di
Luciano Martinoli
Si torna a parlare di “helicopter money”, o “helicopter drop”, la metafora di stimolare l’economia reale lanciando dall'alto soldi sulla gente . La stampa ne aveva già parlato in passato (si veda il mio post di quasi 3 anni fa). Qualche giorno fa il tema è stato riproposto quasi contemporaneamente da Isabella Bufacchi, dalle pagine del sole24ore, e Martin Sandbu dal suo FT Free Lunch, il quotidiano magazine elettronico del Financial Times.
Entrambi riprendono il tema partendo dalle evidenti incapacità delle iniziative di politica monetaria di raggiungere il loro obiettivo di stimolo all’economia. “La liquidità è abbondante” ricorda la Bufacchi “ma non ne arriva a sufficienza alle famiglie e alle imprese, dunque all’economia reale”.
Problema certamente vero e allora le due analisi si concentrano su come le banche centrali si potrebbero dotare di un “elicottero”, e sulle sue caratteristiche tecniche, come ultima spiaggia per risolvere il problema.
Problema certamente vero e allora le due analisi si concentrano su come le banche centrali si potrebbero dotare di un “elicottero”, e sulle sue caratteristiche tecniche, come ultima spiaggia per risolvere il problema.
In questa, come in analoghe disquisizioni su questo tema degli stimoli all’economia, ci si dimentica sempre ciò che invece ci ricorda lo storico Alessandro Giraudo nel suo saggio Quand le fer coûtait plus cher que l’or: “l’helicopter money può funzionare solo se il mercato sottostante sul quale viene gettato denaro è in grado di generare crescita perché è un ambiente sano e florido. Se la pioggia di monete cade sul deserto o nel vuoto, inutile farlo.”
Come dargli torto?
Allora, come ripetiamo da tempo su queste pagine, l’unico modo di realizzare questa modalità, senza necessariamente avere l’elicottero (lo potrebbero fare le banche e il mercato dei capitali da subito), sarebbe quello di capovolgere la prospettiva riconoscendo che sono le aziende che “generano crescita” e dunque “un ambiente sano e florido”, non il contrario. Di conseguenza il denaro andrebbe “gettato” solo a quelle capaci di produrre Business Plan in grado di generare crescita, e le altre stimolarle a fare tali Business Plan.
Purtroppo oggi in questo dibattito l’azienda non è mai presente, se non sullo sfondo, perché non si sa cosa essa sia e si banalizza il suo funzionamento (che è la causa dei 350 miliardi di euro circa di sofferenze delle banche italiane, attribuiti genericamente, e con miopia, alla “congiuntura sfavorevole”).
Guardare l'economia dal basso delle aziende, e non dall'alto delle banche centrali, conoscere lo stato dell'arte mondiale della disciplina che si occupa di questo livello (la Corporate Strategy), e non la politica monetaria (che si sta dimostrando un'arma spuntata), dotarsi dei migliori strumenti di valutazione e di stimolo degli intenti aziendali, i modelli avanzati di Business Plan non le analisi di bilancio, sarebbero utili modi per distinguere i “terreni fertili” dal “deserto”.
Guardare l'economia dal basso delle aziende, e non dall'alto delle banche centrali, conoscere lo stato dell'arte mondiale della disciplina che si occupa di questo livello (la Corporate Strategy), e non la politica monetaria (che si sta dimostrando un'arma spuntata), dotarsi dei migliori strumenti di valutazione e di stimolo degli intenti aziendali, i modelli avanzati di Business Plan non le analisi di bilancio, sarebbero utili modi per distinguere i “terreni fertili” dal “deserto”.
Solo dopo avrà senso costruire elicotteri.
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