di
Luciano Martinoli
Si moltiplicano sulla stampa, e non da oggi, le speculazioni e gli auspici che un politico, stavolta è il turno del neo presidente USA Trump, possa con nuove norme indirizzare il corso dell'economia. Ma è una pia illusione, sia dal punto di vista teorico che dalle passate evidenze storiche. Purtroppo lo ignorano in molti, primi fra tutti la finanzia e i media.
Oggi sul sole24ore un'analisi di Walter Riolfi, dal titolo auto-esplicativo "Il mercato guarda a Trump", afferma che i mercati, accecati in questa fase dalle suggestioni offerte dalla presunta rivoluzione economica promessa da Donald Trump, guardano molto più alla politica economica che a quella monetaria.
Ieri Morya Longo, dallo stesso giornale registrava che i tanti investitori che stanno spostando i capitali dall’esausta Europa all’altra sponda dell’Atlantico,... sembrano infatti crederci davvero: gli Stati Uniti, grazie alla turbopolitica fiscale di Donald Trump, possono tornare a trainare la crescita economica globale.
Potrei andare avanti con altre citazioni giornalistiche, e non, dallo stesso tono. Purtroppo si tratta di un abbaglio che continuano a prendere sia i mercati che i media, che si autoalimentano a vicenda in questo malinteso, che è sconfessato teoricamente e dalla storia.
Vediamo perchè.
Se la teoria non bastasse, vengono in soccorso al sostegno della nostra tesi le cronache; in particolare proprio quelle americane.
Michael Hasenstab, dalle pagine del New York Times, invita a ricordare ciò che è accaduto in Argentina in virtù di un interventismo eccessivo da parte dell'amministrazione Kirchner. Protezionismo commerciale, politica della banca centrale allentata, legislazione oppressiva del governo e una allegra spesa pubblica, esattamente ciò che vuole fare Trump, hanno portato alla distruzione dell'agricoltura e dell'industria, che si voleva aiutare, a guerre commerciali con 40 paesi, e conseguente penuria di beni da loro importati, e perdita di investimenti, prima, e produzione, poi.
Si dirà: "ma l'Argentina non sono gli USA".
Allora leggiamo Greg Ip che dal Wall Street Journal ci ricorda i tentativi del presidente Johnson che per fermare l'aumento dell'inflazione nella metà degli anni '60 intervenne su tutto: dal prezzo delle scarpe a quello dei televisori arrivando a fare campagne pubblicitarie contro il colesterolo quando pure le uova aumentarono di prezzo. Purtroppo per lui l'inflazione continuò a crescere.
Trump, nei suoi tentativi di proteggere la manifattura, vuole agire in modo analogo ma, come ricorda l'autore dell'articolo, se la "forza di gravità" dell'economia spinge in una certa direzione, nemmeno un presidente può fermarla.
Non è questo il luogo per un dibattito approfondito su cosa allora fare, che di sicuro dovrà essere più sofisticato di ciò che i politici vogliono fare. Certamente, però, si può lanciare un appello su cosa NON fare. La politica ha tutto l'interesse a far ancora credere che spingendo un bottone, o più bottoni secondo una speciale combinazione che solo lei ha trovato, accada esattamente ciò che si vuole. Ma perchè devono continuare a crederci i giornalisti, invece di sfidare i politici a dare spiegazioni che non sapranno dare, e i mercati, invece di occuparsi dei fondamentali dell'economia che sono rappresentati dalle prestazioni delle singole aziende?
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