardare il mondo e viverci la
cultura che ha fondato la società industriale: il pensiero vetero-scientifico
di Galileo. Vogliamo costruire una nuova economia ed una nuova società?
Dobbiamo cambiare la nostra visione del mondo di riferimento. Dobbiamo mollare
la zappa.
E cosa prendiamo? Esiste una interamente nuova cassetta
di strumenti (cultura, linguaggi) che viene etichettata come “complessità”. Vi
sono strumenti per aumentare la consapevolezza e la progettualità di banche ed
imprese. Vi sono strumenti per gestire la complessità politico sociale. Si
tratta di una nuova cultura che ci spinge non a prevedere e a costruire.
Citando Antonio Calabrò sulla competitizione, forse si dovrebbe abbandonare il significato anglosassone e tornare alla parola latina: cum petere... andare insieme.
RispondiEliminaMa dove andare insieme? quale deve essere la meta? o forse è il cammino verso la meta che ha importanza.
La sfida deve proprio essere quella: creare un nuova società ed un nuovo sistema economico usando una nuova cassetta degli attrezzi. Il cammino deve essere questo.
Francesco i tuoi balbettii anche oggi sono particolarmente illuminanti.